La rabbia e l’umiltà. Provenzano dixit

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 7 maggio 2018

Ho letto Provenzano, ieri su Repubblica. Per carità, la sua lettera al Direttore è piena di considerazioni corrette e ottimi auspici. Resto basito sui tempi: possibile che prima di questo risultato elettorale nel PD tutto apparisse invece rose e fiori? Strano, perché poche righe dopo lo stesso Provenzano sostiene che “la disfatta riguarda tutti i protagonisti della sinistra nella Seconda Repubblica”. Che vuol dire? Che, alla fin fine, è colpa come al solito di Bersani e D’Alema? Oppure, all’inverso, che è colpa di tutti e di nessuno? Ma se il disastro è ventennale, perché denunciarlo con questa durezza solo oggi? E non dopo il 40% alle Europee, per fare un esempio paradossale. Un disastro globale di questa portata, così acutamente additato oggi, dovrebbe essere chiaro sempre, anche dopo elezioni vinte grazie agli 80 euro. Oppure anche Provenzano quella volta esultò? Questa è secondo me la contraddizione di fondo in cui cadono tutti i critici ‘interni’ al PD: colgono appieno il disastro ingenerato dal quinquennio renziano ma, per trarsene fuori almeno in parte, prolungano l’analisi al dopoguerra, all’unità d’Italia, al pleistocene magari, e buttano nel calderone tutto e tutti, senza salvare alcunché, anche a costo di evocare l’anno zero e il classico deserto da traversare senza nemmeno una borraccia come genere di conforto.

La dico così: non amo chi ha fatto parte di una spedizione e poi, dinanzi al fallimento, anche per salvare la propria posizione, generalizza evocando la notte in cui tutte le vacche sono nere. Queste generalizzazioni ventennali servono solo a non scalfire nemmeno un po’ le colpe specifiche o più recenti, e forse solo a salvare la propria posizione di salvatore ultimo venuto: quella di chi c’era (e magari dormiva), e oggi innalza il vessillo del rinnovamento totale, mettendo la croce su tutti gli altri e tutto il resto. Provenzano definisce una grande novità quella di scorgere nella relazione di Martina accenni di autocritica (!), nonché la presenza della parola ‘errore’ (!!), termine espunto da anni dal vocabolario del PD. Ecco, sarebbe stato bello che il grande accusatore, vice direttore dello Svimez e dirigente del PD esso stesso, avesse detto a un certo punto: anche io ho sbagliato a fare questo o quello, e le mie responsabilità sono queste o quelle. Gettare la croce su tutti gli altri, e salvare se stesso non è mai il modo migliore per ricominciare. Sarebbe anche il modo più corretto per mettere in pratica il motto ‘essere umili tra gli umili’, che lo stesso Provenzano cita in chiusura, evocando il furore e la rabbia che circolano quotidianamente.

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