LA NATURA RIVELA I SUOI SEGRETI ALL’ESSERE UMANO COMPLETO
Ci riallacciamo all’articolo precedente. Avvicinarci ai fenomeni della Natura, ivi compresi quelli elettrici e atomici, dall’unico punto di vista completo che è quello spirituale, significa considerare i diversi stati di coscienza per i quali passiamo. Senza ricorrere ad essi, senza considerare l’essere umano completo, non possiamo conoscere alcunché della Natura. La scienza materialista ci presenta una visione fantasmagorica dei fenomeni fisici perché si limita all’intelletto dell’osservatore esterno. Non viviamo in piena coscienza da svegli per esempio in tutto ciò che chiamiamo massa o forza.
Viviamo in essa di forma ottusa e addormentata col nostro essere completo durante tutta la giornata! La coscienza che abbiamo della massa e del peso associato è la stessa di quella ottusa e addormentata con cui sentiamo la nostra volontà. Emerge quindi l’enigmatico nesso tra volontà e materia.
Basta la semplice auto osservazione. Sappiamo bene della esistenza della forza per mezzo del fatto che noi stessi dobbiamo esercitare forze continuamente per muovere il nostro corpo. Per muoverci ricorriamo continuamente a atti volitivi, a forze che sorgono misteriosamente in noi e che applichiamo. La resistenza del nostro corpo a cambiare il suo stato di movimento perché composto di materia inerte ci dà l’esperienza della forza come qualcosa che ci accomuna al mondo esterno.
Prendiamo un oggetto pesante, lo sosteniamo nella mano, lo alziamo ed abbassiamo più volte, osservando attentamente questi gesti che pur sono comunissimi nella vita di tutti i giorni. In questo esperimento ideale è racchiuso uno dei più profondi misteri. Anzi, un mistero duplice.
L’esperienza di mettere in movimento un corpo inerte, mediante la forza che dobbiamo esercitare per superarne la resistenza, già accomuna la massa alla forza necessaria per muoverla. Possiamo dire che la massa non è altro che una singolare manifestazione della forza. Il nostro stesso corpo è un oggetto di indagine molto istruttivo, in esso coesistono ossa e muscoli. Chiediamoci cosa succede quando muoviamo per esempio un arto.
Il movimento di un arto, per esempio la mano o il braccio, comporta certamente il movimento della corrispondente parte dello scheletro e delle ossa. Queste a loro volta sono messe in moto da certi allungamenti ed accorciamenti dei muscoli appropriati. Ora, certamente il modo in cui i muscoli fanno muovere le ossa cade sotto la categoria delle cause meccaniche, quando certe porzioni di materia sono messe in moto dal movimento di porzioni adiacenti di altra materia. L’immagine cambia però se cerchiamo le cause a cui i muscoli devono il loro movimento. Infatti, il movimento dei muscoli non è effetto di cause ad essi esterne, ma della genuina forza spirituale della volizione che agisce direttamente nella loro sostanza fisica. Quello che le rilevazioni di parametri elettrici e chimici registrano dei cambiamenti nella sostanza muscolare sono solo gli effetti di tale causa spirituale.
Qui stiamo osservando due stati ben distinti della materia comune, lo stato inerte (ossa) e lo stato di allerta (muscoli). C’è una misteriosa catena che lega la volontà alla materia per mezzo del movimento dei muscoli che trascinano le ossa. Va da sé che se devo sollevare un corpo inerte, p.e. una persona addormentata, dovrò esercitare una forza adeguata per sollevarne anche i relativi muscoli, che in questo stato sono ricaduti nello stato di materia inerte!
Questa forza che applichiamo continuamente ai corpi che ci circondano nella vita di tutti i giorni, è frutto della nostra volontà applicata. Mentre l’attività concettuale ha il suo fondamento corporale nel cervello e le appendici nervose, l’attività volitiva si basa in processi che hanno la loro parte corporale nei muscoli, arti e metabolismo. Abbiamo spesso osservato che la volontà agisce di forma incosciente e legata a processi vitali.
Dicevo che bisogna osservare attentamente i gesti del sollevare ed abbassare. Perché? Per la ragione che la percezione si trova nel polo della volontà, opposto al pensiero che la completa. Come detto altrove*, percepiamo ma con diversi gradi di coscienza. Dove siamo maggiormente dormienti riguardo la percezione? Tra il senso del movimento, dell’equilibrio, della vita e del tatto è un poco come la mezzanotte della coscienza dei sensi. Quindi siamo massimamente “addormentati” quando abbiamo una percezione di equilibrio e quando abbiamo una percezione di movimento. Con i sensi del movimento, della vita, dell’equilibrio e del tatto ci troviamo nel polo della materia, sono i sensi con i quali apprezziamo principalmente la nostra corporeità. Appartengono alla sfera misteriosa della volontà, sono immersi nella materia.
E’ all’inizio difficile immaginare che il polo della volontà sia associato ai processi vitali e metabolici, al senso della vita, del movimento, equilibrio e tatto, e allo stesso tempo i rispettivi sensi siano vissuti con una coscienza addormentata. L’associazione della volontà con la materia, e dunque con il nostro vivere nella gravità, segnalato dall’equilibrio, percepito dal movimento, confermato dal senso della vita e esplorato per il tatto, è perfettamente comprensibile se valutato senza pregiudizi.
Ma dall’altro lato della polarità ci sono i processi nervosi conoscitivi, vissuti nella piena coscienza equivalente alla veglia, e ai quali non possiamo attribuire se non la morte e la distruzione.
