La mossa del cavallo e la leggenda Renzi

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Antonio Napoletano
Fonte: facebook

di Antonio Napoletano – 8 novembre 2014

Il doppio, anzi il triplo schiaffo mollato all’ex convitato di pietra della maggioranza (elezioni alla Corte costituzionale, al Consiglio superiore della magistratura e, tanto per gradire, quello in Commissione giustizia del Senato per respingere gli emendamenti di Forza Italia e NCD al disegno di legge sulla responsabilità civile dei giudici) dicono, una volta di più, che c’è un uomo solo al comando.
E Renzi è quell’uomo.
Ebbene sì – da consumato democristiano – in un allungo sostenuto da improvvisati gregari grillini è uscito dalla stretta della troppo evidente scarsità di risultati e l’eccesso di annunci e, con mossa a sorpresa, sollevando la questione del dente cariato della legge elettorale ha, al momento, preso tre piccioni con una fava.In ordine: ha fatto balbettare il bollito Berlusconi, si è messo in saccoccia, anche per il dopo quirinalizio, i voti ballerini di Grillo&Casaleggio, ha, ancora una volta, cacciato in un angolo la depressa e multiforme sinistra Pd.
E’ evidente, che l’uomo ha un monitoraggio preciso e tempestivo dei segnali che gli arrivano, non solo dal Paese, ma dal Parlamento. Lì, dove la defatigante maratona per portare al Palazzo dei Marescialli, un fiduciario dell’ex faraone di Arcore, ha segnato lo stato avanzato di sfilacciamento dei suoi gruppi parlamentari; ma anche i segnali di disponibilità ondivaghi dei pentastellati, come la inconsistente geremiade delle sparpagliate sinistre interne, che ha rapidamente raggiunto il suo limite di fronte al suo insistito: <<vado avanti comunque>> del segretario/presidente.
Così, piuttosto che trovarsi appesantito e impacciato nel suo nevrotico deambulare lungo l’asse destra/sinistra, il duro confronto con la Cgil e in prospettiva di tutti i confederali gli ha consigliato di muovere lui a sorpresa, facendo la mossa del cavallo, scavalcando le pseudo barriere del duo Berlusconi&Verdini, arrivando a minacciare lo sfratto dal Nazzareno al suo partner innominabile. E, tanto per far capire che non stava scherzando, senza dire né tanto né quanto, è convolato in fuga coi grillini, mettendo a segno la tripletta di cui sopra.
Naturalmente la cosa è destinata ad avere conseguenze. Non ultima quella di un’ipoteca seria sul risultato del voto politico, quando deciderà di indirlo, come ratifica al suo potere chiacchierino e indifferente alle combine parlamentari. Ratifica questa che gli manca, e che finora nessuno di quelli in grado di fargli male usandola s’è azzardato a sollevare.
Vantaggio non da poco, che ha conferito un tempo dilatato e immune da seri intoppi ai suoi continui rilanci e cambi di obiettivo, confondendo e mimetizzando con le resistenze di chissà quali ‘poteri’le incorenze, le contraddizioni e i veri e propri imbrogli suoi e delle sua ‘squadra’ di volenterosi apprendisti stregoni.
Forse ora qualcuno rifletterà quanto questo silenzio sia stato usato per avvallare, al suo modo di accreditare, diffondere e ispessire di consenso la bufala della sua leggenda. Vale a dire la chiamata extraparlamentare e salvifica da parte del popolo delle primarie, grazie alla quale è stato possibile vincere senza guardare in faccia nessuno e fare del 41,8% del Pd il risultato più lusinghiero tra i partiti aderenti al PSE. Perché nessuno come lui sa quanto il successo alimenti il successo. Anche quello di una bugia di successo.

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