di Alfredo Morganti – 4 gennaio 2017
Diciamolo. ‘Repubblica’ è in piena trance da firme elettorali. Non si spiega altrimenti l’attenzione maniacale rivolta al tema della raccolta delle firme stesse sotto le liste radicali. E al sottotema: cosa fa il PD per aiutare la Bonino? E finanche al sotto-sottotema: ce la faranno i nostri eroi a formare una coalizione o finirà tutto a scatafascio? A questo siamo ridotti: a temi formali e a questioni marginali che assurgono a rilevanza politica assoluta. Ben più del lavoro precario o di quello che non c’è, ben più della scuola pubblica ridotta a un cencio, ben più della democrazia minacciata da facinorosi o da sfacciati leaderismi. La politica raccontata dai giornali è solo lo chassis di quella vera, dei problemi che essa dovrebbe affrontare e delle prospettive che dovrebbe indicare. D’altra parte, gran parte della immagine che ne hanno i cittadini deriva dall’immagine che ne offrono i giornali (e la TV e i social, certo). Tutto è ridotto a propagandistici retroscena dettati direttamente ai comunicatori (vil razza dannata), alle confabulazioni di corridoio, alla telefonate di questo o quello, a battute, a ripicche personali, a psicologia d’accatto, a una folta fauna di dirigenti politici o peones che si muovono alla ricerca di un posto al sole, con temi marginali che assurgono all’onore della cronaca quasi casualmente o senza una ragione fondata.
Meno male che non tutto è così, meno male che sotto l’epidermide informativa ci sono carne, sangue, nervi che continuano a scattare e richiedono l’attenzione di tutti. E meno male che c’è a sinistra un tentativo unitario vero, che non è sostenuto sole da élite politiche, ma da persone e da figure sociali che chiedono una rappresentanza che non c’è. Una comunità in nuce, non un guazzabuglio. Un futuro partito (speriamo) e non un amalgama mal riuscito. Un tentativo in assoluta controtendenza entro un panorama politico sfarinato, a destra come a sinistra, frammentato, formicolante, come tanti coriandoli che fanno festa sinché sfioccano in aria (propaganda) ma sono presto destinati a cadere al suolo. Non nego le responsabilità della politica (non tutta, ovvio) a dare di sé una pessima immagine, ma l’informazione per il solo fatto di raccontare delle vicende secondo una piega o un’altra, ne è responsabile a pari livello. Sullo stesso palco da avanspettacolo (con tutto il rispetto) si agitano (‘al tempo del bruscolinaro’, direbbe Sordi) sia l’uomo politico che parla tramite dettatura di improbabili retroscena, sia chi li scrive. Sia il balletto delle mezze figure, sia altre mezze figure che li blandiscono e li ‘narrano’ ben più di quanto meritino davvero. Non faccio di tutta la stampa un fascio, ovvio, e ne rispetto la funzione democratica insostituibile. Ma se uno svolge male i propri compiti, bisogna dirlo. Il lavoro da fare, dunque, è più duro di quanto possa sembrare. Ma c’è una forza in campo che ha scelto di ripartire dai fini (libertà, uguaglianza) e dai contenuti (il lavoro, la crisi, la scuola, il welfare, la democrazia), piuttosto che contentarsi dei mezzi o fermarsi a quelli (la ‘sinistra’, la ‘lista’, il ‘partito’, ‘noi, i soggetti’). La strada sembra quella giusta. Vediamo.