di Fausto Anderlini – 1 ottobre 2018
Niente paura
E’ perfettamente inutile, e stonato, maramaldeggiare sulla manifestazione del Pd. Pochi o molti che fossero (a mio parere, giudicando dalle foto e basandomi sulla multiennale partecipazione a raduni di tal fatta, non più di 30.000 persone) non è che in giro ci siano tanti partiti capaci di analoga mobilitazione, se non la Lega, e considerate a parte le ancor più numerose bandiere rosse in Piazza del Duomo, non essendo frutto di una mobilitazione di partito. Piuttosto va segnalato il paradosso: la persistenza di un’area identitaria di base malgrado il partito sia a pezzi: gruppi dirigenti screditati e divisi in fazioni, in periferia più ancora che al centro, strutture organizzative indebolite e sfrangiate, totale assenza di una linea politica condivisa, incapacità assoluta di auto-riflessione e assenza di discussione, un logo e uno statuto con nessuna attrattività e capacità di autoregolazione, che gli stessi massimi dirigenti sbeffeggiano.
In effetti anche i sondaggi confermano da mesi la sostanziale stabilizzazione del consenso elettorale attorno al 17 %, cioè la stessa cifra di Marzo. Un blocco elettorale residuale di media valenza, minoritario ma compatto. Una monade isolata. Almeno all’apparenza, mancando di approfondimenti demoscopici, un corpo che fa massa in procinto del baratro e che non si rassegna ad essere orfano del partito. Qualunque esso sia, o possa divenire, a patto che sia unito. Che antepone l’esserci associativo, sublimato come comunità, a ogni altra determinazione politica. Si direbbe un istinto primordiale (e terminale) di sopravvivenza. Del resto la cifra del raduno era evidente: la paura.
Confessata nella stessa dicitura del palco, non abbiamo paura, e nell’abuso iconografico, una bandiera a testa, e nei ripetuti selfie a simboleggiare la ritrovata armonia dei dirigenti. Nella sostanza un rito esorcistico. Gridano ‘unità, unità’, e danno l’impressione di potersi concedere a chicchessia purchè li tenga uniti. In effetti un grido rivolto a sè stessi, forse nella tetra consapevolezza di non sapere più perchè stanno assieme. Mi vien quasi da pensare che la piazza del Pd sia la controfigura psichica del balcone di Di Maio, Qui una massa di ‘militanti’ (o simili) terrorizzati dall’idea di non essere partito e di non sapere dove andare, là una piccola folla di membri della casta parlamentare, ognuno con una bandiera in mano, per esorcizzare il terrore di non essere ‘popolo’ e di non servire a un accidente di niente. Lo dico senza iattanza, ma con spirito solidale. Anch’io ho paura.