Kiev, la grande illusione: macché guerra di popolo

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Fabio Mini
Fonte: Il Fatto Quotidiano

Kiev, la grande illusione: macché guerra di popolo

Fabio Mini – Tre anni fa, la narrazione ucraina e occidentale sulla cosiddetta resistenza all’invasione russa ci ha offerto il modello del solito buon Davide contro il solito cattivo Golia, oppure quello della guerra di popolo opposta a quella delle forze armate. Ovviamente non era così banale: l’invasione russa non era affatto su larga scala o una minaccia per l’intera Europa e nemmeno un tentativo di occupare Kiev. Le forze corazzate russe ferme per giorni sulla direttrice per la Capitale ucraina erano la pressione strategica sul negoziato in corso in Bielorussia. Sparita questa opzione, grazie agli interventi occidentali, le forze russe sono state spostate laddove si trovavano gli obiettivi materiali della strategia di Mosca. La resistenza ucraina si è volontariamente mobilitata in maniera consistente (quasi 100.000 uomini e donne) per coprire il vuoto lasciato dall’esercito che, forte di oltre 200.000 uomini addestrati dalla Nato, era però orientato all’attacco alla Crimea. Inoltre, le bande di volontari estremisti e le milizie private neonaziste preferivano continuare a combattere i propri concittadini del Donbass. Sul piano tecnico-militare, l’Ucraina, convinta nel 2015 dalla Nato a una ristrutturazione delle forze armate in chiave tecnologica e professionale, ritenendosi un paese democratico intendeva avere anche un esercito di popolo. Pretendeva di poter gestire i due modelli di preparazione al conflitto senza aver ben compreso i limiti di entrambi. Un articolo di due professori, uno finlandese l’altro olandese, analizza i risultati di questa ibridazione e lancia un monito ai paesi Nato e occidentali che si devono preparare per la terza guerra mondiale contro Mosca, come ha già pianificato la Nato e come vogliono i burocrati Ue. Il ragionamento dei due studiosi (Ilmari Käihkö e Jan Willem Honig *) poggia su tali punti:

“La mobilitazione dei volontari ucraini nel 2014 (il golpe diretto dagli Usa) è stata descritta come un modo “premoderno” e “neo-medievale” di generare forza: i battaglioni di volontari erano composti da combattenti mossi da motivazioni ideologiche, pagati da notabili locali per combattere per conto dello Stato.

L’esercito regolare considerava i volontari dei radicali scarsamente addestrati e difficili da controllare… I volontari erano sospettosi delle idee politiche dei militari professionisti e ritenevano che i comandanti militari fossero degli arrivisti poco motivati e fuori dalla realtà.

Dopo l’invasione russa del 2022, il governo Zelensky ha cercato la mobilitazione popolare aprendo i depositi di armi: a chiunque presentasse un passaporto ucraino veniva consegnato un fucile d’assalto. Si sperava che armare i “patrioti” avrebbe infiammato la resistenza popolare e scoraggiato la collaborazione col nemico.

Tuttavia, “i dubbi del governo sull’affidabilità della popolazione emersero quando cercò di impedire alla maggior parte degli uomini tra i 18 e i 60 anni di lasciare il Paese. Il timore era giustificato”. Nel 2023, solo in Europa si trovavano 768.000 cittadini ucraini di sesso maschile di età compresa tra 18 e 64 anni che avevano ottenuto lo status di protezione temporanea. “Mentre la minaccia di una cattura di Kiev da parte della Russia si allontanava, le autorità ucraine ritirarono le armi che avevano distribuito per riprendere il controllo e ridurre gli episodi di fuoco amico da parte di cittadini inesperti e in preda al panico”.

Tuttavia, la richiesta di uomini non diminuì. Non solo gran parte dei militari professionisti perirono in prima linea, ma con la loro perdita scomparve anche l’organizzazione dell’addestramento. Le forze armate furono costrette a mobilitare il corpo docente delle accademie militari insieme agli allievi ufficiali per creare ulteriori battaglioni di fanteria…

“Come conseguenza della riduzione degli standard di addestramento e del successivo calo del morale”, mentre la mobilitazione cominciava a basarsi sempre più sulla coercizione piuttosto che sull’ideologia, emerse una semplificazione o primitivizzazione della guerra. Fecero fatica a coordinare formazioni più grandi del livello di una compagnia e queste unità furono costrette ad adottare sanguinose tattiche di logoramento poco idonee. In modo perverso, gli ucraini son stati fortunati a trovare la stessa dinamica applicata anche alla parte russa: anche le loro forze regolari hanno subito perdite elevate, così la capacità d’addestramento s’è deteriorata e la sfiducia del regime di Putin nei confronti della popolazione ha limitato la mobilitazione, lasciando più a lungo gli stessi uomini in prima linea con qualità e coordinamento operativi ridotti”.

