Fonte: facebook
Alfredo Morganti – 10 gennaio 2015
Il salto di qualità è nei modi e nei protagonisti. Se non ci avessero detto che si trattava di un atto di terrorismo avremmo anche potuto pensare che si fosse trattato di un episodio gangsteristico, o in stile mafioso. Una cosa all’occidentale, insomma. Con assalto armi in pugno nello spazio del nemico o concorrente, e poi la fuga, magari di quelle spettacolari seguite con l’elicottero e rimandate in diretta tv. Questo è stato l’assalto parigino: un atto di guerriglia, un assalto appunto, con gli assaltatori che non hanno fatto i martiri, non si sono esplosi, ma hanno tenuto testa alle forze dell’ordine e sono persino fuggiti (una di loro è ancora in fuga). Se di jihad si tratta, e così pare, ha forme occidentali, quelle dei serial tv, degli action movie e degli spara e fuggi che impariamo nei video giochi.
Nella loro fuga hanno avuto necessità di cambiare automobili. Ma non hanno ucciso gli occupanti, uno dei fuggitivi gli ha dichiarato: non uccidiamo civili. Civili. E da quando i terroristi non uccidono civili? Ossia persone che non c’entrano nulla con lo scontro in atto? Distinguendo, con ciò, gli attori in campo dalla semplice audience? ‘Civili’ fa venire in mente la guerriglia, la guerra, non il terrorismo che fa esplodere tutto e tutti in nome di un dio. Jihad occidentale dunque, di occidentali che imparano in oriente solo a usare le armi e che si cibano di ideologia jihadista ma in casa propria. Giovani che provengono da misere, impervie, degradate periferie urbane. Che cercano un ‘riscatto’ uccidendo, che cercano senso mettendosi al servizio di frange religiose estremistiche. Giovani che provengono da aree cittadine dove il senso non c’è, dove l’abisso tra ricchi e poveri è persino sfacciato, dove il degrado è una condizione di vita quotidiana.
Un giornalista, su Sky Tg 24, ci spiegava quali fossero le aree mondiali a maggior rischio fondamentalista. Ma quei ragazzi morti a Parigi dopo aver assassinato decine di persone non provengono dalla Siria, sono risorse interne della jihad, sono quinte colonne, sono dei ‘nostri’. Più che la politica internazionale dobbiamo oggi scomodare quella interna. E dobbiamo capire il nesso fortissimo che lega le periferie alla guerriglia terroristica: non per fare sociologismi d’accatto, ma per indicare come le periferie siano le vere aree di coltivazione e reclutamento, per spiegarci come la Siria non sia la patria dei terroristi ma solo il luogo del loro addestramento. Oggi ha ancor meno senso di prima la ‘guerra’ occidentale verso le nazioni ‘terroriste’, come fu per l’Iraq o l’Afghanistan. Le risorse di intelligence debbono essere rivolte soprattutto all’interno, e in questo senso la Francia ha fatto davvero una pessima figura: dei quattro non sapeva praticamente nulla, se non che fossero dei delinquentelli. L’assalto di questi giorni ha peraltro chiarito che si è scelta la Francia perché oggi è debole politicamente, socialmente e, persino, nelle risorse di intelligence, spiazzate dalla nuova piega ‘interna’ che sta prendendo il terrorismo jihadista.
Renzi ha detto che stanno attaccando l’identità europea. Ma la domanda è: qual è oggi l’identità europea? Quelli che hanno attaccato la rivista e il supermercato erano europei, di cittadinanza formale e di vita reale. Il loro jihadismo è stato compresso in forme culturali e mediali occidentali. A lungo andare, la guerra al terrorismo rischia di apparire una specie di guerra civile, un fronte interno, e credo che questo esito sia quello voluto dalle centrali estere: è meno costoso e più efficace che scagliare aerei contro dei grattacieli. A Parigi non ci sono state bombe indiscriminate verso la folla, né bombe umane pronte al martirio, piuttosto un atto di guerra verso un obiettivo di guerra, in specie verso un simbolo della libertà d’espressione, compiuto da giovani addestrati a fare i soldati e ad agire come se la capitale francese fosse un teatro di guerra. Prima ce ne rendiamo conto che anche questi sono figli nostri, nostri concittadini, e meglio è. Prima ci rendiamo conto che anche i cinque milioni di musulmani francesi, nonché i tanti uomini e donne che, con le loro culture, sono entrati in Europa in questi anni, sono un pezzo a pieno titolo dell’identità europea, sono europei come noi stanziali, meglio sarà per capire davvero il nostro destino politico e culturale e come difenderci (con efficacia e senza scatenare sciocche emergenze o nuova retorica ideologica) da chi vorrebbe scatenare la morte e la guerriglia nelle nostre strade.
Oggi sembra che l’Europa faccia la guerra a se stessa. L’Europa del 3%, della crisi sociale, dei presidenzialismi striscianti, della crisi di rappresentanza,delle periferie vuote di senso, delle oligarchie finanziarie e politiche, delle banche. Come se fosse una specie di suicidio. Una guerra allo specchio. Altro che Siria.