LA MISTERIOSA ARMONIA E LA BENEVOLENZA DEL COSMO

per Filoteo Nicolini
Autore originale del testo: Filoteo Nicolini

LA MISTERIOSA ARMONIA E LA BENEVOLENZA DEL COSMO

   Nell’Antichità vi sono stati esempi di cosmo visioni di un Universo antropocentrico percepito ordinato. Ricordiamo Anassagora che si soffermò sull’ordine nella Natura e tentò di spiegarlo adducendolo a una causa primordiale, una influenza onnipresente e dinamica che aveva generato la misteriosa armonia che lo circondava. Riteneva che l’Universo e la materia fossero esistite sempre, solo che in uno stato irrazionale di confusione, ma poi destinato a divenire ordinato per l’influenza della Coscienza Cosmica. Questa Coscienza, o Ragione del Mondo, intervenne con un vortice sul Caos primigenio inducendo una segregazione delle cose e lasciandole in ordine e armonia. Anassagora spiegava l’ordine delle cose attribuendolo all’influenza di entità sottili fluide ed attive, quali germi viventi, simili a come la coscienza controlla e guida il corpo.

Platone ed Aristotele lo considerarono il primo ad attribuire l’evidente armonia strutturale a un piano intelligente di ideazione piuttosto che al concorso casuale di atomi. La coscienza a cui allude Anassagora ordina le cose all’inizio, ma poi non ha un ruolo diretto nell’evoluzione temporale né spiega l’ordine individuale e particolare delle cose. Platone argomentò che la materia non può indurre il movimento partendo da sé stessa e quindi la presenza osservabile di movimento è una evidenza della presenza della Ragione.

La filosofia posteriore di Aristotele è invece fondata sul postulato di finalità (telos) a cui i fenomeni sono diretti come se attratti magneticamente. Aristotele criticava Anassagora per la mancanza di una enfasi teleologica. Riconosceva la sua idea germinale ma lo rimproverava e in opposizione sviluppò energicamente il suo modello di cause finali e ne fece uso nelle sue dettagliate osservazioni della Natura.

Il principio guida è che il significato ultimo delle cose deve essere intravisto dalla finalità cui tendono piuttosto che dalla sua attuale configurazione. Emerge il concetto di entelechia ovvero il principio di perfezione interna che dirige le cose verso il loro scopo, considerato che tutti i componenti sono uniti per il maggiore beneficio con la meta finale in vista.

Il contrasto delle posizioni poi si rifletterà nei dibattiti posteriori. Di qui in poi si comincia a delineare una importante distinzione tra argomenti teleologici-che sostengono che l’ordine deve avere un conseguente scopo-e argomenti che indicano come l’ordine debba avere una causa pianificata ma senza pronunciarsi sulla finalità ultima.

Come dire che possiamo apprezzare la complessa e armoniosa costruzione di un orologio e risalire all’orologiaio, ma senza sapere né occuparci dello scopo per cui è fabbricato.

I pensatori considerati atomisti consideravano invece in un altro modo il divenire della Natura. Con Democrito i germi viventi di Anassagora divengono in grado considerevole più materiali, quali morte particelle invisibili di materia, che con le loro diverse combinazioni costituiscono le cose del mondo. Gli atomi si mischiano liberamente e ne sorgono gli eventi della natura. La Ragione del Mondo di Anassagora, quale coscienza spirituale che guida l’azione dei germi viventi, con Democrito scompare e si trasforma nella legge di natura che obbedisce solo a sé stessa. Si assume uno stato di completo disordine al momento della Creazione, ma questo stato iniziale evolve per mezzo di forze naturali in un sistema ordinato. Ogni causa soprannaturale o invocazione a entità che controllano o sovraintendono i fenomeni viene bandita. Comincia parallelamente il dubbio che la Ragione cosmica sia invocata come una specie di cemento per riempire i vuoti e le fratture di ignoranza nel modello del mondo.

Un’altra critica argomenta che c’è un elemento fortemente soggettivo nel modo di pensare alla finalità.

Le idee teleologiche riappaiono ad un certo punto sotto le spoglie della “Provvidenza”, ovvero Ordine con cui Dio indirizza le cose umane al fine previsto. Questo concetto incarnava l’idea che tutto ciò che accadesse fosse il meglio. Si argomentò anche che lo scopo della Divinità può essere accertato da una indagine dettagliata delle sue opere nella Natura. In definitiva, sullo sfondo del contrasto tra l’argomento del Progetto finalizzato del Cosmo e quello ad esso contrario, emerge sempre il tacito accordo sulla presenza di un ordine discernibile e la mutua armonia nella Natura.

La ricerca dell’ordine delle cose proseguì per nuovi e sotterranei cammini con l’apparizione di Cristo nelle evoluzione terrestre, con l’impulso straordinario che ne derivò e che ha significativamente trasformato l’evoluzione della conoscenza.

