di Alfredo Morganti – 19 ottobre 2017
Antonio Polito sul Corsera di oggi parla di una gara elettorale tra populismi di diversa collocazione politica, lasciando intendere che dentro c’è pure il PD, soprattutto dopo la mozione Visco. Io dico di più: l’Italia è malata di populismo. Come una piaga si sta espandendo e sta infettando ormai ogni membra del corpo politico. Un populismo che si alimenta di discredito istituzionale, di rifiuto della mediazione politica, di leaderismo mediatico e della voglia di alimentare un cortocircuito tra Capo e Popolo destinato a devitalizzare ogni termine residuo del sistema dei partiti. C’è una voglia diffusa di Capo e una voglia di Popolo che, come un’ondata, sta sommergendo tutte le culture politiche nostrane, a destra come a sinistra. Come se la crisi democratica e quella delle istituzioni (in special modo quelle rappresentative) possa essere affrontata bombardandole, rivendicando il diritto di avere come interlocutore un Popolo indifferenziato (la gente, gli italiani), e mandando a malora tutto il resto. Anzi, facendo leva proprio sulle macerie del Parlamento e di altri organismi intermedi per sollevare le proprie sorti di gruppo, di contenitore politico, di leader aggressivo. A tutti coloro che dicono di voler salvare la democrazia senza salvare le istituzioni che la strutturano io dico che sono dei pazzi. Oppure hanno fatto male i loro calcoli.
Da questa idea un po’ sbrigativa deriva il populismo diffuso, consistente in fondo nell’idea che incatenando un Capo a un Popolo purchessia la soluzione sia a portata di mano. Non è così, ed è persino inutile rivendicare le dure repliche della storia. Una gara al ribasso su chi è più populista, su chi va più rapidamente degli altri ‘verso il popolo’, è una gara rovinosa, di cui pagheranno le spese i soggetti veri, le figure sociali che calcano effettivamente la scena, e che vivono il peso della crisi e del disagio in quanto tali, non in quanto ‘popolo’. Concetto che funziona a livello emotivo, retorico, letterario, romantico-sentimentale e persino modernamente comunicativo, perché consente una maldestra sintesi della frammentazione sociale, invece di affrontarne le faglie, il caos, le profonde disuguaglianze che la attraversano. Ma che non funziona affatto se s’intenda trasformare in senso più libero e più giusto il Paese, che è compito precipuo della sinistra. La cui identità non è in valori e principi astratti da appendere come un distintivo sulla bandiera, ma nella grande azione riformatrice, nella prassi, nei valori applicati al mondo storico a beneficio degli ultimi e dei più disagiati. Per il resto lasciamo agli altri le chiacchiere retoriche su Capo e Popolo. Noi dovremmo avere altro da fare.
1 commento
Come sempre una visione limpida soprattutto del presente.
Quando il capitalismo attraversa le sue cicliche crisi economiche o attua politiche,ordoliberaliste o fomenta il liderismo e il populismo. Questo avvenne nei primi anni del 900, dove sfociò poi nei regini fascisti e nazisti con le tristi
conseguenze e nei tempi più recenti, in Europa dalla Germania di HELMUT SCHMIDT,poi di HELMUT KOHL…
fino alla Merkel, con risultati che fino ad oggi hanno rimediato solo un vantaggio per le classi più abbienti (non poteva essere altrimenti)..
Oggi come nei primi del 900 questo sistema “economico” sta portando all’implosione di tutte le democrazie. A questo punto, al potere economico capitalista, non resta che il populismo e il liderismo (meglio se uno stupido [basta vedere i leader italiani chi sono] o un pazzo pericoloso come Trump) per salvare se
stesso.
Il guaio è, che NOI, come allora, ci troviamo divisi e impreparati ad affrontare questa nuova immane sciagura che incombe sul Mondo intero.