La civiltà che manca e il partito del voto anticipato

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 1 febbraio 2017

Giorgio Napolitano, forse pentito del troppo credito concesso a Renzi, ha chiarito che in un paese civile si va a scadenza di legislatura e che “in Italia c’è stato un abuso del ricorso alle elezioni anticipate”. Il Presidente Emerito, così, si colloca all’opposizione del partito delle elezioni anticipate, che ha ‘inciuciato’ e ottenuto intanto l’approdo in Aula della riforma elettorale per il prossimo 27 febbraio, con contestuale contingentamento dei tempi di approvazione, tale da consentire di aprire le urne a giugno. L’obiettivo? L’estensione dell’Italicum anche al Senato, con premio di maggioranza e capilista bloccati. Renzi, quello che dice di pensare al bene del Paese, in realtà non dorme la notte pur di votare oggi, domani, sempre. Almeno sinché non avrà vinto qualcosa, in un continuo rilancio della posta. Come i giocatori d’azzardo, l’ex premier ritiene che l’unica via sia il rilancio e la voglia di revanche. Tuttavia, mentre, il pokerista rischia e perde di suo, quando si tratta di politica e istituzioni si rischia e si perde tutti, anche quelli che non avrebbero voluto puntare col bluff in mano.

Perché questo ha in mano Renzi, un bluff storico, politico, culturale. Quattro scartine, che Jim Messina voleva farci credere fossero un full. Niente affatto. E se ne accorto anche Giorgio Napolitano, a quanto sembra, che oggi chiede un po’ di serietà, in breve un ritorno di politica dopo l’ubriacatura del referendum e dei bonus. È palmare che questo Paese necessità di un altro clima e di una maggiore profondità strategica. Non solo per la ‘crescita’, non solo per la ‘competitività’, come ripetono tutti. Come se il tema fosse solo l’economia, per quanto di lavoro e di denaro si viva. Il tema di ‘civiltà’ sollevato da Napolitano indica che c’è una soglia, al di sotto delle considerazioni economiche, al di sotto delle questioni di mercato o finanziarie, oltre cui non si può scendere. La soglia della cultura e della civiltà. Il renzismo è l’appendice locale di un andamento storico, di cui la sinistra purtroppo è stata complice, che ha visto l’economia, la tecnica, la comunicazione, gli affari sopraffare i rapporti umani. Che ha visto la tattica soffocare la strategia. Le ambizioni personali sopravanzare i diritti sociali, il senso della collettività, le imprese comuni.

Io assegno a questo complesso di significati il termini ‘rispetto’. In questi anni è mancato il rispetto, in primo luogo verso i deboli, gli ultimi, i lavoratori, i giovani, i poveri, gli umiliati, le donne, i partiti, i sindacati, le istituzioni, le vittime di mafia, del terrorismo, della criminalità, in breve il sentimento di fratellanza e di solidarietà. Il Renzi della ‘rottamazione’ (parola odiosa e massimamente irrispettosa) è solo l’ultima figura di questo sfascio civile, per quanto ne sia stato comunque un valoroso interprete. Ora si tratta di voltar pagina. Non solo a sinistra, ma anche a destra. Non un partito serve, ma un sistema. Non uno schieramento, ma tutti. Non idee e uomini migliori solo a sinistra, ma anche a destra. C’è un tale bisogno di politica e di cultura, che se non sopravviene in tutti i campi, in modo unitario, non ne usciremo. Il termine ‘civiltà’ è totale, indica un popolo, un paese, un mondo. Come se si trattasse di un sistema intero di vita. La parola ‘unità’, così cara alla mia sinistra, indica nulla più di questo: una rivoluzione globale, che investa tutti e migliori la vita di ogni cittadino. A questo livello di civiltà e di unità (di un paese, di una storia, di una Costituzione) anche il conflitto (doveroso, necessario, vivificatore) diventa più utile e più efficace. E tutti noi migliori.

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