“La morte di una generazione che nessuno vuol ricordare”
La storia, come gli amori del famoso cantante, fa dei giri immensi e poi ritorna, più spesso sotto forma di autobus che passa veloce senza sostare alla fermata.
Ed è così che torna una fase della nostra storia, quella che parte dagli anni settanta e si conclude con la fine del secolo, un’epoca partita sotto gli auspici migliori, che molto ha realizzato da più di un punto di vista e della cui visione illuminata, umanamente illuminata, in special modo proprio quella degli anni sessanta, ancora beneficiamo per orientare le nostre scelte. Attualmente però, quella visione, subisce uno sgretolamento senza precedenti con la massiccia affermazione un po’ dovunque dei populismi e con uno strano ritorno all’ancien régime, quello anteriore ai due conflitti mondiali soprattutto riguardo la distribuzione delle ricchezze, con i lavoratori dipendenti sempre meno provvisti di tutele giuridiche, l’aumento del numero di coloro che vivono in uno stato di totale indigenza, l’mpoverimento della piccola e media borghesia.
Almeno da un punto di vista culturale e politico, questo tracollo ebbe inizio già negli anni ottanta, anni in cui incominciarono ad erodersi alle fondamenta i principi che orientavano i partiti politici della sinistra, travolti dalla vittoria del capitalismo, con il quale iniziarono ad accompagnarsi di nascosto, sebbene a parole si proclamassero ancora dalla parte delle fasce economicamente più deboli. Negli stessi anni l’impegno politico giovanile sembrò smarrirsi: i ragazzi avvertirono come imminente la scomparsa dei valori nati subito dopo la seconda guerra mondiale e davanti a sé videro solo l’offerta di un consumismo appagato, che non lasciava margini se non alla propria affermazione.
È in questa fase che si compie una strage imbarazzante e quasi dimenticata, quella dei ragazzi che rimasero vittime dell’eroina. Gente che se l’è cercata, secondo tanti, ma che comunque manca all’appello senza che nessuno si ponga più domande.. “Che domande?” si dirà, “si è trattato di una risposta tutta privata a smarrimenti soggettivi di ragazzi fragili” ed in effetti, l’apertura all’eroina chiude qualunque dimensione pubblica della vita di chicchessia, ma questo non sottrae peso alle dimensioni che il problema assunse in quegli anni, dimensioni che ne fecero un problema comunque pubblico, rispetto al quale tutti ammisero di essere assolutamente sguarniti.
Le famiglie si trovarono così da sole a combattere una guerra il più delle volte persa contro un nemico che ammazzava i ragazzi e che per di più creava imbarazzo, quello generato dal vizio, dalla dipendenza che ci si vergogna di confessare.
Una generazione intera fu travolta dalla tragedia di guardarsi e guardare morire e niente gli fu più estraneo di una giovinezza spensierata, misurata con sogni, progetti e maestri da scegliere e da seguire. Molti videro in ciò il preciso progetto di liberarsi di giovani menti, spesso critiche verso il ripiegamento politico di quegli anni. Personalmente, non credo ad una decisione presa a tavolino, chissà dove, per far fuori dissidenti potenziali, anche perché, se la diffusione partì dagli ambienti più colti ed aperti a nuovi stimoli, presto si allargò a chiunque avesse qualche lira in tasca e voglia di sballarsi.
La mia impressione fu piuttosto che il mercato avesse in quel momento imposto quella sostanza perché da essa traeva il maggior profitto possibile e sebbene io sappia che l’economia, anche e soprattutto se illecita, si serva sempre della politica e non possa mai agire da sola, non ho prova alcuna per dimostrare che sia stata la politica a servirsi per i suoi scopi dell’economia e non viceversa.
La sola cosa certa fu la morte, in particolar modo in America ed Europa, di milioni di ragazzi, che nessuno vuol ricordare più, colpevoli di essere dediti ad un vizio di cui non volevano liberarsi, perché, se si parla dell’eroina, nonostante la parvenza di essere il farmaco per un disagio, un malessere covato in famiglia o altrove, la ragione ben più concreta che ha mosso al suo uso, sembra piuttosto essere stata la ricerca del piacere assoluto che quella sostanza offriva. Non si spiegherebbe altrimenti la diffusione trasversale, tra chiunque ed ovunque, di quest’oppiaceo, in grado di dare una sola risposta non a specifici problemi, tipici di un gruppo o di un altro di persone, ma a quella disagevole mescolanza di buono e cattivo che caratterizza la vita di tutti gli esseri umani.
L’autobus della storia, in questo come in altri casi, sembra aver saltato la corsa e tarda ad affacciarsi ancora su questi fatti. Una generazione è stata sacrificata: pazienza, non ci si può fermare, soprattutto per ammettere che non si era in grado di capire e che, quelle volte in cui si è stati in grado, non si è stati capaci di trovare una soluzione. La diffusione dell’eroina ci ha messi di fronte ad un fallimento che non potevamo evitare, ci ha costretti a porci mille domande ed a cercare risposte su qualcosa che non capivamo, finendo con l’indagare noi stessi come mai prima di allora avevamo fatto, senza tuttavia riuscire ad evitare la tragedia.
Cosa hanno lasciato tutte quelle domande nel cuore delle madri e dei padri, delle mogli o dei fratelli? È rimasto, nonostante le dimensioni, un dramma solo privato? È stata cioè la grande, definitiva chiusura lasciata all’individuo, di un’epoca che voleva essere collettiva, il consapevole rimboccarsi le maniche in vista di tempi in cui nemmeno più la forma della politica avrebbe tutelato chi ne aveva bisogno?
Nell’immane sciagura che l’eroina ha rappresentato per la mia generazione, l’essere umano ha ancora dimostrato, qualora ve ne fosse bisogno, di non sapersi fermare di fronte al profitto, in maniera non dissimile da quanto è sempre accaduto ed accade nelle guerre disseminate in ogni parte del pianeta, dove, per il profitto da sempre si sacrificano vittime innocenti.
Sarebbe dunque ora di smetterla, quando guardiamo bambini sterminati dall’ennesimo sanguinoso conflitto in qualche parte del mondo, di domandarci come mai accada: se fosse prevalsa l’etica non avremmo avuto la guerra ed una guerra di conquista di un mercato fu quella dei narcotrafficanti negli anni ottanta e novanta, la cui ultima preoccupazione fu quella di mandare a morte in pochi anni una generazione intera.
Credit foto Pinterest