La lettera di Pertini scritta a Natale dal carcere: “Viva il Socialismo, abbasso il fascismo“
Mia buona mamma,
Son riuscito a procurarmi un pezzo di lapis e un po’ di carta e tento di scriverti nonostante questi maledetti ferri che mi stringono i polsi. Voglio che ti giungano i miei auguri per il nuovo anno, mamma, e farò di tutto perché a Napoli questa mia lettera sia imbucata. Sono qui solo in una piccola cella del vagone cellulare. Mi portano a Napoli e verso il 27 mi porteranno al reclusorio di S. Stefano. Mamma buona e santa, non ti rattristare per questa tua nuova sorte. Pensa, mamma, che lotto per un’idea sublime, tutta luce.
Oggi più di ieri io sento d’amare questa idea. Il carcere rende più profondo in me questo amore. La condanna, mamma buona, è motivo d’orgoglio per il tuo Sandro, e lo deve essere per te. Se tu sapessi con quale gioia, e con quanta fierezza io alzai dalla gabbia dopo la lettura della sentenza il grido della mia fede “Viva il Socialismo“, “Abbasso il fascismo“. E allora mi saltarono addosso furenti, turandomi la bocca quasi a soffocarmi, ma io nulla sentivo. Ascoltavo solo il mio cuore battere contento.
Scrivi alla buona Signora e diglielo che oggi più di ieri sono degno del loro affetto. Fa che non mi dimentichino. Dirai loro che auguro a tutti un anno fecondo per la nostra causa. Cerchino di lottare sempre con più ardore di ieri, perché oggi essi uomini liberi devono lottare anche per noi costretti all’inazione, che il mio spirito è sempre con loro e sogno la libertà solo per riprendere fra di loro il mio posto di combattimento. Vorrei che il mio saluto giungesse in modo particolare al maestro e ai miei compagni di lavoro, che non dimentico. Fu lavorando con essi, che io conobbi tanto bene che prima ignoravo, e che arricchii di pregio e virtù il mio animo, rendendolo capace di affrontare serenamente prove come questa.
Sappiamo che a S. Stefano vi si trovano Zaniboni e Terracini, mi sarà difficile però vederli, perché dovrò fare circa 20 mesi di segregazione cellulare. Gramsci è ammalato gravemente, Scacianna è tisico, il Tulli è diventato cieco. Noi politici siamo sorvegliatissimi, e il carcere viene reso più duro a noi che ai reclusi comuni.
Grazie mamma, di quanto mi hai mandato, non speravo tanto. Per ora continua a scrivere a Regina Coeli perché devi fare finta di non averla ricevuta questa mia. L’unita lettera appena letta spediscila alla buona signora. Tu mamma, amami sempre così!
Ti stringe forte il tuo Sandro!
(Roma-Napoli, 23 dicembre 1929)