La sanità cura l’economia, è questa la vera lezione del Covid
Come è ormai palese, la situazione Covid-19 è tutt’altro che stabilizzata. Lo dimostrano alcuni focolai, a partire dalla Cina, e dalla crescente curva dei contagi in America. La verità è che stiamo riscuotendo il bonus del lockdown, ma questo non basta a saldare il debito futuro e a placare il rischio attuale. L’economia, che più di tutte misura le aspettative e la fiducia, è il vero termometro. I suoi indici ballano in negativo e le borse, per dire, ondeggiano paurosamente.
Per ricostruire un clima positivo non bastano le esortazioni, il volontarismo, l’impazienza del mondo delle imprese, l’invito a riaprire e ripartire. Affinché la domanda cresca e ripartano i meccanismi economici elementari, in special modo in alcuni settori, serve di più, ossia l’idea fattiva che il virus è davvero sotto controllo grazie al distanziamento, meglio con la terapia giusta oppure il vaccino. Sino ad allora si continuerà a ballare.
La sanità insomma viene prima dell’economia – la sicurezza sociale deve anticipare il meccanismi di produzione e di scambio – la fiducia fa crescere la domanda. Anzi: la ripartenza dell’economia senza la sicurezza sociale, rischia di peggiorare quest’ultima, perché potrebbe riaprire il giro vorticoso dei contagi. Certo, se si è giovani potrebbe non essere un problema ammalarsi (ma se ci si ammala in tanti la sanità pubblica crolla), ma se non si è più giovani il rischio si moltiplica. Lo sappiamo.
Questo non vuol dire che si debba concepire un lockdown eterno, o almeno sino al vaccino. Ma nemmeno si può pensare che possa essere l’economia a sconfiggere la malattia, e che la “ripartenza” sia il vero vaccino: non è così. Non facciamo finta di non saperlo. Chiusi in casa abbiamo salvato moltissime vite umane, di padri, di nonni, di malati, di persone fragili. È una vittoria, questa, non una sconfitta come molti vorrebbero farci credere, opponendo al lockdown i dati della crisi economica e la necessità di riprendere subito i soliti stili di vita.
La riapertura deve essere saggia, cauta, prudente. L’impazienza contenuta. Va bene quindi riprendere la vita normale, ma sapendo che di normale c’è ancora ben poco. Solo se queste nuove abitudini di distanziamento riescono a dare buoni frutti, stabilizzando i dati senza produrre nuovi focolai, solo se la sanità pubblica funziona, solo se la terapia è efficace, allora potrebbe davvero risalire la fiducia, così che in molti torneranno al cinema, al teatro, dal parrucchiere, in vacanza, a fare shopping. Se no, no. C’è poco da fare. Non dimentichiamolo e non facciamo come se niente fosse.