L’ ARTE DI SAPER ASPETTARE E LE VIRTU’ DEL SILENZIO
Fatti quotidiani ci circondano, noi li raffiguriamo nei pensieri. La verità rappresenta l’accordo delle nostre idee e concetti con i fatti e gli oggetti. Se esprimiamo una idea e poi il mondo esterno non ci fornisce una modello adeguato ad essa, quella idea non è vera, non concorda. E’ imprecisa, inaccurata, falsa. A volte il fatto completo non è accessibile a noi, e quello che ci viene dato consiste in una catena di rappresentazioni intermedie che propagano l’incertezza.
Nei tempi che attraversiamo è difficile orientarsi nel Mondo, siamo confusi e attribuiamo sempre meno valore a ciò che ci viene detto, e spesso con ragione. Perchè ci troviamo in questo stato, e come compiere un passo avanti? Va detto che la falsità non è solo la menzogna deliberata, ma innanzitutto l’errore involontario che commettiamo a causa di difetti informativi. Quell’errore ci illude. E sorge spesso per la precipitazione a cui siamo abituati.
Se si pondera ogni pensiero con calma e obbiettività, si lascia indietro l’ansia e si sviluppa il giusto sentimento di responsabilità verso ciò che si pensa. E’ possibile seguire lo sviluppo del pensiero fino allo stadio precedente a quello in cui viene tradotto in parole. Fino al momento in cui il pensiero ha raggiunto quella fase che lo rende maturo per essere comunicato, siamo ancora relativamente a salvo da pensieri imprecisi o errati. La vigilanza ci mostrerà come i nostri pensieri prendano la giusta forma, ma dobbiamo considerare il pensiero come una specie di ricerca, come una sonda che esplora, prima di lanciarlo all’aria.
Immagino ora sorrisi di scetticismo di chi obbietterà che rispondere in tempi brevi è assolutamente necessario. Bisogna essere veloci, si vocifera, altrimenti si rimane indietro, si perde il tram del progresso che richiede risposte sempre più rapide in un mondo sempre più complesso. Nelle emergenze, poi!
Purtroppo, alle persone piace formulare i pensieri molto rapidamente e portarli alle labbra o scriverli il più velocemente possibile. Il problema è che non siamo pienamente coscienti dell’impulso che accompagna una falsità, e la nostra responsabilità verso i pensieri che alberghiamo è andata scemando. Colpa della velocità delle connessioni e dei ritmi, colpa della complessità che esige risposte rapide con dati deficienti. L’imprecisione regna sovrana, l’errore ci accompagna, la falsità dilaga sotto traccia. Vaghiamo e peregriniamo tra opinioni che mutano ad ogni giornale radio. Ci formiamo incerte rappresentazioni della realtà sociale o politica, navighiamo al rimorchio di imperfette percezioni di dati.
Oggi si teorizza l‘incertezza come condizione esistenziale immanente, è il paradigma più attuale e non possiamo negarne la valenza. Nel mondo iper connesso abbiamo una conoscenza sempre più insufficiente o non del tutto fondata dei fatti e delle interpretazioni. Siamo afflitti da dubbi circa l’evoluzione e i futuri sviluppi delle situazioni.
Questi i fatti.
Vediamo di caratterizzare una possibile via d’uscita, che potrà sembrare consolatoria e palliativa, ma che ha la sua ragione d’essere, a lungo termine. Ci assicura almeno qualche punto fermo su cui contare, a partire da noi. Ci serve anche a selezionare i fatti e gli oggetti di maggiore interesse esistenziale per ciascuno.
La nostra capacità di pensare non è lì per farci completare immediatamente un’idea. E’ lì affinchè possiamo cercare le cose importanti e seguire i fatti, metterli insieme e guardarli da tutti i lati. Purtroppo, ci lasciamo influenzare dal sentimento che ogni pensiero debba essere formulato immediatamente. A noi la facoltà di pensare non viene data per formulare idee con eccessiva fretta, ma piuttosto, per poter ricercare. Infatti, il pensiero dovrebbe essere visto come un processo che rimane a lungo nello stadio di acquistare una forma. Si dovrebbe posporre la formulazione del pensiero fino a quando ci si assuma la responsabilità, fino a quando i fatti siano stati esaminati e rigirati e guardati da tutti lati.
Può divenire una verità solo qualcosa che sia stata illuminata da vari punti di vista e solo se si è sospeso il giudizio il tempo necessario. Punti di vista esposti frettolosamente e opinioni affrettate raramente raggiungono la verità. Naturalmente, non tutte le persone sono coscienti di fare false affermazioni che spesso contengono una frazione di verità, ma solo una frazione.
Dovremmo badare con priorità al pensare e far intervenire la prudenza. Si parlerà allora con attenzione e solo il necessario, perchè senza questo controllo non si raggiunge il silenzio interno, la economia dei movimenti, espressioni, ecc. Ogni gesto, parola, movimento possono divenire allora espressivi, non più automatici e senza contenuto reale. Ne otteremmo un controllo maggiore, senza reprimere , ma lasciando che la nostra anima manifesti la sua parte più profonda.
E’ chiaro che queste cose esigono riflessione, consapevolezza e certa saggezza. Saper dominare le dita sulla tastiera e la stessa lingua, riconoscere il momento giusto per concedersi una moderata libertà nel dire, trattenersi con fermezza nelle occasioni in cui bisogna tacere e prendere tempo. Parafrasando l’Abate Dinouart e il suo libretto “L’Arte di Tacere”* esiste un momento di tacere, così come esiste un momento di parlare. Solo quando si sarà imparato a “tacere”, cosa oggi difficile ma auspicabile, si potrà imparare a parlare e a scrivere. Naturalmente, non voglio elogiare il mutismo ma la prudenza necessaria di fronte alla smania di parlare e scrivere che è divenuta patologica. La sfida è come disporsi ad essere spettatori e signori di noi stessi. Siamo davvero sicuri che i nostri pensieri non siano poi un riflesso automatico delle opinioni della gente, spesso vaghi e imprecisi? Non ci accorgiamo che volentieri ci comportiamo reagendo a ciò che accade intorno a noi?
Non vorremmo avere controllo dei nostri sentimenti ed emozioni che ci prendono sotto il braccio così velocemente che poi non sappiamo cosa volessero dirci?
Ci è richiesto la paziente preparazione di saper attendere che i giudizi ci fluiscano incontro grazie alla maturità raggiunta, dunque il riserbo e la capacità di attesa.
FILOTEO NICOLINI
* Sellerio Editore Palermo, 1989
IMMAGINE: FIGURE DI DONNE, CORINTO