di Alfredo Morganti – 15 dicembre 2016
Fosse stato per Renzi, saremmo andati a votare la domenica successiva al referendum. Per chi non lo avesse capito, l’uomo è questo. Uno che ama la rissa continua, lo scontro, come nei peggiori bar di Caracas. Uno che se perde non ci sta, dà la colpa a chi non capisce, e prepara subito la revanche. Subito, a stretto giro. Gentiloni è lo stretto giro, ossia la clessidra che conta il tempo che ci separa dal prossimo giudizio di Dio renziano. È appeso al filo delle strategie dell’ex premier, e non appena sarà il momento Lui staccherà la spina. Ma quando sarà il momento? Davvero Renzi possiede il tempo? Davvero sarà così facile? Io dico di no, non sarà facile. Tanto più adesso, che Renzi è soltanto il capo di un partito che non c’è, come l’isola. Un partito guidato da un uomo che lo disprezza nel più profondo dell’animo, che lui ha dapprima ignorato, e poi ha ridotto a streaming in Direzione. Un partito sostanzialmente inutile se si tratta di costruire un percorso nuovo, dove la cultura politica sia il senso e non una zavorra, come invece la immagina lo stesso Renzi. Che se ne fa l’ex premier di un aggeggio sempre meno corposo, ridotto a una sottiletta di iscritti, fagocitato dall’esercito dei passanti spesso di destra che ne hanno preso possesso alle primarie, intervenendo nelle decisioni che contano?
Un ex premier a capo di un ex partito, con un controllo limitato sui gruppi parlamentari. Ecco il quadro attuale. Per combinare qualcosa, partendo da qui, servirebbe un misto di statisti d’antan di cui oggi non v’è traccia. Che so, le qualità di De Gasperi e Togliatti ben combinate. Ma Renzi è Renzi, niente più. Monti al Senato è stato efficacissimo nel farne un ritratto: “Grande tecnico della comunicazione e della motivazione, ha finito, purtroppo, per sua inadeguatezza politica, con il recare danno al Paese”. Papale papale. ‘Inadeguatezza politica’ è un sunto perfetto: a partire da essa non si governa nemmeno lo Stato libero di Bananas, direbbe Woody Allen. Resta la sinistra a indurci un po’ di speranza. La sinistra: qualunque sia il volto, qualunque la collocazione. Senza smanie leaderistiche, senza balzane idee comunicative, senza troppe chiacchiere da talk show. La sinistra armata delle sue idee-base, diciamo: il lavoro, le disuguaglianze, le ingiustizie, la cultura e la scuola, la coesione sociale, il punto di vista dei più deboli e disagiati, la comunicazione come mezzo e non come fine, il partito invece del comitato elettorale, lo studio invece delle chiacchiere, il rispetto invece della maleducazione. Ecco un piccolo vademecum da tenere impresso in mente. A cui non c’è alternativa, mi pare.