di Alfredo Morganti – 3 marzo 2019
Un esponente di destra ha detto che il settore est di Roma meriterebbe una bonifica. Intendeva la grande periferia a ridosso e oltre il Raccordo Anulare. Non intendeva le paludi, che non ci sono. Né si riferiva alle strade, alle piazze, ai giardini. Parlava delle persone. Donne, uomini, bambini. Sosteneva, sull’onda dei fatti di Torre Maura, che questa parte di Roma andasse ‘risanata’ e bonificata (appunto) di donne, uomini e bambini. Perché? Perché stranieri, altri, diversi, non italiani. In linea di massima poveri. Una specie di ‘rottamazione’ su larga scala, affidata ai grandi numeri, con deportazioni probabilmente e terrore diffuso. Una mega ruspa antiumana. Marco Revelli nel suo ultimo libro (La politica senza politica) spiega la differenza tra populismi di sinistra e di destra. Quelli di sinistra concepiscono due attori, il popolo da una parte, le élite dall’altra. Quelli di destra, invece, introducono un terzo elemento. Un ‘altro’ su cui indirizzare la rabbia, distogliendo dalle pratiche di governo e dalle scelte politiche effettive. Gli ebrei una volta, quindi i rom, oggi i neri che arrivano coi barconi oppure i latinoamericani che traversano il confine in direzione USA.
Si tratta di un terzo elemento su cui fare sponda, indirizzare la rabbia, creare confusione, distogliere e distrarre, alimentando ed esercitando il rancore a fini politici. L’individuazione dell’altro, del terzo, fa slittare il populismo di sinistra in direzione di quello di destra. Di qui i muri, i confini, le barricate, gli altolà, l’idea che la grande entropia demografica internazionale possa fermarsi, possa essere riportata indietro, alimentando odio e violenza dei penultimi e degli ultimi locali verso gli ultimissimi arrivati, che oggi sono in fondo all’ordine gerarchico sociale. Lo schema è semplice, già collaudato storicamente, e consiste in quella che chiamiamo guerra orizzontale, tra poveri, non verticale tra chi sfrutta e chi è sfruttato, tra chi non conta niente e chi decide tutto. Se la destra gioca a dividere e ad alzare muri, la sinistra (se è sinistra e non gente sparsa) dovrebbe invece lavorare a unire gli ultimi, a creare forme di solidarietà, a mettere in rete la povertà, il disagio, l’abbandono, la sofferenza sociale per un avanzamento di tutti e della società intera. Lo facemmo nei decenni trascorsi, tanto più va fatto oggi. A cosa serve l’odio, a cosa il risentimento verso 33 bambini rom? A spalancare le porte alla destra. È questo il punto da sciogliere al più presto. Per non essere travolti dal vuoto, dal disordine e dall’anomia.