Fonte: Il Fatto Quotidiano
La guerra di Zaia a Crisanti: “Lo schiantiamo” – Andrea Crisanti: “Da Zaia intimidazioni. Bisogna togliere la sanità alle Regioni”
Senatore Andrea Crisanti, capisco la sua irritazione nei confronti del presidente del Veneto Luca Zaia. Ma cosa ha fatto di male l’Università di Padova da spingerla ad annunciare le dimissioni da professore in aspettativa?
Nelle carte emerge che alcuni colleghi dell’Università non si sono comportati bene. Non è importante cosa dicono ma per alcuni conta di più avere buoni rapporti con il potere che difendere la libertà della ricerca.
Leggo che alcuni volevano ritirarsi dallo studio che metteva in dubbio l’affidabilità dei test rapidi della Abbott.
Esatto. E non solo. Più in generale, su questa storia farò valere tutti i miei diritti, i miei avvocati stanno valutando se ci sono elementi di rilevanza penale e non voglio farmi condizionare, neanche in maniera involontaria. Ci sono rapporti istituzionali tra l’Università e la Regione, molti finanziamenti, tutti legittimi. Io invece voglio che Zaia risponda di ciò che ha detto e fatto. Non è possibile questo clima di intimidazione, un presidente di Regione che usa i suoi poteri per nuocere a qualcuno. Ho detto alla rettrice Daniela Mapelli che intendo dimettermi ed è dispiaciuta.
Il vostro studio risale all’ottobre del 2020. Quando avete anticipato i risultati alla Regione?
Fummo incaricati a fine settembre di analizzare per un mese, sia con i test rapidi Abbott sia con i molecolari, tutti i pazienti del Pronto soccorso e del reparto di Malattie infettive dell’azienda Ospedale-Università di Padova. Il 21 ottobre comunicammo al direttore generale Luciano Fior i risultati di circa 1.600 pazienti: le prestazioni del test Abbott erano di gran lunga inferiori a quelle dichiarate nel foglio illustrativo. Su 61 positivi al molecolare ben 19 erano sfuggiti all’antigenico. E lui ha risposto che non aveva autorizzato lo studio, poi ha detto che non esisteva lo studio…
La Regione Veneto sostiene che la prima versione dello studio, uscita in preprint a fine marzo 2021, conteneva riferimenti alla mortalità che sono scomparsi nell’articolo pubblicato da Nature Communications ai primi di ottobre 2022. Cosa è cambiato?
La differenza tra la prima e la seconda versione è il modello matematico di Imperial College che dimostra che i tamponi rapidi hanno favorito i contagi. Quella sulla mortalità era solo un’osservazione. Non abbiamo mai scritto che c’era correlazione.
La Regione dice di aver usato i test rapidi in aggiunta e non in sostituzione dei molecolari.
Hanno imposto gli antigenici come screening negli ospedali, questo è il problema.
Quando doveva essere usato quel tipo di test rapido?
Per lo screening solo quando la prevalenza è bassa. Quando invece la prevalenza è alta perché i casi aumentano, come allora, può essere usato per la diagnosi di un sintomatico, o di chi ha avuto contatti, ma non per lo screening. C’era scritto anche nei foglietti illustrativi.
Di lì a poco i test rapidi li hanno usati tutti.
Il Veneto si è fatto capofila.
Lei nell’estate del 2020, prevedendo la seconda ondata, suggerì investimenti per fare fino a 400 mila molecolari al giorno. Invece si aprì il business dei test rapidi e il 15 gennaio 2021 il ministero della Salute li equiparò ai molecolari.
Sì ma per la diagnosi, non per lo screening in ambienti a rischio.
Rischiamo oggi una nuova ondata di Covid? Ci troverebbe preparati?
No, a differenza della Cina noi siamo vaccinati. Ma se continua questa narrativa del governo, secondo cui devono vaccinarsi solo i fragili, da qui un anno e mezzo l’Italia sarà di nuovo vulnerabile. I Pronto soccorso sono al collasso, la sanità dovrebbe ripartire da zero.
Servono più soldi.
