La fine del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)

per mino dentizzi
Autore originale del testo: MINO DENTIZZI

La fine del Servizio Sanitario Nazionale (SSN)

Luigi Devoto, medico, ritenuto il fondatore a livello mondiale della moderna medicina del lavoro, nel 1903, invitava i medici a non restare ‘indifferenti a tutto quello che si svolge fuori dalle pareti dei vostri ospedali’. Come medico non posso, dunque, fingere di non vedere che la definitiva approvazione della legge sull’autonomia differenziata la quale, affidando nuove autonomie alle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, determinerà un impatto negativo sulla salvaguardia dei diritti delle persone specie di quelle più fragili e vulnerabili.

Il diritto alle cure era già stato intaccato dalla riforma costituzionale dei 2001: riforma che ha aperto la strada alla creazione di 21 diversi sistemi sanitari regionali con evidenti e rilevanti fratture strutturali Nord-Sud che hanno compromesso la qualità dei servizi, l’equità nell’accesso alle prestazioni, le aspettative di vita alla nascita e alimentato imponenti flussi di mobilità sanitaria come evidenziato dalla Fondazione GIMBE nel Report ‘L’autonomia differenziata in sanità’,  sebbene siano stati approvati i livelli essenziali di assistenza (LEA ) prevedendo il loro monitoraggio periodico a livello centrale.

Questa nuova riforma è stata richiesta a gran voce proprio da quelle Regioni del Nord Italia che hanno i più elevati livelli di performance sanitaria, ma quello che stupisce è che i presidenti delle Regioni meridionali governate dal Centro-Destra in piano di rientro, se non addirittura in commissariamento, si siano dichiarate favorevoli alla legge Calderoli che, sicuramente, acuirà le disuguaglianze, farà collassare i sistemi sanitari delle Regioni del Sud ed impoverirà ulteriormente il Mezzogiorno per la mancata redistribuzione del gettito fiscale.

Già oggi il divario è molto forte: Lo Stato spende per un cittadino del Centro-Nord 17.621 Euro, mentre per un cittadino meridionale 13.613 Euro. Pertanto, se lo Stato volesse spendere la stessa cifra pro capite senza togliere risorse al Nord, dovrebbe mettere a bilancio circa 80 miliardi in più per il Sud.

Certo, ancora non sappiamo quali saranno i nuovi livelli essenziali delle prestazioni (LEP) che dovranno definire il nuovo target delle attività che dovranno essere erogate su tutto il territorio nazionale. Ma in che modo potranno essere risolte le disuguaglianze territoriali già laceranti senza definire, finanziare e garantire in maniera uniforme i nuovi LEP ammesso e non concesso che, per la tutela della salute, essi siano individuabili nei LEA?  Se è vero, come è purtroppo vero, che già oggi sono molte le regioni incapaci di garantire i LEA e che si troveranno in ulteriore imbarazzo a causa del minor introito finanziario proveniente dalla fiscalità generale. E meno male che tutte le azioni del Piano nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) erano finalizzate a perseguire il riequilibrio territoriale tra le Regioni ricche e quelle povere perché, in caso contrario, chissà cosa poteva realmente accadere. 

Con questa legge si dà una definitiva spallata ai principi informatori della riforma sanitaria e dei pilastri fondamentali su cui si regge il Servizio sanitario nazionale. Salterà, infatti, il principio di universalità e di equità e salteranno, parallelamente, quegli ulteriori principi costituzionali di cui si fa garante l’art. 3 della Costituzione che riconosce a tutti i cittadini pari dignità sociale e l’uguaglianza davanti alla legge. L’autonomia differenziata si trasformerà, così, in un’autonomia delle disuguaglianze che rinforzerà lo spacco in due il nostro Paese, che darà il colpo di grazia ai principi informatori con cui si è definito il perimetro del diritto (non certo a caso ‘fondamentale’) alla salute di cui parla l’art. 32 Cost. nell’interesse del singolo e della collettività e che rinforzerà ulteriormente il ricorso ai servizi offerto dalla sanità privata. Come possiamo restare indifferenti a questo cambiamento di scenario?

Mino Dentizzi

 

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