Quando muoviamo un arto, sappiamo solo, eventualmente, della intenzione che attiva la misteriosa volontà e dà ad esso la direttiva, e poi sappiamo dell’azione terminata. Accompagniamo quindi il movimento con una coscienza addormentata. Posso sapere delle posizioni intermedie e di come esse corrispondano alla intenzione perché faccio ricorso alla rappresentazione. Il senso del movimento è una percezione portata a coscienza, ma appunto, è un sapere, una rappresentazione. Ma nulla ci è dato sapere dei cambiamenti complessi che occorrono nella fisiologia per realizzare quella azione, risultato della nostra volontà.
Nella nostra evoluzione dalla nascita all’età adulta cambia soprattutto la ripartizione delle attività dell’anima e di conseguenza il contenuto del mondo interiore. La nostra capacità di pensare in termini geometrici e cinematici è il risultato evolutivo delle nostre prime esperienze intuitive dell’ordine dinamico del mondo. Da adulti la memoria di quelle esperienze pristine si attenua in modo da permetterci di sviluppare l’auto coscienza basata sul pensiero astratto e la opposizione agli oggetti esterni a noi, mentre la volontà retrocede nella coscienza.
Abbiamo visto che l’Aritmetica, la Geometria e la Cinematica sono idee e immagini mentali valide che hanno luogo esclusivamente dentro una regione del nostro pensiero. Vediamo per esempio la nota formula v=s/t per la velocità v. La velocità viene espressa dividendo la distanza s del mobile per il tempo trascorso. Nulla di più facile, o no? Abbiamo la credenza che tutto ciò ci venga dato della Natura, la distanza percorsa dal corpo e il tempo che impiega a percorrerla. Supponiamo di ottenere la velocità v dividendo la distanza per il tempo, come una funzione che risulta dalla divisione.
Ma nella Natura non è così. Delle tre grandezze velocità spazio e tempo, la velocità v è l’unica a possedere realtà. Ciò che è reale nel mondo esterno è la velocità v, mentre s e t li otteniamo separando per così dire la velocità data in due entità astratte per un processo mentale. La velocità è un ente primordiale che osservo nel mondo esterno. Un corpo si muove nello spazio con una certa velocità; che abbia una certa velocità è l’unica cosa reale. Non ravviseremmo la totalità se smembrassimo quello che è reale in due astrazioni. Poiché abbiamo una velocità, abbiamo di conseguenza uno spostamento e quindi un tempo. Dalla velocità per mezzo del nostro processo di pensiero abbiamo separato lo spazio e il tempo, ma lo spazio in questione è un risultato della velocità così come il tempo. Lo spazio e il tempo, se paragonati con la cosa reale e primordiale che indichiamo con v, sono delle astrazioni che noi stessi deriviamo da essa. Dobbiamo fare i conti con la realtà esterna.
Siamo noi che abbiamo creato questa dualità di spazio e tempo, mentre la sola cosa reale fuori di noi è la velocità e null’altro. Quanto allo “spazio” e al “tempo” siamo noi ad averli creati in virtù di due astrazioni. Ma allo stesso tempo, con lo spazio e il tempo noi siamo tutt’uno perchè li abbiamo portati a coscienza come tutti gli enti matematici condivisibili con altri esseri umani, mentre non siamo uniti con la velocità che è là fuori. Dalla velocità in effetti possiamo separarci mentre dallo spazio e tempo no. Allo stesso tempo, non dovremmo senza precauzioni assegnare ai corpi esterni ciò a cui noi stessi siamo uniti. Possiamo solo dire che attraverso lo spazio e il tempo apprendiamo a conoscere e comprendere la velocità reale. E’ un conoscere e comprendere da adulti. Non dovremmo dire “il corpo si muove attraverso tale distanza” ma piuttosto dire che il corpo ha una tale velocità.
Per mezzo di s e t noi solo misuriamo la velocità, essi sono i nostri strumenti, a noi legati. Qui osserviamo la sottile linea che separa il soggettivo spazio e tempo dalla cosa oggettiva, la velocità. Ma v non è solo il quoziente tra s e t. anche se numericamente lo è. Con questo numero si manifesta una realtà matematica con diritto di esistenza, la cui essenza sta però nel fatto che il corpo possieda una velocità. Noi facciamo certamente uso di s e t nel percepire la realtà della velocità fuori nel mondo. In effetti, s e t sono dentro di noi ma anche fuori. Il punto è che noi ci uniamo con s e t ma non ci uniamo con la velocità.
Quanto detto per s e t è vero per qualcosa in più. Così come siamo uniti per mezzo di s e t con la realtà obbiettiva, mentre dobbiamo prima cercare la velocità nel mondo esterno, allo stesso modo siamo nello stesso elemento con i cosiddetti corpi, ogni volta che li contempliamo per mezzo della luce. Non dovremmo assegnare obbiettività alla luce più che allo spazio e al tempo. Non dovremmo attribuire alla luce una proprietà obbiettiva e a noi esterna. Noi “nuotiamo” nello spazio e il tempo proprio come i corpi vi “nuotano” con le loro velocità. Così anche noi “nuotiamo” nella luce proprio come i corpi “nuotano” nella luce. La luce è elemento comune a noi e alle cose esterne, i corpi. Supponiamo di aver gradualmente riempito la stanza buia con luce, lo spazio rimane riempito con qualcosa in cui noi siamo immersi e pure le cose esterne. E’ un elemento comune in cui noi e le cose esterne “nuotiamo”. Ma come facciamo a nuotare? Certamente non col corpo fisico, ma facendo vortici col corpo eterico. Nuotiamo col corpo eterico nella luce, nell’etere di luce….
FILOTEO NICOLINI