La funzione dello Stato popolare europeo

per tonigaeta
Autore originale del testo: Antonio Gaeta

di Antonio Gaeta 18 febbraio 2015

Leggevo dell’ulteriore avvicinamento del governo ungherese di Viktor Orbàn a quello russo di Vladimir Putin. L’occasione é stata offerta dal rinnovo contrattuale delle forniture di gas, per l’approvvigionamento energetico della Repubblica Ungherese
Detta circostanza alimenta ancor di più il dibattito sui pregi e difetti delle democrazie di stampo liberale e di quelle autoritarie, in cui lo Stato esercita maggiori poteri non solo sui cittadini ma anche sulle grandi e piccole imprese.
Il dibattito non é nuovo. Tuttavia, ha assunto nuovi spunti di riflessione, dopo l’esito del voto alle Elezioni del Parlamento europeo di Strasburgo, con cui abbiamo visto avanzare nuove forze politiche che, sia pur in modo assai diverso e confuso, tuttavia al pari di quelle tradizionalmente nazionaliste, si oppongono al modello delle democrazie cosiddette “liberali”. Quest’ultime sono allo stesso tempo il risultato storico degli accadimenti in Europa Occidentale, succedutisi dopo la Rivoluzione Francese, fino ai giorni nostri.
Già nel corso della 1′ metà del XIX secolo, il modello napoleonico costituì l’alternativa alla democrazia rappresentativa, già sostenuta dalle sempre più potenti borghesie francese e statunitense. Quella in stile napoleonico costituì una forma statale di stampo nazionalistico, che non disdegnava grandezze di tipo imperiale, pur contrastando le aristocrazie terriere ovvero risucchiandole negli ingranaggi della 1′ forma di capitalismo: quello agrario.
Fin da allora il modello statale nazionalistico fece forte affidamento sulle classi rurali, liberate dalla schiavitù nei confronti delle aristocrazie terriere e ancora oggi la sua ideologia si fonda sul concetto di stretta interdipendenza tra stato, popolo e relativo territorio.
Molti commentatori delle vicende belliche scoppiante nel Donbas non potranno mai comprendere che l’identificazione con il territorio é profondamente radicata nella cultura del popolo russo e nessuna “illuminazione” liberale può sradicarlo, perché l’ideologia liberale ha come prevalente riferimento le “sorti progressive” delle grandi ricchezze: ovvero il risultato dei sempre più vasti sfruttamenti territoriali, della produzione in larga e piccola scala da parte della forza-lavoro insita nelle relative popolazioni, noché delle capacità intellettive dei loro figli e nipoti migliori, finalizzate a nuova accumulazione di ricchezza.
Il motivo per cui il premier nazionalistico ungherese Viktor Orbàn é molto vicino a Vladimir Putin sta nella profonda ammirazione per le capacità del leader russo di tenere insieme i vasti territori (e relative popolazioni), su cui si fonda la Federazione Russa.
Una democrazia più liberale, voluta e sostenuta dagli USA ai tempi del colpo di stato di Boris Jeltsin ai danni dell’innovatore Michail Gorbaciov, non avrebbe né saputo né potuto fare meglio di ciò che ha fatto Vladimir Putin, in termini di coesione della nazione russa.
In altre parole, il Capitalismo, sebbene sorretto dalle oligarchie a Est come a Ovest, troverebbe nello Stato autoritario uno strumento di coercizione alla mediazione: anche nei confronti delle popolazioni, dei cui diritti sociali e civili le “democrazie liberali” della UE stanno dimostrando non avere alcuna considerazione.
Ciò che accade in ambito UE rispetto alla Grecia, nel confronto tra i cultori dell’ideologia liberista rispetto alla gestione delle ricchezze pubbliche e private greche, costituisce la dimostrazione dell’impossibilità da parte dei tecnici e degli statisti, appartenenti alla stessa formazione liberista, di comprendere il prevalere dei diritti delle popolazioni e dei loro beni comuni su ogni gestione puramente contabile delle ricchezze: ovvero escludente il produttore.
In altri termini, i capi e cultori delle democrazie liberali cancellano un passaggio storico di fondamentale importanza per comprendere il presente e le ragioni dei popoli che fanno la propria Storia: quello dell’espropriazione dei beni comuni, avvenuta (e perpetuata fino ai giorni nosti) ad opera dei più spregiudicati tra i rampolli delle borghesie occidentali, grazie all’occupazione dello Stato non più aristocratico.
