La bicicletta della sinistra

per mafalda conti
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 7 ottobre 2015

Andrea Colombo sul ‘manifesto’ di oggi scrive che “i nemici del premier all’interno del suo partito pensano di avere una sola carta da giocare: spingere sempre più Matteino tra le braccia capaci di Denis”. Non so se si tratta di una ricostruzione vera, ma certo, visti i sondaggi, sarebbe l’uovo di Colombo. Ciò sarebbe però in contraddizione con la scelta di accreditarsi, invece, come coloro che rendono ininfluenti nel PD i voti dei verdiniani sulla riforma del Senato. Ma, in un caso o nell’altro (rafforzare l’abbraccio tra Renzi e Ala, oppure lavorare per disinnescarlo), la strategia della minoranza sarebbe comunque troppo asfittica per essere vera, sconfinerebbe nel puro tatticismo. Nulla più che una strategia della sopravvivenza in quella giungla di belve feroci (e di conformisti e tirapiedi) che è oggi il PD. Effettivamente siamo davanti a una sorta di balcanizzazione, con la formazione di una enclave che non si capisce quale futuro abbia, ammesso che il PD abbia un “futuro a sinistra” (scusate l’involontario riferimento all’associazione di Fassina). Perché il punto è sempre lo stesso, ogni qualvolta vi sia una stretta politica tale da mettere in gioco la stessa sopravvivenza dei soggetti in campo, ed è questo: qui non si tratta soltanto di salvare il salvabile e alzare degli steccati, tenendo dentro i tuoi sodali. Qui si tratta di riaprire una prospettiva a quella fusione di culture riformiste che nel PD oggi non hanno più alcun futuro, almeno allo stato attuale. Non tanto di tornare a vecchie certezze (io non vedo più certezze, di alcun genere), o di rifugiarsi nella nostalgia dei bei tempi, quanto riaprire una speranza, per la quale si possa tornare a distinguere delle identità, cogliere gli schieramenti in campo, rivedere confini e limiti, laddove oggi è solo una guazzabuglio di cosa non si sa. Oltre la grande marmellata renziana-verdiniana deve ricomparire il senso di antiche e nuove differenze, senza le quali la politica diventa mera tecnica di gestione del potere e grassa soddisfazione di interessi corporativi, tutto meno che strumento di lotta e di liberazione per gli ultimi.

Lunga marcia o salto in avanti? Forse è un falso dilemma. La prima rischia di arrivare in porto quando il vecchio armatore si è portato già via tutte le navi. Il secondo rischia, a sua volta, di armarsi subalternamente di comunicazione-politica e di marketing elettorale, ripetendo gli errori già compiuti in questi anni. Tornerei allora ai vecchi termini di strategia e tattica. La prima deve indicare un percorso, traghettarci lontano da qui, da queste miserie, verso una sinistra competitiva sul piano egemonico, che rilanci la sua battaglia politica e culturale fuori da ogni gabbia ideologica, attenta alle modificazioni istituzionali, sociali, economiche nel frattempo intervenute, anzi ripartendo proprio da esse. La seconda deve aiutarci a sopravvivere qui e ora. A ritrovare il bandolo di questo gomitolo ingarbugliato che è la politica italiana contemporanea. A ridare subito fiato, spazio, organizzazione all’iniziativa della sinistra. Sono due ruote della medesima bicicletta. Non si va lontano né solo alzando acutamente lo sguardo verso l’orizzonte, ripensando il senso di una nuova cultura politica, tantomeno restando infangati nella palude di comunicazione, leaderismo e comunicazione spicciola che ci circonda e che nel PD ha attecchito come la muffa negli angoli bui delle case. D’altronde, una bicicletta è sempre fatta di due ruote. Serve allora un bravo ciclista, ma uno che non sia Coppi, non sia l’uomo solo al comando, bensì un complesso articolato, un insieme ben congegnato di molteplici fattori (dico a caso): bravi dirigenti politici, militanti disinteressati, passione verace, intelligenza, cultura politica, un leader brillante (ma non solipsistico), organizzazione funzionante, alleanze giuste, attori sociali non disperati, risorse di ogni tipo, visione generale, condotta istituzionale, sentimento democratico, idee chiare (seppur dibattute aspramente), senso del passato e del presente ancor prima che vaga tensione verso il futuro, passione civile e così via. Un gran bel ciclista collettivo, insomma. Un mix difficile, una ricetta complicata, un compito arduo. Ma è da qui, da questa sfida si deve ripartire. Come sempre.

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