Jobs act: Il vizio strutturale di eludere la verità

per Gabriella
Autore originale del testo: Alfredo Morganti

di Alfredo Morganti – 21 marzo 2016

“I dati relativi al primo anno del Jobs act dicono che abbiamo avuto oltre 900 mila contratti a tempo indeterminato e oltre 400mila cittadini che hanno visto il proprio posto di lavoro reso stabile, oltre 200mila posti di lavoro. Per i signori del Parlamento, delle opposizioni, è solo una trasformazione, ma a te ti cambia la vita, perché puoi fare un mutuo, un progetto”. E insiste: “Di fronte a questi dati che tu sia di sinistra, di sotto e di sopra, di questa o quella mozione non importa, l’Italia torna a creare posti di lavoro”.

Questo racconta Renzi (fonte Repubblica.it) a una platea di giovani democratici a Congresso. Sono dati palesemente elusivi della realtà. Nel 2015, secondo l’Inps (e secondo le slides di governo, nonché le fiancate dei bus pagate dai gruppi parlamentari PD) i contratti a tempo indeterminato in più sono stati 764.000, non 900.000 mila. Di questi, i veri contratti aggiuntivi sono stati solo 186.048 che, sommati ai 578.081 di mere ‘trasformazioni’, fanno appunto 764.000 circa in tutto. Se poi Renzi dice 900.000 perché somma ai contratti Inps (incongruamente) anche i dati Istat relativi a gennaio 2016 (ossia 99.000), per un totale di 863.000, non siamo tuttavia ancora a 900.000. Anche perché il 17 marzo scorso i giornali riportavano altri dati, meno lusinghieri, che dovrebbero indurre alla prudenza. A gennaio 2016, difatti, per la prima volta dopo mesi, a causa della netta riduzione degli sgravi fiscali agli imprenditori (da 8.000 euro a 3.000), la differenza tra nuovi contratti a tempo indeterminato e cessazioni è risultato essere negativo, meno 12.578! E se anche sommassimo le trasformazioni saremmo a più 37.000, appena un terzo tuttavia rispetto al corrispondente dato 2015 (che fu più 90.051).

Si tratta di elusione della verità. Tipica di chi maneggia i dati a fini di comunicazione politica. Si largheggia, si arrotonda, si mischiano cifre incongruenti, si spara forte per creare impatto. Peccato che lo si faccia a un congresso di giovani, che meriterebbero ben altra attenzione, non la propaganda spicciola. Non è bello. Così come fu un peccato che sia stata utilizzata, da parte di taluni, la scuola di formazione per fare comizi e polemiche in streaming. Va bene tutto. Ma non va bene che i giovani divengano l’indifesa platea della propaganda. Non è il modo più corretto per trasmettere saperi e valori. Anzi, l’effetto è opposto: così non si trasmettono né gli né gli altri, ma si fa crescere una nuova generazione sotto la ‘stampo’ della precedente. Che, permettetemi di dire, non è nemmeno un granché.

PS: Per inciso, riferirsi ai parlamentari definendoli ‘signori del Parlamento’ io lo trovo odioso.

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