di Alfredo Morganti – 12 luglio 2016
Secondo Marco Conti del Messaggero, Berlusconi sarebbe favorevole al premio di lista, e contrario al doppio turno e al ballottaggio. Molti piddini spingono invece per il premio alla coalizione, spinti dal timore dei 5stelle. Altri ancora vorrebbero il sistema elettorale alla francese, con doppio turno di collegio. Senza contare chi spinge per un ritorno al Mattarellum. Renzi si dice favorevole ancora all’Italicum così com’è, ma aprirebbe a modifiche purché se ne occupi il Parlamento che lui ha da fare (ossia, trovatevi una maggioranza, fate vobis e non scocciate). Peccato che non fosse dello stesso avviso mesi or sono, anzi esattamente di quello opposto: non si tocca nulla, e comunque vi sostituisco dalla commissione così sto più tranquillo. Ricordate? Se non si approvava l’Italicum in quattro e quattr’otto l’Italia sarebbe sprofondata. Era il mantra governativo. Oggi, dopo qualche mese siamo comunque sprofondati, e daccapo a dodici.
La guida ‘forte’ renziana era un bluff. Questo Paese non ha né un timoniere né un timone. Anche perché De Benedetti ha già fatto capire che non c’è più trippa per gatti (come si dice a Roma) e i margini di manovra del premier sono ormai ridottissimi. La classe dirigente che lo aveva insediato lì per fare il lavoro sporco di spaccare la sinistra e fare le ‘riforme’, si sta ricredendo sulle sue capacità effettive, e teme ormai di aver insediato l’uomo sbagliato al posto sbagliato. Un po’ gli ha fatto comodo, certo. Un pochino, a partire dalla cancellazione dell’articolo 18. Ma, per il resto, pare a tutti che la situazione oggi (vedi appunto la legge elettorale) sia più confusa di prima. Una caciara insomma. Pensate che beffa se dovessero ricorrere ai servigi di Letta per un governo di scopo purchessia. Sarebbe clamoroso, una specie di giro di tombola che finisce con la tomboletta e continua con una nuova distribuzione delle cartelle e una nuova chiamata di numeretti.
Non vorrei essere nei panni di quelli che hanno dapprima sostenuto Bersani o Cuperlo, e poi sono passati armi e bagagli alla maggioranza renziana con la scusa che quello era comunque il loro partito, e dunque c’era da rimboccarsi le maniche e lavorare. Con la stessa scusa potrebbero procacciare le fortune di un nuovo premier, o segretario del PD o entrambi. Corro troppo? Macché. I tempi della politica sono così veloci, che oggi i ‘ventenni’ storici di una volta durano al più due o tre anni. Il ‘nuovo’ sfiorisce già mentre lo si pronuncia con arroganza. Tre anni sufficienti, tuttavia, a peggiorare i problemi, a bruciare risorse in bonus, ad ammazzare un partito, a depoliticizzare l’elettorato, a far crescere l’astensione, a sbriciolare la sinistra e a far vincere 5stelle dopo che si era detto, invece, che vincessero solo per colpa di Bersani. E il brutto è che, dinanzi a questo sfacelo, nessuno farà autocritica, e tutto ripartirà come se niente fosse. Alla ricerca di un nuovo ‘nuovo’. Senza memoria. Senza vergogna.