Kamikazzari

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Anna Lombroso
Fonte: il Simplicissimus
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di Anna Lombroso per il Simplicissimus – 26 marzo 2016

Devo fare autocritica: non sono soltanto dei cazzari, che già sarebbe gravissimo. No, la loro è una combinazione di istinto criminale, di demoniaco cinismo, di una incontenibile tracotanza, quell’hybris, che li fa sentire al di là e al di sopra di ogni limite imposto dalle leggi, dallo stato di diritto e dallo Stato, dal controllo popolare, perfino dall’opportunità, considerati ostacoli accidentali e superabili, grazie a protezioni, sostegno padronale, stampa favorevole e assoggettata, cancellazione politica e culturale di una possibile e praticabile alternativa, grazie all’abiura di quella che un tempo chiamavamo opposizione di sinistra.

E, come se non bastasse, fortunati, a conferma che la sorte, si configuri come dea bendata o moderno imperialismo delle disuguaglianze,  sta dalla parte di sfruttatori, profittatori, abbienti, prepotenti, anche grazie alla circolazione, tramite oppio dei popoli, dell’illusoria convinzione che poi, dopo il transito in terra, i conti verranno regolati e diseredati, vittime, straccioni, disperati saranno risarciti.

Siccome sono appunto sprezzanti, spregiudicati e insolenti, c’è da scommettere che proprio come quelli che ridevano del sisma, tra loto rivolgano un ringraziamento a kamikaze e attentatori che hanno, con le loro bombe, alzato una provvidenziale cortina fumogena dietro la quale nascondere incapacità, incompetenze, inettitudine, dispiegate in azioni scellerate chiamate abusivamente riforme.

Cinture esplosive, manovalanze del terrore globale, macellai formati a Hollywood e alla Cia, biechi killer e utili idioti, temo non a loro insaputa malgrado la propaganda che smentirebbe questa ipotesi, si sono messi al servizio di altri macellai, per ora solo apparentemente meno cruenti, perché le loro guerre sono “simmetriche”, ammesso che ci sia qualcosa di simmetrico nel bombardare civili disarmati dopo averli espropriati, medici e ospedali, perché i loro bersagli sono intere popolazioni che formalmente li avrebbero scelti, perché la cancellazione di diritti, garanzie, conquiste, sarebbe stata “eseguita” come una necessaria condanna per punirci di costumi dissipati, aspirazioni abnormi, consumi esagerati, soprattutto quelli sanitari, assistenziali, sociali.

Eh si, grazie a media sempre più intenti a alimentare incertezza e paura, non quella liquida, macché, quella spessa come le fette di prosciutto che piazzano sui nostri occhi, ormai già inclini a distogliere lo sguardo, grazie al consolidamento del sistema di governo dell’emergenza, che ha già legittimato l’illegittimità e affrancato l’illegalità assistiamo una benefica “sospensione” di giudizio, di critica, in nome di persuasive quanto inderogabili unità nazionali, stati di eccezione, regimi di ordine pubblico.

Così è facile rimuovere da prime pagine e da coscienze disabituate a vedere e sapere, i conclamati effetti del Jobs Act, il successo della lotta di classe alla rovescia culminata nell’infame mix di esasperazione della precarietà  e di  benefici per le imprese grazie allo scellerato trasferimento di risorse dal lavoro, con la fiscalità generale, al capitale, per via degli sconti  sui contributi alle imprese. Per non parlare dell’eclissi operata sul referendum contro le trivelle, anche grazie alla efficiente comunicazione di agenzie che lavorano per ministeri e governo, impegnate ormai più che sul fronte della pusillanime libertà di coscienza, sua quello del No, no all’espressione del volere popolare, ai principi di precauzione, alla salvaguardia delle risorse, al buonsenso e all’economicità delle scelte. E un po’ di silenzio fa bene, pare, anche all’altro referendum, quello che aveva assunto la forma perversa di un possibile plebiscito per il piccolo Imbroglione, manutengolo dei golpisti esterni e interni, che voleva travestire da  epocale inversione di tendenza, da cambiamento di rotta necessario per rispondere alle sfide della modernità, la definitiva presa del potere da parte di una oligarchia intenzionata a occupare tutti i posti-chiave delle scelte e delle decisioni economiche e finanziarie, sociali, diplomatiche e quindi  militari, comprese quelle della sicurezza, dei servizi, dei corpi dello Stato. Cancellando partecipazione, rappresentanza e democrazia, così come si erano già cancellati  altri caposaldi della costituzione, il lavoro, il pari godimento dei beni comuni, l’aspirazione a bellezza e cultura come armi per l’affrancamento da servitù e povertà.

E come non approfittare della fortunata congiunzione per riproporre la narrazione  di una Europa che ritrova unità nella difesa comune prima di tutto delle sue regge – dopo aver sancito con l’innalzamento di muri, la stesa di fili spinati e recinti, il rifiuto di pace e pacificazione come di solidarietà e coesione sociale, l’oppressione e repressione per fame di interi popoli, l’erosione della loro sovranità – traducendo il progetto unitario mai sancito e mai verosimilmente voluto in un altrettanto impossibile coordinamento poliziesco, in parallelo con la condivisione di operazioni di polizia  esterna. Eh si, è il momento buono per presentare come cure per un’Europa ferita, la conclusione dei patti depravati del Ttip, la stretta definitiva intorno alle nostre gole dei capestri del Tisa, tassello indispensabile per il mosaico codardo della dissipata liberalizzazione dei mercati dei servizi, per tagliar fuori Cina e Brasile, in un soprassalto dell’Occidente in veste di cinghiale che cerca di sottrarsi alla morte per declino.

Si, se li conosciamo bene, è probabile che quando si incontrano alle loro leopolde, nei loro think tank, alle loro merende si ritrovino a dire: grazie kamikaze.

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