di Alfredo Morganti – 28 giugno 2016
Renzi tifava Brexit, mi sa. Perché, non appena ha intravisto i risultati finali del referendum britannico, ha subito iniziato a dichiarare che, ok, Londra ormai se n’è andata, pazienza, stavolta è andata così. E che adesso bisognava guardare la questione dal lato positivo, ossia dal verso delle nuove opportunità per l’Italia. Capite? Si è fatto spazio davanti, si sono liberate poltrone, non c’è bisogno di aggiungere posti a tavola, si sono già liberati da soli! Di qui la deduzione renziana, che ci riferisce il Corsera: l’Italia “è più forte e può contare di più”. Il premier non dice e non pensa: l’Europa è più debole se uno Stato membro delle dimensioni britanniche se ne distacca, no. Dice: l’Italia è più forte, perché si è liberato un buco. Mentre faceva queste dichiarazioni, il suo staff stava già comprando biglietti aerei a mazzetti per cominciare a solcare in lungo e largo l’Europa, con la rigida esclusione del Regno Unito, che, ahimè, purtroppo, se n’era andato.
Ora, se il ragionamento è questo, il suo sviluppo porta a queste conseguenze: più se ne vanno dall’Europa, più l’Italia è forte. Più l’Europa perde pezzi, più l’Italia si posiziona meglio, conquistando le prime file. Più viene a mancare il terreno sotto i piedi a tutti, più Renzi quasi ne gode. Normalmente la forza nasce per addizione e aggiunte successive: a energia si aggiunge energia, a potenza nuova potenza. No, il renzismo è più furbo e sparagnino: ottiene forza per sottrazione altrui. Non si cresce, ma ci si giova della debolezza altrui. E poco male se sia anche la più generale debolezza europea a ingenerare forza relativa al nostro Paese e al titolare attuale del governo italiano. D’altronde si vive di paradossi: io sono fermo, anzi arretro, ma c’è chi arretra di più, anzi si scansa proprio, e quello che sta dietro, che arretra a sua volta, si trova senza sforzo più vicino al palco dove sta recitando da protagonista la Merkel. E così il suo caldo applauso verso di lei si sente di più.
Poco importa che fuori al teatro ci siano italiani (ed europei) che chiedono conto, che hanno perduto la rappresentanza politica, che votano contro o nemmeno votano più. Le grida o le ragioni di costoro non scuotono di pezza il premier intento a scalare posti in avanti. Anzi, lui non si preoccupa, ha già la soluzione in tasca, l’Italicum, che dà lo scettro a qualche forza minoritaria nel Paese, ma che diviene maggioritaria in Parlamento in virtù del premio. E mette così a tacere le grida di chi resta fuori dai giochi. La governabilità, insomma. Che assegna la forza a chi non ne ha. Anche qui si tratta di una forza per sottrazione, non per aggiunta: togliere rappresentanza per togliere potenza a chi sta fuori e conferirne, invece, a quelli che scalano posti all’interno del teatro del potere. Renzi non sa, o finge di non sapere, che la Brexit è stata proprio questo: la rivolta degli sconfitti contro i presunti vincenti, della periferia contro il centro, dei marginali contro i cosmopoliti, degli operai di Sunderland contro i Londoners. Non sa, o finge di non sapere, che non è ‘ritoccando’ la rappresentanza parlamentare che si risolve il problema. Non è sottraendo forza che se ne assume per davvero di propria! Prima o poi qualcuno chiede conto. Qualcuno di quelli che sta pagando i vantaggi altrui. E chi sta fuori irrompe e prende per sé le poltrone del teatro, invitando i vecchi occupanti a sloggiare.