LA GUERRA È FINITA MA NESSUNO SA COME FARE PER FERMARLA. WASHINGTON HA RAGGIUNTO IL SUO OBIETTIVO. MOSCA e KIEV NO, E NON LO RAGGIUNGERANNO.

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: George Friedman
Fonte: Limes

LA GUERRA È FINITA MA NESSUNO SA COME FARE PER FERMARLA

Il conflitto in Ucraina è di fatto una guerra congelata: Mosca e Kiev annunciano offensive ma conservano le forze per la difesa. Gli errati calcoli di Putin e di Zelens’kyj. Gli Stati Uniti hanno raggiunto i loro obiettivi, ma non possono fermare il sostegno bellico. Il risultato è un pantano politico.

È passato più di un anno e mezzo dall’inizio della guerra in Ucraina. Il conflitto non è andato secondo il piano dei russi, a meno che il Cremlino non avesse previsto di subire perdite ingenti senza trovarsi nella posizione di sconfiggere gli ucraini. Mosca mirava a condurre un breve intervento per annientare l’esercito avversario e la sua volontà di resistere. Sapeva però che, in caso di mancato successo, gli americani avrebbero presto avviato le consegne di armi. E che ciò avrebbe potuto innescare un conflitto prolungato.

L’Ucraina ha difeso la patria, quindi il suo morale è alto. La sua missione consisteva nel costringere i russi a ritirarsi oltre i confini. Nelle prime settimane ha scommesso sull’agilità, impiegando unità relativamente piccole per colpire le forze nemiche in lento movimento. Poi però la Russia si è stabilizzata su postazioni difensive attrezzate con armamenti pesanti. E la strategia ucraina è diventata meno efficace. Nel frattempo, l’afflusso di armi da parte degli Stati Uniti e degli altri paesi Nato ha aumentato le perdite su entrambi i fronti.


Per molti aspetti la guerra russo-americana era diversa da quella russo-ucraina. Il Cremlino temeva che lo schieramento statunitense al confine con l’Ucraina potesse lanciare un attacco su Mosca, distante circa 480 chilometri. Washington, invece, pensava che la caduta di Kiev avrebbe spinto l’esercito russo sul fianco orientale della Nato e riacceso la guerra fredda. Da questo punto di vista il conflitto ha ben poco a che fare con l’Ucraina, se non per il fatto che il paese è stato devastato e sta scivolando in una pericolosa e dolorosa divisione.


Seguendo questa logica, l’invasione è stata una mossa contro gli Stati Uniti. La reazione americana non puntava soltanto ad arrestare l’attacco, ma anche ad avverare il più profondo timore della Russia: osservare le forze ucraine, sostenute da sistemi d’arma statunitensi, avvicinarsi al più sensibile confine della Federazione. Può darsi che né Mosca né Washington volessero arrivare a tanto, ma nessuna delle due poteva escludere che ciò rientrasse nelle intenzioni dell’altra.


Carta di Laura Canali - 2023

Carta di Laura Canali – 2023


È per questo che i russi hanno optato per solidificare la propria posizione. Hanno continuato a lanciare operazioni offensive senza la potenza necessaria per ottenere risultati. Il vero obiettivo è diventato la difesa. Anche gli ucraini hanno sferrato attacchi, trattenendo però gran parte dei soldati per rispondere a un’inaspettata incursione nemica. Sia Mosca sia Kiev hanno annunciato e lanciato operazioni offensive, ma hanno anche conservato forze sufficienti a preservare la difesa. Ne è risultata una sorta di guerra congelata, in cui l’imperativo di mantenere la posizione guadagnata impedisce di raggiungere obiettivi più ambiziosi. Questi conflitti sono soprattutto un pantano politico. Poiché ogni cambiamento è valutato in vista delle conseguenze che potrebbe avere sull’apertura dei colloqui di pace.


Nel calcolo di Zelens’kyj, anche se il sostegno americano non avesse costretto Mosca a rinunciare all’invasione, avrebbe almeno permesso all’Ucraina di contrattaccare su vasta scala. Ma gli Stati Uniti sono impegnati in un conflitto diverso: tenere la Russia lontana dalla Nato. Gli strumenti che sono disposti a consegnare sono sufficienti a tenere i russi a distanza, non a metterli con le spalle al muro.


I russi sono riusciti a evitare che gli Stati Uniti si avvicinassero al loro territorio, ma hanno ottenuto poco altro. Gli ucraini hanno salvaguardato la propria sovranità su buona parte del paese. E gli americani hanno reso una penetrazione russa oltre l’Ucraina altamente improbabile.


Washington ha raggiunto il suo obiettivo. Mosca e Kiev no, e non lo raggiungeranno. Ma non sono state nemmeno sconfitte. Oggi l’Ucraina è un paese diviso, ma abbastanza integro da potersi intestare la vittoria. Lo stesso vale per la Russia, che ha esteso il suo vecchio confine quanto basta per poter rivendicare una vittoria in miniatura. Possono entrambe appellarsi a ragioni umanitarie per porre fine al conflitto.


