La desistenza. Quella strana aria attorno alle liste di Forza Italia

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alessandro De Angelis
Fonte: huffingtonpost

di Alessandro De Angelis – 29 gennaio 2018

C’è una strana aria di detente, direbbero gli anglosassoni, ovvero di desistenza, attorno alle liste di Forza Italia. Desistenza nei confronti del Pd, in alcune sfide chiave. E più in generale un clima poco competitivo nei confronti del Pd: un “non facciamoci del male” oggi, in vista di un eventuale Nazareno domani. Sono lontani i tempi dei comizi di Berlusconi che atterrava con l’elicottero a Gallipoli chiamando alla grande “cacciata” di D’Alema dal Parlamento. Ma anche nelle elezioni successive non era mai successo che contro i leader della sinistra venissero candidati innocui carneadi.

 Stavolta invece contro Paolo Gentiloni, al collegio di Roma 1, sarà candidato, in quota quarta gamba Luciano Ciocchetti. Per carità, un certo radicamento ce l’ha, ma con tutto il rispetto non è propriamente classificabile nella casella dei big che impensieriscono. L’alternativa, fino a ieri, era Paola Binetti. Ecco: è difficile non vedere nella scelta un modo per sdrammatizzare il conflitto in generale, ma anche un modo per tutelare l’integrità del premier uscente in vista del dopo, quel “Gentiloni dopo Gentiloni” per cui tifa apertamente l’azienda e, diciamoci la verità, gran parte del mondo berlusconiano. Anche se dovesse perdere a Roma, Gentiloni verrebbe eletto da qualche altra parte, ma, insomma, sarebbe un po’ più azzoppato, meno integro, al momento del great game posto voto. Contro Renzi a Firenze, il collegio è in quota Lega, e sarà candidato l’economista no euro Claudio Borghi. Contro “l’amico Pier” invece a Bologna Forza Italia ha indicato una signora dal nome Elisabetta Brunelli. Sfide che non hanno neanche un decimo del pathos rispetto a quelle che, negli stessi collegi, vanno in scena a sinistra.

Nell’ambito di questo clima in cui è tutelato il presidente uscente della commissione banche, rientra l’esclusione, inaspettata, dalle liste del Lazio di Andrea Augello, il grande accusatore della Boschi in commissione e regista dell’audizione di Ghizzoni. Una esclusione ancora tutta da raccontare. Perché c’è qualcosa che non torna. Augello, fino a venerdì, era certo di essere “dentro”, stava raccogliendo firme, aveva garanzie, essendo uno dei principali portatori di voti nel Lazio, e non da oggi. Poi, d’un tratto, il tratto di penna che lo ha depennato. Nel Lazio le liste sono compilate dal duo Antonio Tajani e Lorenzo Cesa, che è riuscito a candidare candidato il suo segretario a Velletri, ma per far fuori uno di peso servono motivazioni pesante. Anche perché, raccontano i ben informati, al tavolo delle liste si sono schierati a difesa di Augello i due capigruppo, Paolo Romani e Renato Brunetta.

 A pensar male si fa peccato, ma certe volte ci si indovina. I più maliziosi vedono nell’operazione un chiaro segnale nazarenico, arrivato da “più in alto di Tajani”, perché così come sono stati normalizzati i gruppi del Pd, trasformato in partito di Renzi, una speculare operazione è in atto in Forza Italia. A ben vedere le liste c’è molta nomenklatura, già eletta col Porcellum, un po’ di azienda da Galliani a Mulé a Pasquale Cannatelli (vicepresidente di Fininvest), tutto l’apparato politico comunicativo di Arcore, da Giacomoni a Licia Ronzulli a Valentino Valentini. Liste di fedelissimi, senza pesanti amministratori di territorio legati anche a Salvini che avrebbero difficoltà a rompere con la Lega per paura perdere voti. Pensate che oltre a una vecchia conoscenza come Lella Golfo, ex parlamentare e fondatrice della Fondazione Bellisario, torna anche Stefania Craxi che fece parte del governo Berlusconi nella legislatura 2001-2006. Tra i nomi dati per certi anche Arturo Diaconale, consigliere di amministrazione Rai, che potrebbe coronare un sogno che coltiva dal ’96 quando, candidato con l’allora Polo delle Libertà, non ce la fece.

Liste normali, senza tanto nuovo che avanza, senza picchi, grande fantasia, anzi anche un po’ mediocri, perfette per le larghe intese. E perfette per quel ruolo di tranquillizzatore, moderato ed europeista che il vecchio Silvio ha scelto di interpretare. Neanche gli “impresentabili” sono quelli di una volta, ai tempi di Dell’Utri e Cosentino, Verdini, i “mostri”, la cui influenza politica era direttamente proporzionale alla pesantezza delle accuse giudiziarie. Nel Sud c’è qualche indagato qua e là, qualche parente chiacchierato, a proposito farà discutere la candidatura di Franco Rinaldi, il cognato di Genovese, ma la grande epopea giudiziaria manca. E chissà se è anche un segno di perdita di consenso e potere, visti gli ultimi vent’anni. E chissà se lo è anche il numero ridotto di belle ragazze che vengono dal mondo dello spettacolo. C’è in Sicilia una ex concorrente di Miss Italia, Matilde Siracusano, una tronista, sempre in Sicilia, di Uomini e Donne, Ylenia Citino, e l’attuale coordinatrice del Molise che, anche lei partecipò a Miss Italia qualche anno fa. Nulla di paragonabile rispetto ai tempi di “Forza Gnocca”. Forse anche questo un segnale di desistenza, o semplicemente del tempo che passa.

 

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