La politica e il bar dello sport

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 17 ottobre 2016

Oggi Ettore Rosato sul Corsera ci spiega che la stabilità è tutto, e senza “non si può gestire nemmeno un bar”. Un bar? Ma che cavolo di paragone è, ho pensato? Un bar è un’impresa, non è un’organizzazione sociale, non è un consesso umano con finalità pubbliche o para pubbliche. Io avrei detto (non io soltanto, perché è un esempio classico), avrei detto appunto un ‘condominio’, se proprio avessi dovuto fare un paragone. Perché un ‘bar’? Poi dice che non è vero che molti outsider e neo politici di oggidì si siano formati nei bar sport! E comunque lo spirito è quello (con tutto il rispetto per chi ha diritto a bersi una birra al bancone mentre si vede una partita di calcio, oppure discute di argomenti sparsi col barista). Detto ciò, Rosato ha anche usato il solito refrain renziano, uno di quegli argomenti a vanvera tipo: ‘è da 70 anni che la Costituzione attende di essere cambiata’. Ecco, quelli. Stavolta è stato l’argomento che definirei dei ’63 governi in 70 anni’. Come dire che in Italia per 70 anni ha imperato il dinamismo politico-istituzionale, e che ogni quarto d’ora arrivano i comunisti, Berlinguer diventava premier, e scattavano governi di alternanza come una pipinara. Questo argomenti dei ’63 governi’ è veramente robaccia, diciamo la verità, perché confonde il pane con la bietola. Chiunque potrebbe rispondere che nella Prima Repubblica il blocco di governo che ha governato per 50 anni è sempre stato lo stesso o quasi (centrista o di centrosinistra ristretto al PSI), e che i cambiamenti di cariche poco contavano in un’epoca contrassegnata proprio dalla STABILITA’, altro che chiacchiere. Una stabilità in presenza del sistema più proporzionalista che io abbia conosciuto.

Spiace a questo proposito dover citare e concordare con Pierluigi Battista. Giuro: mai fatto in vita mia, ci voleva Renzi per questo. Battista, sul Corriere di qualche giorno fa, ha svolto una pesante critica dell’ideologia renziana, scrivendo tra l’altro che “tutti governi della Prima Repubblica hanno avuto come perno la DC”, così che la storia repubblicana “non ha mai cambiato partito di riferimento”. “Politicamente – aggiunge Battista – l’Italia è stato un Paese ultrastabile”. Semmai fu instabile la “Seconda Repubblica […] con mille partiti che nascono e muoiono, con ribaltoni, cambi di casacca, fino a oggi tutto compreso”. Esempio di ribaltone: Letta stai sereno – esempio di cambio di casacca: Verdini, in maggioranza di fatto, dopo aver marciato per decenni accanto a Berlusconi. Era senso comune, fino pochi anni fa, l’idea che la Prima Repubblica avesse come caratteristica principale l’assenza di una vera alternanza. In virtù di ciò, il PCI svolse una sua funzione di lotta nella società, ma di governo nelle istituzioni, partecipando alla stesura delle leggi, confrontandosi anche duramente con il governo, senza mai far mancare una dialettica politica utile soprattutto nei momenti più duri, come quello contrassegnato dal rapimento di Moro. Il Paese fu governato nemmeno tanto male, dato che è cresciuto molto, ma molto più di quanto non sia cresciuto (a chiacchiere) in epoca renziana.

Certo, quella crescita fu anche il risultato del basso costo del lavoro, dell’emigrazione selvaggia, dello sradicamento di intere culture, e fu sostenuta dal lavoro vivo e dai sacrifici durissimi di milioni di lavoratori nelle fabbriche e nelle campagne. Ma il paradosso è che vi era meno disuguaglianza allora, meno ‘divario’ in quegli anni, sotto i colpi dello sfruttamento, che oggi. Quando sembra, invece, che tutti si sia diventati ricchi e cosmopoliti, tutti i nostri figli si siano laureati in chimica o matematica e sognino di fare milioni di euro in giro per il mondo, le nostre città siano dei luoghi usa e getta dove ospitare solo eventi stramiliardari, le nostre vite quelle di manichini destinati a vivere di gadget tecnologici, indossare griffe e intascare i bonus del Capo in vista di un voto. Non è così, questa è la storiella più stupida che io conosca, perché la realtà è peggiore, così come sono peggiori le vite vere da quelle che vi ‘narrano’. D’altra parte, al bar dello sport si sciorinano anche tante panzane, che sono la logica conclusione di discussioni che nascono e muoiono in pochi attimi, giusto il tempo di bere un caffè. Per questo non vi meravigliate se Rosato, che pure fa il Capogruppo PD alla Camera, faccia esempi sui bar dello sport. La democrazia da bar è quella che riesce meglio ai neopolitici. Anche se io preferisco quella dei consessi umani dove non si fanno apericene o si prende il caffè al banco, ma si discute assieme, liberamente del destino comune e della vita pubblica, decidendo dopo un bel dibattito, magari alimentato da partiti veri, e senza nessuno che va alla cassa e paghi il conto dopo aver perso la partita a biliardo.

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