“Nelle interviste, gli ucraini che hanno combattuto per la prima volta come volontari nel 2014-15 e che si sono subito rimobilitati per combattere i russi nel febbraio 2022, hanno ammesso d’esser stati contenti delle atrocità russe e degli attacchi missilistici contro i civili” (diffusi dalla propaganda) “perché davano per scontato che i connazionali sarebbero stati costretti a svolgere un ruolo attivo nella guerra. Ciò non è accaduto”.

“Nel 2023, gli stessi volontari hanno iniziato a parlare dell’emergere di uno ‘strano’ contratto sociale. I politici non chiedevano sacrifici alla società e la società, in cambio, chiedeva poco ai suoi leader. Senza un afflusso di reclute, le truppe non potevano smobilitare (o ruotare dal fronte per riposare). I militari avevano sempre più la sensazione d’aver ricevuto un biglietto di sola andata per il fronte”.

“Anche la società civile ha inviato segnali contrastanti. Tra 2022 e fine 2024, i contrari ai negoziati di pace erano più di quanti ne fossero favorevoli. In un sondaggio del giugno 2024, 6 intervistati su 10 ritenevano fosse necessaria una mobilitazione generale per evitare la sconfitta. Tuttavia meno di un terzo riteneva che fosse vergognoso eludere gli ordini di mobilitazione.”

“Paradossalmente, altri sondaggi continuavano a mostrare una fiducia altissima nell’esercito mentre tre quarti degli intervistati non si fidava dei funzionari statali. La società sembrava presentare una forma peculiare di disturbo dissociativo. Pur essendo convinti che l’esercito potesse fare il suo lavoro e fosse necessaria la mobilitazione nazionale, molti credevano allo stesso tempo che la guerra non dovesse coinvolgerli. Anche una guerra considerata esistenziale è rimasta, in termini pratici, una questione che riguardava solo una parte del popolo ucraino…”.

“La mobilitazione dell’intera società era un’aspirazione sia in tempo di pace che in tempo di guerra, ma veniva sempre ritenuta impossibile da attuare. Anche l’alternativa di affidarsi a personale professionale e a tecnologie avanzate fallì. Una forza di professionisti ben addestrata e dotata di armi avanzate era troppo costosa e inadeguata per qualsiasi guerra che non fosse di breve durata. La resilienza può esser ottenuta solo attraverso un maggiore coinvolgimento della società. Ma, invece di una partecipazione dell’intera società, Kiev ha finito per affidarsi in modo critico a una forma di volontariato altamente politicizzato, che non riflette la società nel suo insieme. L’esperienza ucraina dimostra quanto sia difficile per uno Stato democratico che lotta per la propria sopravvivenza introdurre un sistema di coscrizione che incida equamente sulla società e che sia da essa sostenuto”. Che l’Ucraina sia un paese democratico è discutibile proprio sulla base di quanto messo in evidenza (coercizione, politicizzazione, estremismo, bande private, ecc.) Anche la lotta per la sopravvivenza è discutibile visto che a essa sono stati preferiti anni di guerra, morti, iniquità e distruzioni. Forse si tratta di sopravvivenza di un sistema corrotto e non di un paese libero. Tuttavia la lezione è chiara: se è difficile chiamare alle armi la popolazione di un paese invaso e a rischio di sopravvivenza si può immaginare quanto sia difficile chiamare alla guerra paesi veramente democratici che non sono né invasi né minacciati né tantomeno a rischio di sopravvivenza come i nostri paesi europei. A meno che non siano anch’essi ideologizzati, politicizzati e ricattati da estremisti e nazisti. È già successo.

* Ukraine’s Not-So-Whole-of-Society at War: Force Generation in Modern Developed Societies – Ilmari Käihkö and Jan Willem Honig. US Army war college publications 20.3.25.

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