LA RESA DI AZOVSTAL

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo:  Mirko Mussetti
Fonte: Limes

LA RESA DI AZOVSTAL 

Il portavoce del ministero della Difesa della Federazione Russa Igor’ Konašenkov ha annunciato che 959 soldati ucraini asserragliati nell’acciaieria Azovstal di Mariupol’ si sono arresi. Tra di essi 80 feriti, 51 dei quali trasportati all’ospedale di Novoazovs’k nell’autoproclamata Repubblica popolare di Donec’k (Rpd).
Gli ufficiali più alti in grado restano asserragliati nel sotterraneo dell’impianto. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov è stato chiaro: «Possono uscire dai cunicoli solo se depongono le armi». I prigionieri di guerra vengono trasferiti in centri di detenzione.

Perché conta: In un conflitto moderno, anche le parole sono armi. L’Ucraina parla di “evacuazione” dei difensori e il suo presidente Volodymyr Zelens’kyj (Zelensky) sottolinea che «abbiamo bisogno di eroi vivi; continuiamo a lavorare per riportarli a casa». La Russia parla di “resa incondizionata” e il suo rappresentante permanente alle Nazioni Unite Dmitry Polyanskiy ironizza sull’incapacità anglosassone di descrivere la situazione reale, ridicolizzando il New York Times che riporta la “fine della missione di combattimento” a Mariupol’. I due approcci verbali svelano le contrapposte intenzioni di Kiev e Mosca: gli ucraini appaiono favorevoli a uno scambio di prigionieri per riportare in patria i loro campioni, massimo esempio di resistenza all’invasore; i russi sembrano propensi a declinare lo scambio, preferendo l’uso strumentale a fini propagandistici interni della cattura dei “neonazisti” di Mariupol.

Secondo il leader della Rpd Denis Pušilin, «se depongono le armi, il loro destino deve essere deciso dal tribunale. Se si tratta di un criminale nazista, allora da una corte marziale». Un lungo processo a favore di telecamere con innumerevoli prove documentali e testimonianze dirette – vere o fittizie – infangherebbe all’estero l’aura di eroismo attorno al Reggimento Azov, mentre convincerebbe la popolazione russa della giustezza morale dell’invasione. Il presidente della Commissione per gli affari internazionali della Duma Leonid Slutsky ha addirittura chiesto un’eccezione alla moratoria sulla pena di morte, affinché le «bestie naziste» possano essere giustiziate se ritenute colpevoli di crimini di guerra.
Nelle intenzioni del Cremlino, una riedizione del processo di Norimberga sarebbe al contempo un modo per esporre i “trofei di guerra” di Putin, fiaccare il morale dei gruppi banderisti ucraini e mostrare indulgenza verso i militari regolari di Kiev non affiliati a fazioni ultranazionaliste. Secondo il leader della Cecenia Ramzan Kadyrov, i cui kadyrovtsy sono stati ampiamente impiegati nella battaglia urbana di Mariupol’, «i militari possono essere scambiati, ma quei banderisti assolutamente no».
A Mosca sono perfettamente consci che è solo questione di tempo prima di riuscire a mettere le mani anche sui comandanti nemici più radicali – come il famigerato Denys Prokopenko “Rédis” (Ravanello) – e con ogni probabilità su combattenti/istruttori occidentali al loro seguito. In ottica ucraina, la resa di quasi mille soldati semplici ha come scopo primario il razionamento dei pochi viveri per una più prolungata resistenza degli alti ufficiali asserragliati, il vero trofeo per Putin.

Sul piano più propriamente militare, la caduta definitiva di Mariupol’ permetterebbe alle Forze armate di Mosca di concentrarsi con maggiore incisività sulla battaglia campale per il Donbas, dove l’avanzata procede a rilento, liberando i due battaglioni tattici ancora impegnati nella messa in sicurezza della città e nella formazione di un perimetro attorno Azovstal. Con la liquidazione dell’ultima ridotta simbolica di Kiev nella città portuale sul Mar d’Azov, Mosca potrà procedere nella “russificazione” dei territori occupati.

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