di Alfredo Morganti – 11 novembre 2018
Oggi ‘Repubblica’ inneggia all’opposizione senza partiti. Fa i casi di Roma, Milano, Como, Torino. E riporta dichiarazioni che dicono ‘meglio i movimenti’. Sì, i movimenti vanno forse bene quando si tratta di creare eventi, fare comunicazione, occupare le piazze, produrre il set per foto e video. Quando si tratta di fare la ‘festa’, offrire colori, dinamismo, volti. Ma poi? Senza contare che i partiti non sono da meno nel creare eventi. Ma poi, ripeto? Chi dà continuità, chi sottopone le energie emerse alla prova durissima del quotidiano, della continuità, delle istituzioni, del governo? Chi si occupa dei non-eventi, del dopo-evento, del lunedì dopo la domenica di bisboccia? I movimenti, le associazioni, le task force di volontari, le persone illuminate che fanno scattare le scintille? Stiamo già facendo esperienza di un movimento al governo, peraltro. Siamo già circondati da partiti di plastica, aziendali, loftisti, che hanno ceduto all’ideologia degli eventi mediatici e dei movimenti. Non basta?
Il suo miglior periodo l’Italia l’ha vissuto nei 30-40 anni del dopoguerra, quando c’era un sistema dei partiti a presidiare lo Stato e la società, offrendo partecipazione organizzata, capillare, quotidiana invece di semplici eventi o spettacoli di piazza. Quando il corteo era solo il pezzo di una strategia, quando la performance pubblica era l’anello di una catena più lunga e complessa. E non una scintilla luminosa destinata allo spegnimento e ai titoli di coda di lì a poco. Il 68, il 77, il grillismo sono stati momenti di discontinuità che hanno lasciato o lasciano un segno. La politica è fatta di continuità, invece, di governo, di direzioni impresse o da imprimere, di eventi che debbono produrre effetti nella vita delle persone. E perché ciò accada serve un lavoro quotidiano anche grigio, anche noioso, anche fangoso, umile, certe volte crudo. L’evento è l’atto puro, estetico, dannunziano, che si oppone alla ruvidezza e alla noia di tutto il resto. Ma in tutto il resto spesso ci sono per intero le ragioni del nostro impegno e della nostra fatica. Le ragioni e le motivazioni concrete del cambiamento. Senza partiti il teatro si riduce a un proscenio. A Roma diremmo che è tutta scena.