Fonte: eddyburg
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Azione dei poteri finanziari a strangolare l’Europa dei popoli, ancora in fasce. Piccola pausa, ma la lotta per un futuro umano è persa se il popolo non fa sentire la sua voce. Anna Maria Merlo e Pavlos Nerantzis, il manifesto, 21 febbraio 2015
UN ACCORDO TEMPORANEO
di Anna Maria Merlo
Eurogruppo . Intesa minima, per evitare un Grexident (un Grexit non voluto e programmato). Entro lunedi’ Atene deve precisare gli impegni, giudicati troppo evasivi dai partner, Germania e alleati di ferro in testa, nella lettera di Varoufakis. Schäuble tentato della “lezione” ai trasgressori (Italia e Francia), utilizzando la Grecia come capro espiatorio
C’è un progetto di accordo all’Eurogruppo, un testo breve, che ha lo scopo di chiarire le differenze di interpretazione sulla crisi, che hanno portato allo scontro tra la Grecia, oggettivamente isolata sulla questione del «rispetto degli impegni presi», e i suoi 18 partner della zona euro: la Grecia deve presentare entro lunedì delle precisazioni. L’ipotesi di compromesso ha l’obiettivo di proteggere l’euro non tanto da un Grexit, che tutti escludono a parole, ma da un Grexident, cioè da un incidente che potrebbe arrivare senza che nessuno l’abbia veramente voluto o preparato. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha escluso ieri sera la convocazione di un vertice straordinario Ue domenica, ma si è detto pronto a convocarlo se necessario, come ha chiesto Tsipras.
Il testo, che dovrebbe servire da base per un prolungamento di quattro mesi del piano di aiuti alla Grecia, è stato redatto ai margini dell’Eurogruppo, prima che la riunione dei 19 ministri delle finanze della zona euro si aprisse (con un’ora e mezzo di ritardo). E’ il frutto dei numerosi incontri bilaterali del pomeriggio a Bruxelles, il più importante dei quali è stato quello tra i due nemici, Wolfgang Schäuble e Yanis Varoufakis, che tutto divide. I due ministri si sono visti grazie alla mediazione dell’Fmi e di Christine Lagarde, oltreché del commissario Pierre Moscovici.
Per Schäuble, che la vigilia aveva respinto al mittente la lettera di Varoufakis, giudicata «insufficiente», il punto principale «non sono le regole – ha ammesso nell’incontro con il ministro portoghese, Maria Luis Albuberque – ma la fiducia reciproca, chi distrugge la fiducia distrugge l’Europa». La Germania non ha digerito gli attacchi sul nazismo e la richiesta di versare le riparazioni di guerra. Varoufakis, che non conosce la diplomazia, ha affrontato Schäuble dicendo: «Lei non ha il monopolio dell’Europa». Tra i partner meno schierati con la Germania c’è persino il sospetto che Schäuble cerchi di dare una «lezione» a Italia e Francia attraverso la «punizione» della Grecia (trovando alleati in Spagna e Portogallo, dove i governi conservatori temono Podemos – esiste anche una versione portoghese — nel caso di un successo delle richieste di Syriza)? Ha l’appoggio di Jens Weidmann, presidente della Bundenbank: «La lettera è completamente vaga e la comunicazione greca è del tutto diversa a seconda del periodo e dei destinatari».
La giornata è stata intensa, con voci incontrollate (persino quella che Schäuble avesse respinto le proposte greche sulla base di un testo falso, che non era la lettera di Varoufakis). La vigilia c’erano state varie telefonate, Merkel e Hollande con Tsipras (50 minuti per la cancelliera tedesca), Merkel con Renzi, ieri Merkel era a pranzo all’Eliseo con Hollande (ma nell’incontro off con i giornalisti, l’Eliseo si è rifiutato di parlare della Grecia, tanto l’argomento era bollente e la divisione franco-tedesca forte sulla questione). La Commissione ha cercato la mediazione. Per Bruxelles, un «accordo è possibile nel prossimo futuro se tutti si mostrano ragionevoli». Per la Commissione ci sono «discussioni costruttive in corso», anche se, ha precisato il portavoce nel pomeriggio, «non ci siamo ancora».
Jeroen Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo con cui Varoufakis si è scontrato duramente lunendì scorso, è arrivato alla riunione convinto che ci siano «ragioni di essere ottimisti», anche se il negoziato è «molto difficile».
Lo scontro resta sempre lo stesso: la Grecia ha fatto molte concessioni, ha accettato l’«estensione» del piano attuale per sei mesi, per avere il tempo di preparare un «nuovo contratto», per Tsipras «è arrivato il momento di una decisione politica storica per l’avvenire dell’Europa», ma per i partner difensori del risanamento dei conti, Atene deve dare delle «garanzie». Quelle date finora, a cominciare dal rispetto di un bilancio in eccedenza, non sembrano bastare. E queste «garanzie» erano scritte nero su bianco nel Memorandum, che Varoufakis non menziona nella sua lettera e sul cui rigetto Syriza ha vinto le elezioni. La Grecia ha cercato un accordo politico, la Ue ha risposto rimandando agli accordi «tecnici» e al loro rispetto. Merkel ha difatti sottolineato a Parigi che «c’è un gran numero di questioni tecniche da regolare». François Hollande accetta più di Merkel di mettere la questione greca sul piano politico: «Non c’è uno scenario di uscita della Grecia dall’euro» ha ancora ripetuto ieri. Anche la Spagna è su questa posizione: «l’integrità della zona euro è un valore fondamentale», ha affermato il ministro Luis De Guindos.