Gli Scolastici si posero il compito di trovare, sulla base del giudizio e dell’intelletto, verifiche e prove di quei fatti narrati negli Vangeli e noti nella tradizione cristiana dei quali non esistevano più legami storici e fisici né potevano essere conosciuti con la conoscenza diretta chiaroveggente dei secoli precedenti. Essi si impegnarono a provare con concetti sottili ed argomentati quelle verità che emanavano come misteri della fede. Così emerse quella strana scienza che tentò la più penetrante avventura mai intrapresa nella storia del pensiero umano nello studio della Provvidenza Divina.

Si può dire quello che si vuole del contenuto della Scolastica, ma per secoli questa scuola di pensiero sviluppò la capacità di riflessione e lasciò la sua orma nella Civiltà. Si costruì letteralmente la capacità di pensare con logica acuta e penetrante.

Nello sviluppo di tale corrente particolare importanza assume il potere del giudizio, la saggezza intellettuale diligente che si sviluppa con la Scolastica. Che cosa è divenuta la Scolastica se prescindiamo dai suoi contenuti e la comprendiamo come mezzo per coltivare e disciplinare le facoltà mentali? La Scolastica è divenuta mutatis mutandis la moderna Scienza Naturale. La Scienza Naturale sarebbe inconcepibile senza la realtà della Scienza medioevale. E’ da quella Scienza medioevale che l’Umanità ha appreso a pensare nel vero senso della parola, piaccia o no.

* * * * * *

Che ne è oggi di quella ricerca dell’ordine delle cose che rimonta ai Pensatori greci? Come si affrontano oggi gli interrogativi sul divenire dell’Umanità e della Terra? Come è la cosmo visione che la scienza diffonde, avendo da tempo sostituito la religione e la filosofia? Che la scienza sia diventata la religione del nostro tempo è ormai da tempo evidente.

La rilettura del libro che illustrò il Principio Antropologico Cosmologico (P. A.) * è utile per i molti spunti di riflessione che offre e allo stesso tempo ne evidenzia i limiti. Ci fa ripensare alla nostra posizione nell’Universo, e se anche invoca principi fisici, pure è uno stimolo di meditazione. Cerchiamo di riassumerne gli argomenti: le proprietà conosciute della materia sono necessarie e sufficienti per il sorgere della vita intelligente. L’esistenza della coscienza è alla base dei postulati dei filosofi, anche se spesso la scienza si resiste ad ammetterlo. Il P. A. dice che la nostra localizzazione nello spazio e nel tempo cosmico è necessariamente privilegiata al punto da essere compatibile con la nostra esistenza come esseri osservatori. I fatti basici dell’universo, come la sua forma, le dimensioni, l’età e le leggi conosciute devono essere considerati come quelli giusti che permettono l’evoluzione del cosmo e quindi degli esseri umani, perché se la vita intelligente non evolvesse è ovvio che nessuno si chiederebbe la ragione delle caratteristiche osservate. Sembra una riflessione banale, ma non lo è.

I valori misurati di molte quantità fondamentali in cosmologia e che definiscono il nostro Universo sono circoscritti dalla necessità che noi stiamo osservando da un sito dove le condizioni sono appropriate all’evoluzione biologica e in una epoca cosmica appropriata all’emergere dell’ambiente favorevole alla vita così come la biochimica lo esige. Nessuno dovrebbe sorprendersi di osservare che l’Universo è così grande ed ha l’età che tiene. Nessun astronomo potrebbe esistere mai in uno più piccolo e più giovane. Ora, una delle maggiori realizzazioni del secolo XX è stato il fatto di stabilire che esistono proprietà invarianti del mondo fisico naturale che rendono quasi inevitabile la struttura dei suoi costituenti. Le dimensioni delle stelle e dei pianeti ed anche degli esseri umani non sono né random né risultato di una selezione da una miriade di possibilità. Esse e tanti altri fatti sono frutto della necessità, manifestazione di stati di equilibrio tra forze in competizione.

Tutto è controllato da una misteriosa collezione di costanti fisiche fondamentali dette le costanti della Natura. Qui costante si intende relativa all’età dell’Universo. Si ritiene per esempio che se le intensità relativa delle forze elettromagnetiche e nucleari fosse solo un poco differente, gli atomi di carbonio non esisterebbero in Natura e così non ci sarebbe la vita e nemmeno gli scienziati! Immaginiamo per un momento che la costante di gravitazione universale G crescesse un poco improvvisamente. Ebbene, ne risulterebbero alterati i nostri organismi, i trasporti, la stabilità degli edifici e delle strutture edilizie, i fenomeni atmosferici, l’orbita dei pianeti e così via.

