La politica dei bonus e dei voucher è un fallimento

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 31 agosto 2016

I rigori a porta vuota e quello che i rigori, invece, li procura agli avversari.

Gli occupati, secondo l’Istat, calano nell’ultimo trimestre di 63.000 unità. I disoccupati diminuiscono anch’essi, ma solo di 39.000. Il dato peggiore però riguardo il tasso di disoccupazione giovanile, che in un solo mese è cresciuto di due punti, 39,2%, e ciò nonostante gli inattivi aumentino, sottraendosi così alla quota dei disoccupati. Le uniche buone notizie riguardano gli occupati over 50, che sono 402.000 in più in un anno. Una cifra gonfiata da quelli che vedono l’asticella della pensione sempre più lontana e ingrossano non volenti il recinto dei lavoratori attivi. Occupati loro malgrado, o a loro insaputa. Senza i lavoratori anziani, se cioè valessero le precedenti regole di pensionamento, oggi i dati occupazionali sarebbero davvero disastrosi. Altro che jobs act. Sono i numeri di un fallimento. Costato carissimo, peraltro, sia in termini di denaro pubblico concesso alle imprese come salatissimo sgravio che ha prodotto poco o nulla in termini di occupazione aggiuntiva, sia in termini di tweet e profluvio di grasse dichiarazioni governative. In tutti questi mesi, a ogni zero virgola, siamo stati bombardati da affermazioni roboanti provenienti da Palazzo Chigi, Nazareno e dintorni, per le quali l’Italia era talmente ripartita che appariva lontana, invisibile all’orizzonte. Il tempo di felicitarsi a vicenda e di voltare lo sguardo, che l’Italia era ancora lì, invece, al palo, nonostante la propaganda bulgara in cui affoghiamo.

Ormai è chiaro: la politica dei bonus è morta, quella delle chiacchiere pure. Bisognerebbe metterci una pietra sopra, riazzerare tutto e ripartire da tre anni fa. Lo chiedono anche gli industriali ormai. Oggi lo invocava il Sole 24 Ore. Servono dialogo e coesione, consenso e partecipazione, unità e corpi intermedi, non ultradecisionismo, non bigonzi di chiacchiere spesso fuori contesto e fuori luogo. Ma se è così, se serve una cosa che con Renzi fa ossimoro, perché insistere con lui? Tre anni fa, c’era quello che dicevano fosse grigio, incapace di comunicare e sbagliasse rigori a porta aperta. Oggi c’è quello che i rigori, invece, li procura agli avversari, come una schiappa. E poi se la prende con l’arbitro-gufo o con i rosiconi che stanno in panchina. Sarebbe da dire: l’avete voluto, mo tenetevelo, senza se e senza ma. Ma per carità di patria bisognerebbe dire, invece: vi serve coesione e concertazione dinanzi al Paese che si sfarina politicamente e socialmente? Chiedete scusa a qualcuno che questo lavoro avrebbe saputo farlo benissimo, che era lì per questo e non per le spacconate. Che quello voleva fare, mettendo attorno a un tavolo l’Italia, aprendo una discussione pubblica e agendo affinché vi fosse un doveroso impegno collettivo. Non soldi pubblici come mance, ma una politica di coesione sociale, una politica per gli ultimi e i più disagiati che sarebbe stata tout court una politica per il Paese. Altro che nuova Costituzione a strattonate. Per tre anni si è fatto esattamente il contrario, con regalìe alla cieca. E con i risultati che vediamo. Volevate la bicicletta? Continuate a volerla? Prego, pedalate.

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