La proposta di Letta e la risposta “a pera” di Draghi

per mafalda conti
Autore originale del testo: Giovanni La Torre
Fonte: i gessetti di Sylos
La proposta di Letta e la risposta “a pera” di Draghi
Il segretario del Pd Enrico Letta ha proposto di costituire un fondo per dare una dote di 10 mila euro ai giovani quando arrivano ai 18 anni, da utilizzare per la “formazione, l’impegno in attività economiche, la possibilità di andare a vivere per conto proprio”. Detto fondo dovrebbe essere finanziato con un aumento dell’imposta di successione per la parte di eredità superiore ai 5 milioni di euro. Prima di commentare la proposta di Letta e la risposta di Draghi, diamo qualche dato.
In Italia, dopo il regalo di Berlusconi ai super ricchi, l’imposta di successione rende al fisco in totale ogni anno miseri 800 milioni, mentre in Gran Bretagna rende 6 mld, in Germania 7 mld e in Francia 14 mld. L’aliquota per lo scaglione di eredità indicato da Letta è in Italia del 4%, mentre in GB già dopo le 325 mila sterline è del 40%, in Germania oltre la soglia dei 600 mila euro va dal 15% al 30% a seconda del grado di parentela degli eredi con il de cuius, in Francia oltre gli 1,8 milioni va dal 45% al 60% sempre a seconda del grado di parentela. In generale è accertato che le aliquote italiane dell’imposta di successione sono tra le più basse al mondo. La proposta di Letta è quella di portare l’aliquota per lo scaglione superiore ai 5 milioni di eredità al 20% … tutto qui!
A questa proposta Draghi ha risposto negativamente precisando che questo “non è il momento di prendere i soldi ai cittadini ma di darli”. Dicevamo che questa di Draghi è una classica risposta “a pera” per il semplice motivo che l’intento di Letta è proprio quello di “dare”. In particolare di dare ai giovani per evitare che se ne vadano all’estero. L’idea è anche coerente con l’esigenza di rilancio dell’attuale (fiacca) situazione economica, perché ci sarebbe un passaggio di risorse a favore di coloro che quella somma la destinerebbero a un incremento di domanda e tolta a coloro che la destinerebbero a un mero aumento del risparmio, che è la cosa di cui proprio non si sente il bisogno, visto che da più di trent’anni si registra un “eccesso” di risparmio, che detto eccesso è all’origine della crisi del 2007 e della claudicante ripresa degli anni successivi, e che è la caratteristica dell’attuale congiuntura in tempo di Covid.
La predetta risposta è l’ennesima dimostrazione che coloro che definiscono Draghi un “keynesiano” non sanno di che parlano. Draghi ha semplicemente a cuore la salvaguardia dei ricchi come Berlusconi e un qualsiasi neo liberista di destra. A questo proposito è il caso di osservare, en passant, che anche un liberista come Luigi Einaudi era favorevole a una forte tassazione delle successioni in quanto l’eredità alterava il suo ideale dei “pari punti di partenza” a favore dei figli dei ricchi.
C’è un altro aspetto che val la pena di segnalare nella risposta di Draghi. Normalmente un capo del governo non boccia in maniera così netta e pubblicamente una proposta che viene da un partito della coalizione che lo regge, oltre tutto nella fattispecie si tratta del partito che lo sostiene con più convinzione. E’ stato solo maldestro? O ha voluto dare un messaggio di rassicurazione ai suoi reali danti causa?
Sempre in materia tributaria è da segnalare la lettera aperta (v. Corsera del 19 maggio) che Romano Prodi e Vincenzo Visco hanno indirizzato al Presidente del Consiglio per condividere e sostenere in sede di G20 la proposta di Biden di una tassazione del 21% dei profitti che le multinazionali guadagnano in tutto il mondo, ma che poi non pagano le tasse da nessuna parte perché scelgono la sede nei paradisi fiscali. La ripartizione dell’imposta tra i diversi paesi avverrebbe sulla base di trattati internazionali, e presumibilmente in rapporto al fatturato. A questa idea Draghi non ha dato finora alcun riscontro. E l’Italia oggi ha la presidenza del G20.
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