ll buco nero e il Partito della Nazione

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Alfredo Morganti
Fonte: facebook

di Alfredo Morganti 23 ottobre 2014

Le cose stanno come le spiega D’Alimonte, oggi, su Repubblica. Il nuovo scenario politico prevede “un forte PD in posizione centrale. Solo il PD, o meglio il Partito della Nazione, potrebbe essere funzionale alla stabilizzazione del sistema minacciato da una destra agguerrita, una sinistra residuale e l’incognita dei grillini”. Chiaro? Il Partito della Nazione, sorretto in questo da meccanismi elettorali ad hoc, diventerebbe (ma già è) il grande buco nero attrattivo, il potente magnete verso cui confluirebbero cespugli e cespuglietti, ex e post, e che compatterebbe tutto e il contrario di tutto nel neopopulismo renziano. Questo è il progetto. Che significherebbe la fine della forma-partito come da sempre la conosciamo, se non della forma-partito tout court. È un progetto, che secondo me va combattuto, ma che è già in campo da tempo. Soprattutto le piccole formazioni rischiano di finirci tutte dentro (alcune ci stanno già finendo, così come molte personalità di varia estrazione politica). Fuori resterebbero soltanto i ‘residui’ (Lega, Grillo, sinistra ‘residuale’, come dice D’Alimonte). Un terremoto politico, insomma. Parliamone dunque, e soprattutto ci si attrezzi a resistere e a contrastare questa reductio ad unum della politica italiana.

La metafora del buco nero aiuta, altro che. Uno, perché raffigura il Partito della Nazione come un grande magnete che prende (o vorrebbe prendere) tutto ciò che sta attorno. Due, perché dà un’idea di invisibilità e di lateralità organizzativa. Nel buco nero, difatti, finisce anche la luce, ed è individuabile perciò solo dai suoi effetti attorno. Oggi il PD sta mutando geneticamente non solo nei contenuti, ma anche nella ‘forma’. Sta divenendo una sommatoria di PD ‘light’ renziano, Leopolda, eventi tipo ‘Adesso Italia’ o ‘Fonderia delle Idee’, lo stesso Palazzo Chigi ridotto a tweet mattutino, nonché ‘Patti’ variamente segreti. Una confederazione, ha detto Cuperlo. Un’organizzazione inafferrabile, sparsa, diluita. Liquida, appunto. Una galassia di cose che non illustrano più l’esistenza di un ‘partito’ solido, oggettivo, individuabile, ma una rete di cose ed eventi collegati tra loro dalla figura di un Capo multiforme: segretario, premier, ‘leopoldo’, tweeiter, pattista. Per contrastare questa idea di forma-partito non basta dileggiarla, né limitarsi ad enunciare un’alternativa teorica o ideale molto, ma molto astratta. Essa va studiata, compresa, valutata nella forza organizzativa e nella potenza ‘riduttiva’ che esprime. Soprattutto non va sottovalutata, a partire dal suo impatto devastante sulla sinistra.

Ve lo immaginate, adesso, un piccolo partito di sinistra appena nato, senza risorse, alle prese con la Morte Nera di Star Wars? Ecco il punto ineludibile. Non è questione di volontà, è questione di rapporti di forza. Quando la politica si faceva sul territorio, in strada, nelle piazze, nei quartieri, nelle scuole la valutazione dei rapporti di forza era pane quotidiano. Era il limite oltre il cui, se oltrepassato, scattava la sconfitta. Oggi che la politica si fa a chiacchiere e soprattutto sul web, tutto appare diradato, vago, etereo. Si discute di dotte cose lontane, socio-storico-economiche, ma si dimentica che la politica è praxis, lotta, confronto con l’avversario, prima ancora che ‘dibattito’ tra eguali in qualche stanza o gruppo di discussione. Anche chi ha fatto politica trenta anni fa si adegua subito alla nuova, vaga dimensione web, e magari si sente onnipotente perché ha preso 10 ‘I like’ sotto un commento, mentre l’altro, l’eventuale avversario, innalza di 5 punti di share un programma televisivo con la sua sola presenza. Ma tant’è. Per contrastare il Partito della Nazione, forse, servirà qualcosa di più che la buona volontà dei reduci, o il giovane eroismo di affrontare a petto nudo un missile terra-terra.

Ho usato un altro termine allora, ‘acquattamento’. Stare acquattati anche dentro o a fianco del PD, lavorare attivamente a una rete intra ed extra PD e iniziare una lunga marcia senza uscire troppo e inutilmente allo scoperto. Lo facevano i partigiani, perché noi no? Mi appare molto realistico, dinanzi all’offensiva renziana. Credo che oggi un partitino rosso sia meno di una testimonianza e più di un bersaglio da luna park. In futuro magari no, ma oggi sì. E invece serve crescere pian piano, perché la strada sarà lunga, e dovrà anche confrontarsi sul piano della comunicazione, dei linguaggi, dell’attualità, della tattica, non solo su quello delle dotte e ristrette analisi (peraltro già condotte da altri più autorevoli in questi anni) e delle strategie di lunghissimo termine, praticamente astrazioni. Questo senso della realtà l’ho imparato dal PCI, vi pare poco? Il lavoro dei partigiani, peraltro, fu preziosissimo per chi dopo doveva portare le divisioni e i cannoni per chiudere la partita. Tanto più sarà importantissimo oggi, per una sinistra destinata a crescere sulle macerie di quella attuale. “Acquattarsi” oggi non vuol dire che questo debba essere l’atteggiamento di sempre. Attendo, difatti, le decisioni della Sinistra PD in merito. Che oggi chiamo a una maggiore nitidezza e coraggio nei comportamenti. E se qualcosa di serio dovesse accadere, se partissero dei segnali concreti, io che non ho già più la tessera PD magari potrò trovare un nuovo riferimento organizzativo cui aggregarmi. Ma se ciò dovesse accadere solo per un ‘pezzo’ della minoranza, se si marciasse in ordine sparso, magari per rifare errori già fatti, allora me ne resterei tranquillamente ‘acquattato’ a fare quel che facevo prima. O forse mollerei tutto, visto che con le chiacchiere inutili e presuntuose e con le divisioni interne non si vince nulla, nemmeno una partita di briscola in osteria tra compari.

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2 commenti

Araldo 23 Ottobre 2014 - 17:23

Io credo che non ci si possa aggregare a formazioni improvvisate e legate solo dalla rabbia. Occorre avere una linea politica ben segnata e con confini certi a destra e con aperture a sinistra ma non quella salottiera che tanto male ha fatto in passato. Oggi siamo frastornati e perciò allo sbando, anche perché chi nel PD poteva, ha peccato di attendismo mentre invece occorreva mostrare i denti subito. Oggi sempre questi che nel PD potevano sembrano peccare (uso un termine brutto) di viltà e solo attaccamento alla seggiola che tra tre anni comunque perderanno. Oggi è il momento della riflessione: facciamo in modo che questa riflessione porti velocemente a fare delle scelte VERE.

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Maria Voglino 23 Ottobre 2014 - 20:39

Araldo la sinistra salottiera é una delle malattie più gravi della sinistra, ma anche il settarismo ha radici profonde, basta vedere gli attacchi gratuiti a Barbara Spinelli che é stata la protagonista per coraggio ed intelligenza di questa primavera. La sinistra pd rischia di essere asfaltata da Renzi ed i leader sono in conflitto l’uno contro l’altro. Forse la strada da intraprendere é quella di condividere un programma comune. Se si condivide il programma si hanno obiettivi che dovrebbero unire e ci si confronta concretamente con le persone reali e si guarda agli interessi veri del paese.

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