Ora però i morti piangono. Hanno dato la vita per nient’altro che la finzione di una vittoria, ma nessuna persona razionale considererà questo risultato un oltraggio alla loro memoria. Dopo quasi due anni di difesa e combattimento, è abbastanza chiaro come finirà la guerra. Quanto tempo servirà ai leader per ammettere l’ovvio? Tutti hanno perso. A tempo debito perderanno anche i leader. Solo questo può ritardare l’inevitabile pace.


Carta di Laura Canali - 2023


Alla luce del mio pensiero, molti lettori sostengono che sia giunto il momento di interrompere i finanziamenti statunitensi per le armi destinate all’Ucraina. Trovo questo punto di vista interessante, ma errato. La guerra è in una fase di stallo. Non si è conclusa con una vittoria russa proprio grazie alle armi e al denaro forniti dagli Stati Uniti. Senza questi aiuti, la Russia, un paese molto più dotato dell’Ucraina, avrebbe probabilmente già avuto la meglio.


L’attuale situazione di equilibrio verrebbe meno. E ciò genererebbe un problema molto più grande. Se Mosca riuscisse nel suo intento si troverebbe di fatto al confine con i paesi Nato: Stati baltici, Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania.


Una volta Putin ha detto che la caduta dell’Unione Sovietica è stata un disastro geopolitico. Sono certo che intendesse anche il fatto che i soldati russi non fossero più stanziati nella Germania centrale, dove per molti gelidi inverni si erano contrapposti a un’intera generazione di militari statunitensi. Putin comprendeva l’importanza della profondità strategica per la Russia, andata persa con il crollo dell’impero sovietico e l’affermazione dell’Ucraina quale paese indipendente. Il suo attacco del 24 febbraio 2022 aveva lo scopo di riequilibrare la situazione.


Sospendendo gli aiuti a Kiev, gli Stati Uniti e la Russia si troverebbero di nuovo faccia a faccia, entrambi con il fiato sospeso. Ogni nazione possiede interessi fondamentali. Quello della Russia è avanzare verso ovest attraverso l’Ucraina. Quello degli Stati Uniti è impedirlo. Forse una vittoria russa non avrebbe conseguenze così terribili. Ma gli americani hanno imparato – o dovrebbero aver imparato – ad aspettarsi il peggio e a sperare nel meglio. Può sembrare una disposizione d’animo dispendiosa. Ma quando questo principio è stato ignorato, i risultati sono stati dolorosi.


Nel maggio 1940 la Germania invase la Francia. Gli inglesi avevano chiesto l’aiuto militare degli americani. Negli Stati Uniti c’era però una forte corrente di pensiero, costruita intorno a gruppi come «America First», che non voleva che il paese si lasciasse coinvolgere in guerre che non erano «affar suo». Il presidente Franklin D. Roosevelt offrì alcuni aiuti alla Gran Bretagna, ma non la massiccia assistenza militare o le truppe che avrebbero potuto bloccare i tedeschi. Dal punto di vista di molti americani, il conflitto era lontano e poco importante.


Carta di Laura Canali - 2015

Carta di Laura Canali – 2015


Hitler dichiarò guerra agli Stati Uniti alcuni giorni dopo l’attacco dei giapponesi a Pearl Harbor. Sono state fornite cifre diverse sul numero di americani morti nel teatro europeo durante la seconda guerra mondiale. Le stime variano da circa 200 mila a 400 mila, ma i numeri non sono moralmente significativi. Questa era la strada più dolorosa. Impegnarsi prima nella guerra sarebbe stato prudente e avrebbe risparmiato vite umane, poiché la difesa è meno costosa dell’attacco.


C’è una lezione da trarre: anche se l’America decide di non entrare in un conflitto, ciò non impedisce al conflitto di scoppiare. Gli Stati Uniti non volevano combattere con la Germania, ma Tōkyō attaccò a Pearl Harbor e Berlino dichiarò guerra. L’idea che l’America possa scegliere se fare o no la guerra è un’illusione. Molto spesso è il nemico a fare il primo passo.


Questa verità sfuggiva agli aderenti dell’«America First». Erano contrari alla guerra e alla costruzione di armi che potessero essere viste come ostili. Si opposero così alle spese per la difesa, costringendo gli Stati Uniti a esborsi sensazionali quando scoppiò la guerra.


Gli Stati Uniti possono evitare una grande guerra? Sì, se i russi non si spingono più a ovest. In caso contrario, le opzioni diventano imbracciare le armi o lasciare a Mosca mano libera. E dove dovrebbe agire Washington nel caso peggiore? All’interno dell’Ucraina, per quanto possibile, con l’obiettivo di tenere la Russia distante dal confine occidentale.


Insomma, gli americani dovrebbero combattere direttamente o continuare a finanziare le forze ucraine? La risposta è ovvia. La guerra va combattuta, ma è meglio farlo con armi e denaro che con truppe americane.


Qualsiasi cosa gli Stati Uniti decidano di fare, i russi hanno l’imperativo di ottenere un certo grado di profondità strategica. Potrà essere negoziato se l’Ucraina – con il supporto americano – riuscirà a rimanere indipendente, cosa che sta facendo. In altre parole, la scelta è tra dare soldi agli ucraini o affrontare una Russia più pericolosa perdendo vite umane. Io voto per i soldi.


Limes ha unito due articoli originariamente apparsi su Geopolitical Futures.

Traduzione di Giacomo Mariotto e Giuseppe De Ruvo.

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