Fonte: La Repubblica
di Matteo Pucciarelli – 14 giugno 2018
Sia Matteo Salvini che il ministro della Politiche agricole Gian Marco Centinaio, anche lui leghista, hanno detto che vogliono “cambiare” la legge contro il caporalato in vigore dal 3 novembre 2016. “Invece di semplificare complica”, è stato il ragionamento del ministro dell’Interno. Ivana Galli, 61 anni, è la segretaria generale della Flai, la categoria dei lavoratori agro-industriali iscritti alla Cgil: “Li invito entrambi a venire con noi a vedere di cosa stiamo parlando. Il vero sfruttamento e il vero business dell’immigrazione avviene lì”.
Innanzitutto, cosa prevede questa legge?
“La legge era partita da un principio, cioè che per contrastare il fenomeno del caporalato bisognava intervenire sul trasporto e sul collocamento dei lavoratori”.
Ovvero?
“A seconda dei periodi di raccolta nei territori delle coltivazioni c’è più bisogno di manodopera. L’alibi del caporale e dei committenti era che per le raccolte occorre avere tante persone in tempi brevi ma non c’era nessun luogo dove reperire queste persone, perché gli uffici di collocamento classici non erano funzionali in tal senso. Il caporale riforniva uomini e mezzi in tempi rapidissimi, andando a prendere la mattina decine di lavoratori la mattina presto per poi riportarli a casa la sera. Questo ha ingenerato un fenomeno di economia parallela con dietro un business incredibile. Anche perché in molti casi anche l’azienda committente pagava il caporale, il quale quindi prendeva soldi sia dall’impresa che dal singolo lavoratore”.
Chi è il caporale?
“Un caporale è un parassita che vive del lavoro degli altri, ed è questo il vero business dell’immigrazione. Sono centinaia e migliaia di persone senza diritti che vivono a ridosso delle campagne, nelle bidonville, che si muovono di provincia in provincia seguendo le campagne di raccolta, nell’indifferenza generale perché fa comodo a tutti, anche all’economia del territorio. La cosa vergognosa è che il minor costo del prodotto alla fine lo paga la parte più debole della catena”.
Conviene a tutti tranne a chi si spezza la schiena nei campi per il 20 euro al giorno, insomma.
“Questa invisibilità fa un danno anche alle aziende sane, che non competono sul costo del lavoro. Perché, va detto, esiste una agricoltura onesta”.
Quanto guadagna un caporale?
“Due rapidi conti: hanno dei pullmini da 15-30 posti, fanno 4 o 5 viaggi al giorno tra andata e ritorno, 15 euro a persona trasportata, per tre mesi. Quindi, 15 per 15 per 5 per 90: 100mila euro in tre mesi”.
E sono italiani?
“Anche ma non solo, molti sono italiani ma pure stranieri, hanno copiato gli esempi negativi. E quando sono stranieri è ancora più difficile penetrare in questo sistema. Noi è dal 2008 che stiamo sul pezzo, e stavamo lì nei luoghi caldi – Puglia, Campania, Sicilia – non per creare problemi ma per trovare soluzioni di dignità. Eppure i lavoratori stessi ci guardavano con sospetto, come se con la nostra presenza fossimo colpevoli di fargli perdere il lavoro. ‘Con questa legge rischiate di non lavorare più’, hanno detto molti imprenditori ai braccianti italiani”.
Per quale motivo?
“Perché la legge prevede anche una parte repressiva, in caso di sfruttamento grave è prevista una pena detentiva per i caporali e per il committente. In più la legge prevedeva l’istituzione di una rete di lavoro agricolo di qualità presso l’Inps, cioè forme di collocamento e trasporto pubblico. Legge che poi spesso viene anche aggirata in modi fantasiosi. Ad esempio si rilasciano buste paga regolari e poi si fanno restituire parte di quei soldi, esistono agenzie di viaggio regolari che si occupano del trasporto però in realtà c’è una somministrazione irregolare di manodopera nascosta”.
Secondo lei perché la Lega ha puntato il dito contro questa legge allora?
“Evidentemente danno voce a richieste che vengono da certi settori imprenditoriali alle quali questa legge non è mai andata giù. Le loro sono le stesse argomentazioni ascoltate da alcuni imprenditori in fase di trattativa. Ma è una legge di civiltà, non la demonizzerei ma anzi la porterei a completa applicazione. Il danno economico del caporalato sa quanto è? Tra i 3,4 e i 3,6 miliardi”.
Ma a fare questa legge chi vi diede una mano?
“Il Pd, la sinistra ma anche i Cinque Stelle. Li portammo tutti a vedere il fenomeno. E abbiamo lavorato bene insieme. Peccato sentire toni così trancianti e brutali. Se uno non vede coi propri occhi non può capire. Tempo fa incontrai un bracciante di colore che aveva ancora il segno dell’anello col quale era stato incatenato. Questo avviene in Italia, nel 2018”.