La politica quando gli esseri umani scompaiono

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 26 luglio 2016

LA TECNOLOGIA FLESSIBILE E LA POLITICA DEI FERMI PRINCIPI E DELLE IDENTITÀ. QUANDO GLI ESSERI UMANI SCOMPAIONO E TUTTO DIVENTA ‘COSA’. E IL ‘CAMBIAMENTO’ PRENDE IL POSTO DELLA ‘TRASFORMAZIONE’.
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“Ma il videogioco [si parla di Pokemon Go] è importante anche per un’altra ragione: ha mostrato che la tecnologia cambia assieme alle abitudini delle persone, e ora gli utenti sembrano sempre più stufi di usare smartphone e social media in maniera passiva – come si trattasse di televisione”. Ho tratto questa citazione dall’Espresso. Non mi interessa l’oggetto dell’articolo, ossia Pokemon Go, ma l’affermazione sul carattere flessibile della tecnologia. È senso comune immaginarla rigida e strutturata, una sorta di armatura entro cui il mondo si organizza, prende forma e si ritrova ingabbiato e subordinato. E invece non è così. La tecnologia è flessibile, si adatta alle abitudini, flette sui desideri, un po’ come l’albero e le canne di Mao: il primo viene spezzato dal vento, le seconde invece si piegano ma poi, a raffiche cessate, tornano nelle medesima posizione iniziale. È la flessibilità che diventa potere, che si adatta alle nuove conformazioni.

Dire tecnologia è dire tecnica. Che non è una cosa materiale, ma un’ideologia che si contrappone in primis alla politica. Per la tecnica le chiacchiere, le opinioni, i dibattiti sono tempo perso. I parlamenti aule sorde e grigie. ‘Tecnicamente’ c’è un’unica soluzione al problema, quella efficace, le altre debbono essere scartate. È come misurare tutto sull’efficacia, sui risultati, sulla vittoria. Non è nemmeno pragmatismo: è un comando a senso unico. Il tecnico studia in laboratorio, è competente, è preparato, e intelligente, è più bravo a decidere di noi, che al più abbiamo delle opinioni spesso discordi. Il tecnico, se lasciato lavorare, riunifica, mette d’accordo con la sua soluzione. Crea larghe intese, non divide politicamente. Il tecnico ‘fa’, agisce, opera dopo tanto tempo perso. Non è un rigido esecutore di saperi, lo abbiamo visto, ma sa adattarsi, sa essere flessibile, si avviluppa sugli uomini e sulle cose e le plasma così come vorrebbero (o ritengono di voler) essere plasmate.

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Il tecnico, l’uomo di apparato e di establishment sa anche essere spiritoso, affabile, propone soluzioni alla bisogna, persino pratiche, flessibili, ribaltabili. È la sua forza. Mica è come il politico che esibisce ideali fermi, principi integerrimi, fedeltà, identità e vuole rappresentanza. No, affatto. L’uomo di apparato non ha identità, non è nessuno, non rappresenta nessuno, è impersonale, è flessibile in sé e quasi si perde tanto è strutturalmente mobile. Si rende persino simpatico. La tecnologia, si è già detto, cambia assieme alle abitudini delle persone, cambia alla bisogna del potere. È flessibile, ma sistematica. Se c’è una forza di sistema è la tecnica, se c’è una forza antisistema è la tecnica rovesciata. Se c’è bisogno, invece, di identità, coraggio delle opinioni, saldezza di principi, e assieme apertura alle opinioni altrui, alla dialettica, al dibattito e alla mediazione, allora c’è la politica in tutte le proprie sfaccettature e i propri contrasti. La politica della destra e della sinistra, gli ideali della destra e della sinistra. La lotta tra questi ideali. La politica è quella forza che trasforma il mondo invece di tecnicizzarlo. Apre transizioni invece di irrigidire la realtà. Mostra percorsi e scenari, invece di ‘narrare’ la datità e la conservazione. Parla di esseri umani, e non ci consegna alle cose o allo scintillio delle merci. Trasforma, non ‘cambia’. Mette in gioco il potere invece di servirlo. Fa la storia, invece di negarla.

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