di Marianna Sturba – 14 dicembre 2017
Chi ha avuto un proprio caro, in un letto, senza alcuna prospettiva futura, può capire quanto sia importante poter decidere sulla propria vita e la propria morte.
Chi ha chiesto ieri una sedazione forte, o una sospensione dell’ alimentazione ecc e ha sentito un sonoro e convinto No, oggi ha una speranza nuova.
Con questa legge sul Testamento Biologico, le persone conquistano la possibilità di dichiarare quali tipi di cure ritengono compatibili e quali non desiderano, qualora perdano coscienza e siano alle prese con malattie incurabili che non consentono il recupero di una vita dignitosa. Queste sono le cosiddette disposizioni anticipate di trattamento (DAT), un documento nel quale si può indicare a quali terapie si vuole rinunciare e a quali condizioni, nel caso in cui a un certo punto si sia impossibilitati a esprimere la propria preferenza, dichiarazione che consente a ciascuno di noi di evitare di essere alimentato forzatamente o attaccato ad un respiratore.
L’ Italia a fine 2017 riconosce all’ uomo la possibilità di autodeterminarsi, e dopo il suicidio di Monicelli, la morte di Welby, lo strazio di Eliana Englaro e Fabo, finalmente anche in Italia sarà possibile sospendere alimentazione forzata e idratazione quando questi siano acclarati quali accanimento terapeutico.
Addirittura la Chiesa cattolica italiana ha espresso più volte la sua opinione sollecitando la promulgazione di una legge che riconosca valore legale alle dichiarazioni su i trattamenti terapeutici per i malati terminali, soprattutto consentendo di evitare inutili accanimenti terapeutici. Il cardinale Angelo Bagnasco, ha più volte espresso però la preoccupazione che ciò possa rappresentare, in qualche modo una forma mascherata di eutanasia. Di conseguenza, per la Chiesa non è ammessa la sospensione dell’alimentazione e dell’idratazione, che è l’argomento principale su cui sono divise le posizioni e conseguentemente i vari disegni di legge presentati in parlamento, in quanto trattamento di sostegno vitale e non terapia sanitaria.
Nei diversi testi scritti dalle varie Conferenze Episcopali europee, si distingue tra l’eutanasia passiva o indiretta e quella attiva, che viene sempre condannata. L’eutanasia passiva, è considerata eticamente e giuridicamente accettabile quando si tratti di evitare un eccessivo accanimento terapeutico.
Eutanasìa, in greco antico, significa letteralmente buona morte. Oggi con questo termine si definisce correntemente l’intervento medico volto ad abbreviare l’agonia di un malato terminale.
Si parla di eutanasia passiva quando il medico si astiene dal praticare cure volte a tenere ancora in vita il malato; di eutanasia attiva quando il medico causa, direttamente, la morte del malato; di eutanasia attiva volontaria quando il medico agisce su richiesta esplicita del malato.
Le affermazioni ultime della Conferenza Episcopale Italiana sono :«Non possiamo riconoscerci in questo testo» dice il direttore dell’Ufficio Cei per la Salute, don Massimo Angelelli. «La valutazione non è positiva» spiega «La legge tutela i medici sollevandoli da ogni responsabilità, tutela le strutture sanitarie pubbliche, tenta di ridurre la medicina difensiva spostando sul malato l’onere della responsabilità delle scelte, ma sembra poco efficace nella tutela dei sofferenti. Sono molte le incertezze nella applicabilità di questa legge».
Invece per chi da anni chiede Dignità, questa legge è segno di grande civiltà!
Ma vediamo nel dettaglio la legge:
A) – È previsto, nel rispetto della Costituzione, che nessun trattamento sanitario possa essere iniziato o proseguito se privo del consenso libero e informato della persona interessata. Viene «promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra paziente e medico il cui atto fondante è il consenso informato» e «nella relazione di cura sono coinvolti, se il paziente lo desidera, anche i suoi familiari».
– Per i minori «il consenso è espresso dai genitori esercenti la responsabilità genitoriale o dal tutore o dall’amministratore di sostegno, tenuto conto della volontà della persona minore»
C) – Ogni «persona maggiorenne, capace di intendere e volere, in previsione di un’eventuale futura incapacità di autodeterminarsi, può, attraverso “Disposizioni anticipate di trattamento” (Dat), esprimere le proprie convinzioni e preferenze in materia di trattamenti sanitari, nonché il consenso o il rifiuto rispetto a scelte diagnostiche o terapeutiche e a singoli trattamenti sanitari, comprese le pratiche di nutrizione e idratazione artificiali». Le Dat, revocabili, risultano inoltre vincolanti per il medico e «in conseguenza di ciò, è esente da responsabilità civile o penale». Devono essere redatte per atto pubblico o per scrittura privata, con sottoscrizione autenticata da notaio o altro pubblico ufficiale o da un medico dipendente del Servizio sanitario nazionale o convenzionato. Nel caso in cui le condizioni fisiche del paziente non lo consentano, possono essere espresse attraverso videoregistrazione. In caso di emergenza o di urgenza, precisa inoltre il ddl, «la revoca può avvenire anche oralmente davanti ad almeno due testimoni».
D) -Relazione medico/paziente «rispetto all’evolversi delle conseguenze di una patologia cronica e invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta può essere realizzata una pianificazione delle cure condivisa tra il paziente e il medico, alla quale il medico è tenuto ad attenersi qualora il paziente venga a trovarsi nella condizione di non poter esprimere il proprio consenso o in una condizione di incapacità».
Non possiamo che esprimere la nostra gioia perché i diritti dell’ uomo vengono finalmente riconosciuti.
Non possiamo far altro che festeggiare la forza dei Diritti, il risultato di anni di lotte di chi, vivendo sulla propria pelle l’ impossibilità della cura, ha avuto la forza di chiedere di poter dir Basta e reclamare una fine dignitosa e più naturale.