di Luigi Altea – 31 gennaio 2018
Ai 101 che « impallinarono » Romano Prodi, io dedicherei una via, o una piazza, in tutte le città d’Italia.
Non so chi siano, ma sono convinto che sono dei benemeriti, che hanno impedito alla Repubblica d’avere come Presidente un subdolo boiardo di stato.
Se il Quirinale non è stato trasformato in un’immensa serra di biancofiori, l’altissimo merito va ai 101.
Così come i virus influenzali si dimostrano i più resistenti ai vaccini, i prodiani si rivelano i democristiani più resistenti ad ogni salutare contaminazione con le forze autenticamente progressiste.
I prodiani infettano, ma non si lasciano contagiare.
Si replicano, si modificano, senza tuttavia mutare la loro essenza: un corpaccione del moderatismo democristiano, astuto e opportunista, che è riuscito a coprire la sua “natura”, con la foglia di fico di una sinistra generosa oltre ogni misura…
Tutto cominciò con l’Ulivo e con il conseguente impazzimento generale che, poco alla volta, ha portato all’erosione della Sinistra, e alla consunzione delle sue strutture, della sua organizzazione, e dei suoi legami profondi con gran parte della società italiana.
Ed eccoci ad oggi.
Romano Prodi, presidente dell’International advisory board di Unicredit, non solo invita a votare per la coalizione di Matteo Renzi, definendola di centrosinistra, ma aggiunge espressioni perfino di dileggio nei confronti di Liberi e Uguali, e cioè di coloro che sciaguratamente lo installarono sul trono.
Quando Prodi, con i suoi amici, in una seduta spiritica volle sapere dove si trovava Aldo Moro, una “entità” rispose: GRADOLI.
Io non ho mai creduto alle superstizioni, allo specchio rotto, al cappello sul letto, al gatto nero…
Ieri sera, però, ho voluto provare…
Io e una mia amica abbiamo messo un minuscolo tavolino su una vecchia grande carta geografica, stesa sul pavimento.
Abbiamo chiuso le tende e abbassato le luci.
La mia amica, invocando non so quale “entità”, ha gridato: cos’è Romano Prodi?
Voi non mi crederete, ma il tavolino si messo improvvisamente a ballare attorno alla carta geografica, fermandosi ogni tanto con un piede sopra una città.
La prima volta sulla S di Sondrio, poi sulla T di Taranto, sulla R di Rovigo, sulla O di Oristano, sulla N di Novara, sulla Z di Zagarolo e infine sulla O di Orvieto.
La mia amica francese mi ha confessato di non averci capito nulla.
A me, invece, è sembrato che anche i misteriosi “spiriti” dedicherebbero una via ai 101.