Sì ma anche un cambio di mentalità e di governance, la sanità non può dipendere dai presidenti delle Regioni. E con l’autonomia differenziata sarà peggio.
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Veneto 2021, la guerra di Zaia a Crisanti: “Lo schiantiamo”
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Lo studio era disponibile in preprint dalla fine di marzo del 2021, il Fatto ne scrisse già allora. Nell’ottobre 2022, dopo lunga revisione, l’ha pubblicato la prestigiosa rivista Nature Communications. L’esposto della Regione contro Crisanti fu archiviato, anzi la Procura trasmise gli atti alla Procura contabile ipotizzando un danno erariale per i 27 mila euro della parcella del legale che aveva preparato l’esposto.
Report, nella puntata di ieri sera che fa seguito da quella di aprile su questa guerra dei tamponi rapidi, ha dato notizia delle intercettazioni che sono agli atti del processo attualmente in udienza preliminare a Padova contro Roberto Rigoli e Patrizia Simionato, il primo coordinatore delle Microbiologie della Regione Veneto e la seconda direttrice, fino al marzo 2021, dell’Azienda Zero. Sono accusati di falso ideologico per una email in cui Rigoli, alla fine di agosto del 2020, invitava la Regione a comprare quei testi asserendo di aver “provato il kit Abbott su alcuni soggetti e la corrispondenza è sovrapponibiole nella totalità dei campioni esaminati” . In realtà, secondo l’accusa, non aveva provato un bel nulla e Simionato ne era consapevole.
Non c’è dubbio che se il Veneto gestì la prima ondata della pandemia meglio di altre Regioni, fu invece drammaticamente travolto dalla seconda nell’autunno del 2020. Era proprio l’epoca dei test rapidi della Abbott. Report ieri sera ha parlato di 1.600 morti in più in quel periodo, in Veneto, rispetto alla media nazionale. Intervistato, il presidente della Fondazione Gimbe Nino Cartabellotta parla di “un tasso diciamo grezzo di mortalità di 159 per 100.000 abitanti rispetto a quello nazionale di 105”. Ma nessuno studio dimostra una relazione di causa-effetto tra l’uso dei test rapidi per gli screening negli ospedali e nelle Rsa del Veneto e la sovramortalità da Covid.
ZAIA E L’INTERCETTAZIONE SU CRISANTI: «CREDEVO IN LUI. HO USATO UN LINGUAGGIO FORTE, MA LE CARTE DAVANO RAGIONE A NOI»
Marco Cremonesi per www.corriere.it
Presidente, ci aiuti a capire partendo dall’inizio. Quando ha conosciuto Crisanti?
«Direi sette o dieci giorni dopo il 21 febbraio 2020, il giorno in cui è partito il focolaio di Vo’ euganeo. Prima di allora non l’avevo mai incontrato, sentito o conosciuto».
ANTICIPAZIONE DEL SERVIZIO DI REPORT SU ZAIA E CRISANTI 3
Luca Zaia interviene sulla polemica con il microbiologo Andrea Crisanti, oggi senatore del Pd, ma dal settembre del 2019 direttore del laboratorio di microbiologia di Padova. Una polemica che vede sotto inchiesta i dirigenti regionali Patrizia Simionato e Roberto Rigoli per un esposto dello stesso Crisanti.
Ma quindi Crisanti a Vo’ euganeo c’era o non c’era?
«Alla riunione del 21 febbraio 2020, no»».
Ma chi ha deciso, allora in quel caso?
«Io quella sera, sulla base di quel paziente, poi diventato il primo morto in Italia, ho deciso in totale autonomia e contro le linee guida dell’Oms che prevedevano il tampone solo per i sintomatici, di fare il tampone a tutti e 3500 abitanti di Vo’e di chiudere il Comune con la zona rossa».
Se Crisanti allora non c’era, come entra nella vicenda?
«Il professor Crisanti mi chiama dopo una settimana circa, si presenta e mi dice, testuale: “Lei ha creato le condizioni per qualcosa che non esisteva, la chiusura del Comune e i tamponi. Mi finanzierebbe i tamponi a fine quarantena, allora di quindici giorni, che così ci faccio uno studio?”. E io così ho fatto».
