di Alfredo Morganti – 13 febbraio 2018
Molti delusi dal PD, ma senza il coraggio di portare alle estreme conseguenze la loro delusione, invitano a votare la Bonino. Sono intellettuali, pezzi di classe dirigente, ex parlamentari, opinion maker. Restano a metà del guado, aborrono il renzismo (almeno sembra) ma senza contrastarlo davvero, anzi antipatizzano per chi se n’è andato dal PD. Sembrano prigionieri di una ‘maniera’ retorica, di gesti e comportamenti ripetitivi, paiono come avvitati su se stessi. Spostano il voto senza un vero merito, esprimendo al più il disagio derivante dal votare Renzi; oppure continuano a votare sempre PD, però consigliano gli altri di non farlo, tentando di sgravare almeno così la propria coscienza.
Votano la Bonino, immagino, per il nome, la statura morale del personaggio, il suo carisma, ma forse senza aver letto il suo programma, che incita alle privatizzazioni come se piovesse. Slittano il voto come se si spostasse una suppellettile, da un nome a un altro, da una piattaforma politica a un’altra, senza fare una vera scelta, ma facendosi scegliere dalle figure che calcano la politica in un centro sempre più affollato di gente che parla all’unisono, destra e sinistra poco importa. Coraggio avrebbe voluto andarsene davvero da quel ‘giro in giro’ che si ammucchia al centro, e fare davvero una cosa di sinistra, dopo tanto spremersi nel PD alla ricerca anche di un mezzo segnale che indicasse una prospettiva non renziana, o giù di lì. Chiosa parodistica à la Dante: questo misero ‘voto’ tengon l’anime triste di coloro che visser sanza infamia e sanza lodo. Ma sarebbe poi da aggiungere, “non ragioniam di lor, ma guarda e passa”.