La nostra Fontamara quotidiana

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti,

di Alfredo Morganti – 1 maggio 2016

“Hanno ammazzato Berardo Viola, che fare?” …
“Ci han tolta l’acqua, che fare?” …
“Il prete si rifiuta di seppellire i nostri morti, che fare?”
“In nome della legge violano le nostre donne, che fare?”
“Don Circostanza è una carogna, che fare?”.

(da ‪#‎Fontamara‬, di ‪#‎IgnazioSilone‬‪#‎1maggio‬).

Ignazio Silone, l’autore di ‘Fontamara’, nacque il 1° maggio del 1900. Fu tra i fondatori del Partito Comunista d’Italia, fu esule durante il fascismo, diresse da socialista l’Avanti e fu anche membro della Assemblea Costituente nelle file del PSIUP.

Nella prefazione a ‘Fontamara’, composto nel 1930 in Svizzera dov’era esule, Silone scrisse:
“Fontamara somiglia dunque, per molti lati, a ogni villaggio meridionale il quale sia un po’ fuori mano, tra il piano e la montagna, fuori delle vie del traffico, quindi un po’ più arretrato e misero e abbandonato degli altri. Ma Fontamara ha pure aspetti particolari. Allo stesso modo, i contadini poveri, gli uomini che fanno fruttificare la terra e soffrono la fame, i fellahin, i coolis, i peones, i mugic, i cafoni, si somigliano in tutti i paesi del mondo; sono, sulla faccia della terra, nazione a sé, razza a sé; eppure non si sono ancora visti due poveri in tutto identici”.

‘Fontamara’ è il romanzo degli ultimi, dei cafoni, dei poveri che però tentano di alzare la testa e, sotto la pressione dei ricchi proprietari e dei fascisti, decidono di acquisire consapevolezza della propria condizione. Il primo gesto di questa consapevolezza è in questa ‘classifica’, da loro stessi recitata, che è una sorta di discesa agli inferi, prima della successiva, lenta, faticosa, sofferente ma coraggiosa risalita:

«In capo a tutti c’è Dio, padrone del cielo.
Questo ognuno lo sa.
Poi viene il principe Torlonia, padrone della terra.
Poi vengono le guardie del principe.
Poi vengono i cani delle guardie del principe.
Poi, nulla.
Poi, ancora nulla.
Poi, ancora nulla.
Poi vengono i cafoni.
E si può dire ch’è finito».

Ricordare il 1° maggio ricordando Silone è un modo per andare alle radici della festa dei lavoratori, che è festa di ultimi, di umili, di disagiati, di poveri e del loro lavoro (e non lavoro, purtroppo).

Viva il 1° maggio. Viva il lavoratori!

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