Autore originale del testo: Alfredo Morganti
La destra alza e alzerà la voce. A brigante, brigante e mezzo.
Salvini comincia a essere già molto insofferente verso la gestione della pandemia. Dice che si stanno terrorizzando le persone e che il Cts cambierebbe posizione ogni settimana, creando confusione. Era normale che accadesse. La lega e i nordisti stanno lì per curare gli interesse aziendali dei loro referenti sociali, mica per combattere il virus. Anzi. Lo dico spesso: il fronte è quasi tutto dentro il governo, traversa l’esecutivo e non ha senso starsene fuori a testimoniare alcunché. Questa contraddizione tra forze politiche si sovrappone, peraltro, a quello già forte tra tecnica e politica, creando una bella confusione, che Draghi faticherà a tenere a bada. Non bisogna mangiare pop corn, quindi, ma rimboccarsi le maniche. Non andrebbe nemmeno detto, tanto è palese.
La divisione dei compiti (ai tecnici pensa Draghi, ai politici ci pensa Iddio) non può funzionare. Tanto più se queste tensioni diverranno sempre più intense, in una sorta di clima elettorale anticipato. La sinistra non se ne stia con le mani in mano. Non si tiri indietro. Faccia opposizione nel governo, se servisse, con la stesse virulenza e la stessa foga messa dalla destra, con lo stesso metodo scelto dai filibustieri. La parte dei responsabili va benissimo, è la nostra sigla da decenni, ma non può confondersi con quella dei fessi. Quindi, Speranza va coperto, va difeso, va tutelato dagli attacchi che subirà, anche sfacciati.
La gestione della pandemia deve essere ferma e integrale. Il Recovery non può essere un fiume in piena che scorre solo verso il Nord, verso le imprese, verso i privati, verso i clientes, verso investimenti che assumono la sostanza di elargizioni ai padroni, ai padroncini e ai loro scagnozzetti. Veniamo da una sconfitta dolorosa, quasi definitiva. La caduta di Conte è stata uno smacco che grida vendetta. Da qui si riparte per stare sul pezzo, posizionati direttamente sul fronte di governo, non per allontanarsene timorosi di perdere una purezza politica che, francamente, non c’è più.
