La perdente

per Luca Billi
Autore originale del testo: Luca Billi
Fonte: i pensieri di Protagora...
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di Luca Billi – 9 novembre 2016

Difficile immaginare due persone più differenti di Obama e Trump: per storia personale, idee politiche, stile, linguaggio, Barack e Donald sono agli antipodi. Eppure c’è un tratto in comune nella loro storia politica: entrambi sono diventati presidenti degli Stati Uniti, uno otto anni dopo l’altro, sconfiggendo Hillary Clinton. Se non ci fosse stata Hillary forse nessuno dei due sarebbe diventato presidente. Allora forse il problema non è Donald Trump, come si affannano a spiegare in queste ore quelli che hanno capito tutto, ma è proprio Hillary Rodham coniugata Clinton, che i cittadini degli Stati Uniti non vogliono che diventi presidente, e non solo perché è una donna, ma perché è quella donna.
Otto anni fa Obama era un giovane senatore nero il cui slogan era yes, we can. Obama non era allora – come non lo è stato in questi otto anni di presidenza – antisistema, era – ed è – un moderato con alcune idee progressiste, però era lui stesso, per il colore della sua pelle, per quello che rappresentava la sua storia personale e politica, un simbolo di rinnovamento; e così è stato percepito da molti cittadini americani, che per questo hanno preferito lui a Hillary, che era, già allora, la candidata migliore, quella favorita, quella che poteva soltanto vincere. E che infatti ha perso. Trump sapeva di non essere fisicamente antisistema, come lo era Obama, e così lo è diventato, alzando i toni della polemica politica, usando un linguaggio assolutamente inusuale, a tratti volgare, mostrando la propria faccia peggiore. Trump è un attore – credo un bravo attore, probabilmente in questo più bravo di Reagan – e un bravo attore sa quello che il suo pubblico vuole. Per questo otto anni dopo molti cittadini americani hanno preferito lui a Hillary, che era, ancora una volta, la candidata migliore, quella favorita, quella che poteva soltanto vincere. E che infatti ha perso, un’altra volta.
Se in otto anni Hillary Clinton è stata sconfitta due volte, da due persone così differenti, sarebbe ora di interrogarsi sul perché e credo che la risposta sia di una qualche utilità anche per le travagliate vicende della sinistra in Europa.
C’è una foto del 1999 che racconta perché Hillary ha perso. Nel novembre di quell’anno si ritrovarono a Firenze Bill Clinton – accompagnato ovviamente dalla moglie – Massimo D’Alema, Tony Blair, Lionel Jospin, Gerhard Schroeder, Fernando Cardoso. Il presidente degli Stati Uniti, il presidente del consiglio italiano, il premier inglese, il capo del governo francese, il cancelliere tedesco e il presidente del Brasile, per la prima volta, erano tutti e sei rappresentati di forze progressiste. Ci illudemmo allora – anche noi che facevamo politica a un livello molto più basso – che il mondo stesse per cambiare davvero, che finalmente toccasse a noi governare il mondo. Però per arrivare al governo avevamo progressivamente rinunciato a essere socialisti, a essere di sinistra. La chiamammo allora terza via, ci parve allora un compromesso necessario: pur di andare al governo rinunciammo a pezzi sempre più ampi dello stato sociale, che cominciammo a smantellare, varammo politiche per rendere più deboli i lavoratori, cominciammo a privatizzare i beni comuni. In sostanza diventammo un’altra cosa, diventammo destra. Poi spesso quel lavoro fu finito dalla destra politica che prese il nostro posto alle elezioni successive: in pochi anni il sogno progressista svanì, ma in fondo non c’era mai stato, perché la foto ricordo di quel novembre del 1999 non rappresentava più la sinistra. Ci eravamo allora condannati a perdere. E’ in quel momento che Hillary ha perso le primarie del 2008 e le elezioni di quest’anno. E’ in quel momento che in Francia è cominciata la cavalcata vittoriosa che potrebbe portare Marine Le Pen l’anno prossimo all’Eliseo, che ha portato al golpe parlamentare in Brasile di questi mesi, che ha portato al suicidio della sinistra in Italia, alla nascita del pd e alla irresistibile ascesa di Renzi.
Se il candidato di sinistra viene scelto e sostenuto dalle banche, dalle grandi industrie, dalle multinazionali, può succedere che perda, perché le persone che dovrebbe rappresentare, ossia quelli che ogni giorno vengono sfruttati dalle banche, dalle grandi industrie, dalle multinazionali, giustamente non si fidano. Poi può succedere che votino per quello che dice che cambierà tutto, anche se non cambierà nulla, perché anche lui è un uomo delle banche, delle grandi industrie, delle multinazionali. Comunque oggi avrebbe vinto un candidato sostenuto dai padroni e infatti uno come Sanders, che non andava bene alle banche, alle grandi industrie, alle multinazionali, non era candidato. E infatti se il vecchio Bernie fosse stato l’antagonista di Trump avrebbe vinto e oggi avremmo il primo presidente degli Stati Uniti che si definisce socialista. Ma questo sarebbe stato inaccettabile nel mondo dominato dal capitale; meglio l’inaffidabile Donald.
E la sinistra? O è socialista o è irrilevante.

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