Fonte: ristretti.org
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di Curzio Maltese, La Repubblica, 27 ottobre 2017
Non esiste argomento al mondo capace di convincermi che questo aprire le fogne in Rete e lasciar emergere un guano di rancori, insulti e deliri assortiti, spacciati per “commenti”, questo grufolare di anonimi isterici che tocca sopportare per il profitto di un Gates o Zuckerberg, si possano considerare “libertà d’opinione”.
Quale libertà? Quali opinioni? Siamo seri. È la rivoluzione libertaria del web e non puoi farci nulla, dicono. Sciocchezze. Qualsiasi media tradizionale avrebbe potuto fare altrettanto e qualcuno l’ha sperimentato. Sono abbastanza vecchio da ricordare i microfoni aperti di Radio Radicale, un minuto di rutto libero contro donne, soprattutto donne, meridionali – allora c’erano pochi stranieri – omosessuali, neri, avversari politici e anche vicini di casa. Nei giornali avremmo potuto pubblicare lettere anonime di lettori grondanti di diffamazioni, magari selezionando quelle contro gli avversari, ma per fortuna è proibito dalla legge.
Sul web invece è incoraggiato. La versione ufficiale per i gonzi è che la Rete nasce totalmente libera e aperta a tutti: qualsiasi limite, fosse pure per proteggere i deboli e le vittime, costituirebbe una censura.
Una versione per teste pensanti è questa. La Rete è uno strumento potentissimo ormai in mano a un pugno di padroni, Google, Facebook, Amazon e poco altro, i quali attraverso un colossale lobbismo riescono a ottenere dalla politica uno status di intoccabili, si tratti di rispondere di quanto pubblicano, rispettare i tetti pubblicitari e le norme antitrust, oppure di pagare le tasse. I cittadini dovrebbero ribellarsi e reclamare regole contro questa falsa libertà.
Forse bisognerebbe andare anche oltre e rendere pubblico il web, sotto controllo democratico. Perché non c’è nessuna libertà nell’operazione calata dall’alto di distruggere il discorso pubblico, utile a formare un’opinione indipendente e alla ricerca dell’interesse generale, con un paio di surrogati alla moda e del tutto innocui per il potere.
Da un lato, lo snaturamento di ogni dibattito in una pura competizione fra portatori d’interessi; dall’altro, la discussione fra cittadini ridotta a sfogatoio dei peggiori istinti. È la stessa logica che restringe lo spazio democratico alla scelta elettorale fra partiti di sistema che adottano le stesse politiche, con etichette ora di destra o di sinistra; oppure l’adesione a un antisistema che non offre una visione alternativa di società, ma si limita a fantasticare vendette ed epurazioni. I commenti sul web sono l’esercizio quotidiano, consentito dall’alto, di questa simulazione di democrazia alla perenne ricerca di un capro espiatorio; la profezia realizzata dei “due minuti di odio” di George Orwell in 1984.