Si è speculato a lungo sul ristrettissimo rango di variabilità ammissibile delle costanti, concludendo che solo grazie al fatto che le costanti fisiche assumono certi valori e non altri è possibile che si sviluppi la vita intelligente che è in grado di osservare la Natura.

Tutto indica che gli scienziati sono di fronte a una versione aggiornata e prudente del tradizionale argomento del progetto provvidenziale e della ideazione del Mondo. Da qui in poi ciascuno può esprimere i suoi commenti. Io mi limito a osservare che la scienza fisica si sta avvicinando a riconoscere la Benevolenza Cosmica tutt’una con la Saggezza. Ma c’è dell’altro. Facciamo riferimento a Copernico e l’insegnamento che ne deriva. Prima di Copernico le persone determinavano i movimenti degli astri sulla base di ciò che vedevano osservando i Cieli dalla Terra.

Il problema principale della astronomia nell’antichità era spiegare il movimento retrogrado dei pianeti. Tolomeo e discepoli invocavano epicicli e diverse combinazioni geometriche. Copernico la considerò una complicazione non necessaria, perchè il moto retrogrado apparente era dovuto a un effetto di selezione antropocentrico, infatti gli astronomi osservavano il cielo dal punto privilegiato della Terra in movimento. Con Copernico tutti dovremmo apprendere poco a poco a trarre conclusioni indipendenti dalla percezione sensibile, fatto che ha una straordinaria importanza epistemologica.

Ma l’insegnamento principale della rivoluzione copernicana è anche un altro: nei secoli successivi c’è stato il ribaltamento della auto convinzione dell’essere umano di essere al centro del Cosmo e la crescente consapevolezza di non occupare un sito privilegiato nell’ordine universale.

Questa generalizzazione però secondo il P. A. deve essere maneggiata con cura. Sebbene noi non consideriamo centrale o speciale la nostra posizione, in un certo senso lo è.

Il P. A. dice infatti che la nostra ubicazione come esseri umani è necessariamente privilegiata perchè deve essere compatibile con la nostra esistenza come osservatori del cosmo! Quello che stiamo illustrando è proprio un esempio grandioso di un effetto di selezione. La nostra esistenza sul piano fisico agisce come un effetto di selezione quando valutiamo le proprietà osservate dell’Universo. Siamo necessariamente in una nicchia privilegiata! Altrimenti non saremmo qui a parlarne. Stiamo osservando l’Universo da una finestra spazio temporale privilegiata e ne siamo coscienti. Gli scienziati saranno in condizione di intravedere in quest’ordine qualcosa in più che una serie incredibile di coincidenze di leggi fisiche e costanti della Natura? L’effetto di selezione agisce allo stesso tempo come predilezione e propensione per le stesse leggi fisiche che-bontà loro-ci assicurano di esistere. Non sembra che mutatis mutantis ci troviamo in una situazione simile a quella di Tolomeo con i suoi epicicli ed equanti convinto di descrivere la realtà? Siamo abituati a considerare il cammino della scienza attraverso il cosmo da un punto di vista fisico-sensibile. Se vi fu cosa grande e ardita in Copernico si dette nel trasferire il proprio punto di vista dalla Terra al Sole, così il pensiero fu liberato dal legame tradizionale e terreno. Il pensare si sollevò per cosi dire al di sopra della Terra. Il cammino sembra tracciato per una nuova rivoluzione copernicana: abbandonare la propensione e predilezione per le leggi fisiche che descrivono solo il sensibile.

Valga qui la vera lezione di Copernico. La rappresentazione che Copernico dà delle cose celesti non è dettata dalla osservazione sensibile, ma è formata nella sua anima per gettare luce sulla realtà che viene a lui incontro. La gente guardava ai Cieli e parlava delle sfere celesti nel modo in cui apparivano. Parlavano della volta blu dei Cieli come del confine ultimo dell’Universo. Con Copernico si apprese poco a poco a trarre conclusioni indipendenti dalla percezione sensibile.

Giordano Bruno affermò che la volta blu era stata creata a causa di una limitazione della conoscenza. Sono i vostri occhi che hanno creato questo confine invalicabile. Questo monito appare attuale. Gli scienziati credono che coi limiti della percezione sensoriale e delle teorie che ad essa rispondono siano eretti anche i limiti di ogni altra cognizione. Se ponessero attenzione a come diventino coscienti di quei limiti, scoprirebbero in questa coscienza anche le facoltà per varcarne i confini. La Benevolenza cosmica per chi sa vedere sta lì strizzando l’occhio.

FILOTEO NICOLINI

Immagine: Sistema eliocentrico e geocentrico.

J.D. Barrow and Frank J. Tipler, The Anthropic Cosmological Principle, Oxford University Press, Oxford, 1986

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