La Germania ha mandato avanti i suoi alleati di ferro ieri. Il Portogallo ha fatto sapere che rifiuta nuovi prestiti alla Grecia senza condizioni. Per Maris Lauri, responsabile delle finanze dell’Estonia, un Grexit avrebbe «un debole impatto sull’euro» (lo dicono anche l’agenzia di rating S&P e l’istituto di congiuntura tedesco Ifo). Il ministro Janis Reir, della Lettonia, ha affermato che «attendiamo documenti chiari e comprensibili dalla Grecia». Il primo ministro slovacco, Robert Fico, non vuole più versare aiuti alla Grecia.
di Pavlos Nerantzis
Alle 7.30 di ieri sera dal Megaro Maximou, sede del governo greco, è arrivata la buona notizia: «Sembra ci sia un accordo alla riunione dell’Eurogruppo». Il contenuto non era ancora noto, molti i dubbi, — la riunione di Bruxelles era ancora in corso-, ma la soddisfazione era già evidente.
Alexis Tsipras, intanto, aveva preannunciato poche ore prima che nel caso che le cose sarebbero andate male, «noi chiederemo immediatamente un vertice dell’Ue per domenica prossima». Su questo almeno sembra che Berlino fosse d’ accordo.
Due ore più tardi non era ancora chiaro se Atene insisteva sul vertice e l’attenzione si era spostata sul tipo delle riforme che saranno promosse in base all’accordo – a questo proposito fonti governative dicono che entro lunedì prossimo ci sarà una lista -, e sulle misure unilaterali che il governo greco potrà – o non potrà — applicare per far fronte alla crisi umanitaria.
Si realizzerano per esempio le nuove misure annunciate ieri dal vice ministro dell’economia, Nadia Valavani, che permetteranno ai cittadini che hanno accumulato debiti verso lo stato di poter regolarizzare la loro posizione ricorrendo sino a cento rate mensili? Oppure saranno blocatte dai creditori internazionali? «Nel momento in cui non aggravano il bilancio dello stato, la risposta è positiva» affermano i ministri di Syriza, senza aspettare i dettagli dell’ accordo all’Eurogruppo.
Intanto cresce il dibattito sull’arroganza dimostrata dalla Germania: «Noi abbiamo fatto tutto quello che era possibile… Bisogna che ciascuno si prenda le proprie responsabilità», aveva commentato poche ore prima della riunione dell’Eurogruppo il vice-premier greco, Yanis Dragasakis, responsabile della politica economica del nuovo esecutivo.
Atene di fronte all’ultimatum dei suoi partner e al pericolo di un tracollo finanziario – le ultime settimane sono state critiche per l’economia — ha voluto fare un passo indietro per ottenere un compromesso «dignitoso». Il governo «ha gettato acqua nel suo vino», come si dice in Grecia quando qualcuno fa un compromesso. Si è reso conto che Berlino lo trascinava in un negoziato senza fine con l’obiettivo di indebolire il suo potere contrattuale. Più si avvicinava il 28 febbraio, più la posizione di Atene si sarebbe indebolita. Ecco perché Tsipras ha deciso di chiudere a tutti i costi il negoziato nella riunione di ieri. Il ministro delle Finanze greco aveva chiesto un emendamento dell’attuale programma, poi, invece, ha proposto un’estensione di sei mesi. Del programma nella sua totalità, come vorrebbero Berlino e altri partner europei? No di certo. Varoufakis ha chiesto l’estensione del Master Financial Assistance Facility Agreement, il termine legale con cui viene definito l’attuale programma economico, il memorandum, che scade il 28 febbraio, senza associarlo alle misure specifiche di austerity. A scadere è l’accordo di finanziamento, non le condizioni ad esso associate, fanno notare fonti di Bruxelles. Non si tratta quindi come è stato scritto di una guerra di parole, è una questione di sostanza.
Atene, inoltre, aveva chiesto un forte hair-cut del debito pubblico, perché insostenibile (180% del Pil), il dimezzamento dell’obiettivo dell’ avanzo primario (dal 4% al 1,5% per il 2015) in modo da «ottenere un po’ di soldi» e far fronte alla crisi umanitaria, la sostituzione del dialogo tra i rappresentanti della troika (Fmi, Ue, Bce) e i ministri greci con una supervisione politica, ovvero con un dialogo tra il governo e le istituzioni europee.
Nella sua lettera all’Eurogruppo Varoufakis lascia da parte per ora la richiesta di ridurre il debito, dice semplicemente che dovrà essere sostenibile, parla in modo generico della necessità di ridurre l’obiettivo dell’avanzo primario, accetterebbe il monitoraggio delle istituzioni internazionali, promette di puntare al risanamento del bilancio, mette l’accento sulla lotta all’evasione fiscale, promette di non prendere misure unilaterali.
«Un segnale positivo» in vista di «un compromesso ragionevole» ha definito la richiesta greca il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker. Stesso sostegno indiretto anche da Roma e da Parigi. Quello forse che non è noto è il fatto che la lettera con la richiesta di Atene era il frutto di una strettissima collaborazione tra la Commissione europea e il governo di Syriza in vista della riunione decisiva. Sembra quindi che da parte dei creditori internazionali c’è la volontà di essere flessibili, di dare tempo e spazio ad Atene e il suo neo-governo di organizzare il suo piano di risanamento.
Berlino e lo schieramento degli «irriducibili», invece, ciascuno per motivi diversi, sono stati categorici dietro al nein tedesco. Temono l’eventualità di un contagio delle idee “sovversive” greche per i paesi che hanno subito l’austerity. Berlino vorrebbe schiacciare Atene. Se ci riuscirà si vedrà presto, dal contenuto dell’accordo.