E allora, come mai il rapporto si è degradato?
«Parlo con dispiacere di questa vicenda, perché io il professor Crisanti l’ho coinvolto e ci ho creduto, è indubbio che sia un professionista. Il problema è che si sono susseguite polemiche, problemi, una dichiarazioni forti… Il tutto, puntualmente, sui giornali. Il che, piano piano ha deteriorato la serenità nella squadra. Ha anche distribuito ai giornalisti dei messaggi tra me e lui».
Cosa avrebbe dovuto fare?
«Guardi che lui è stato nominato fin da subito nel Comitato tecnico scientifico per il Covid che riunisce i più autorevoli esponenti della sanità, accademici e non. Lui avrebbe potuto benissimo parlare in quella sede. Anche come luogo di confronto».
Crisanti però in più occasioni vi ha accusato di aver fatto troppi tamponi rapidi…
«Mi perdoni. Noi siamo la comunità che più ha fatto tamponi nella storia. Certo, i tamponi molecolari sono il gold standard. Siamo arrivati a farne 23 o 24 mila al giorno, con uno stress altissimo per tutta la macchina».
Ma perché allora avete usato i tamponi rapidi?
«Ora, io dico… Avessimo avuto la possibilità di fare i molecolari per tutti, non c’era questione. In un giorno che prendo a caso, abbiamo fatto 24.832 test molecolari e 164.189 tamponi rapidi. E abbiamo trovato 13.094 positivi. Io dico: se tu hai 10 persone in acqua e solo tre salvagenti, agli altri butti una tanica, una corda, quello che hai… Che poi, attenzione: è quello che hanno fatto tutti».
Mi scusi: ma i tamponi rapidi erano certificati?
«Assolutamente sì, dalle autorità nazionali e internazionali. E sono peraltro quelli che in Italia abbiamo usato tutti».
E la vostra mortalità rispetto alle altre regioni?
«Le rispondo con un articolo del marzo scorso pubblicato sulla prestigiosa rivista Lancet. Ha valutato la mortalità da Covid sul 2020 e 2021: per l’Italia pari 227,4 morti ogni 100mila abitanti. Per il Veneto, 177,5 morti su 100mila, tra i valori più bassi di tutte le Regioni italiane».
Resta che l’intercettazione che la riguarda è antipatica. O no?
«Guardi, io non ho nulla da nascondere e mi rendo responsabile di ogni cosa che dico. Purché contestualizzata. Tra l’altro, io non ero l’intercettato. A noi tutto è stato notificato come eventuale parte offesa».
E non si è arrabbiato perché le conversazioni sono state rese pubbliche?
«Con rassegnazione, devo prendere atto che sono state diffuse intercettazioni che non potevano esser diffuse. In questo paese, ormai la normalità».
Ma quel «stiamo per portarlo allo schianto» che cosa significa?
«Significa che lui sosteneva di essere stato denunciato dalla Regione. Ne è partito un dibattito sui giornali molto importante, che ha coinvolto anche il Senato accademico di Padova. Nonostante noi avessimo detto che non era vero, la polemica proseguiva. E dunque, il linguaggio in una conversazione privata può essere stato un po’ forte, ma significa semplicemente quello: che andando a vedere le carte, il professor Crisanti ci avrebbe dovuto dar ragione. Non era una denuncia».
E perché si è arrabbiato con i dirigenti che hanno precisato che non c’era alcuna denuncia nei confronti di Crisanti?
«Per lo stesso motivo. Se lui andava avanti con il dire che noi lo avevamo denunciato, veniva fuori il problema e si sarebbe visto che non c’era niente. Ma i miei han detto di no, che la denuncia non c’era e dunque tutto si è chiuso».
Alla procura, dunque, avete mandato un esposto?
«Alla procura non abbiamo mandato un esposto, ma credo bancali interi di materiali. Ovviamente non sul professor Crisanti: ogni volta che sorgevano contestazioni o perplessità sulle scelte dei tecnici di sanità pubblica, abbiamo provveduto a informare l’autorità giudiziaria delle fonti scientifiche a supporto delle scelte. E questo è accaduto sin dal febbraio 2020».