Non a caso Karl Marx riuscì a comprendere molto bene i percorsi che caratterizzarono le prime forme di accumulazine capitalistica: quella definita “originaria”, cui sono seguite altre forme, aventi tutte le medesime finalità. Ha fatto bene Alberto Burgio a scrivere su ‘Il Manifesto’ del 17.02.2015 circa il trasformismo delle classi dirigenti. Egli ha ricordato che Antonio Gramsci definì tale fenomeno come “un aspetto della funzione di dominio”, esercitata a favore dei possessori dei grandi capitali.
Infatti, lo stesso A. Gramsci nei ‘Quaderni dal Carcere’ insiste sulla rilevanza del trasformismo nel percorso risorgimentale italiano. “Attraverso il trasformismo – egli scrisse – i moderati guidati da Cavour diressero i democratici di Mazzini e Garibaldi, imprimendo al Risorgimento un’impronta oligarchica, conservatrice e antipopolare, anche grazie all’assorbimento degli elementi attivi, provenienti dalle classi giudicate “nemiche” dai grandi capitalisti terrieri e dai primi capitalisti industriali.
Questo ci riporta al dibattito sulle preferenze sulla natura dello Stato: a) nazionalistico ovvero più autoritario e partenalistico (e per questo non troppo distante dalle necessità vitali dei cittadini protetti) oppure b) più ‘democratico’ ovvero formalmente rappresentativo di tutte le istanze della popolazione, ma in pratica soggetto ad ogni tipo di trasformismo da parte degli “eletti dal popolo”, i quali troppo speso rincorrono i favori dei grandi capitalisti.
Non che nello stato di tipo nazionalistico non esistano i potenti oligarghi. Tuttavia, essi sono costretti a raggiungere intese che salvaguardino comunque la popolazione, anche a costo di fare guerre contro altri nazionalismi. E’ quello cui stiamo assistendo in Ucraina !
Tuttavia, la vittoria di Syriza nelle recenti elezioni politiche svoltesi in Grecia ha riportato a galla le verità marxiste, che ricordano a tutti noi chi sono i veri produttori della ricchezza e, quindi, chi devono essere i beneficiari: ovvero le popolazioni inquadrate nelle diverse forme produttive.
Per il totale rispetto del popolo lavoratore uno Stato moderno ha il dovere di privilegiare il carattere pubblico e inalienabile dei “beni comuni”, che sono soprattutto lo spazio aereo non inquinato (fonte di vita salubre), come pure le falde acquifere, i mari, i laghi e i fiumi, le foreste, nonché tutto il sottosuolo.
Sotto questo aspetto, nel totale disprezzo dei trattati internazionali, in base ai quali é stata fondata l’Unione Europea, il trasformismo delle classi dirigenti europee ha visto il pericolo, costituito dalla volontà popolare greca di riappropriazione dei propri diritti a vivere nel benessere garantito dal proprio territorio, oggetto di speculazioni di ogni tipo da parte delle elite di magnati, soprattutto germanici.
Questa esproriazione, avvenuta mediante la gestione speculativa della moneta (fondata sulle annesse e connesse politiche economiche liberiste a senso unico), ha privato lo Stato e la popolazione della Grecia dell’autorità sul loro territorio. Gli strumenti adoperati da altri Stati “democratici” sono il FMI e la BCE, che rispondono a logiche bancarie, adatte per depredare le ricchezze di cui dispongono i “debitori”. In questo modo la banche che hanno avuto l’opportunità di prestare denaro possono essere risarcite e, quindi, possono compensare i grandi capitalisti che le rendono operative, permettendo loro di ingigantire le rendite finanziarie, grazie alle risorse estorte al popolo greco.
Questa follia distruttiva e fagocitatrice di risorse umane andava e va fermata ! Occorre pretendere che lo Stato sia al servizio della popolazione e non diventi in forma “democratica” o “autoritaria” lo strumento con cui gli oligarchi si appropriano di tutte le ricchezze che fruttano le risorse umane !

Antonio Gaeta

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