Fonte: Politica prima.it
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di Giangiuseppe Gattuso – 05 maggio 2015
Sono bastati 334 voti della Camera dei Deputati per varare definitivamente la nuova legge elettorale. La migliore possibile. Non la migliore in assoluto e nemmeno la più condivisa. Anzi. Hanno votato contro una parte del PD e le opposizioni sono uscite dall’Aula. Uno spettacolo per niente edificante. Ma le condizioni politiche che l’hanno partorita non potevano consentire altro.
Il Governo ha voluto farne una questione di vita o di morte. Togliendo, però, al Parlamento una materia di sua competenza. E su questo, per bocca della tenace e simpatica Ministra Boschi, ha chiesto il voto di fiducia, scongiurando così le eventuali modifiche che avrebbero necessariamente richiesto un nuovo passaggio in Senato. Dove i numeri avrebbero potuto creare molte preoccupazioni in più.
Probabilmente l’Italicum paga il prezzo della rottura del Patto del Nazareno per l’elezione di Sergio Mattarella alla Presidenza della Repubblica. E che adesso firmerà la legge per la promulgazione. Storia passata. Matteo Renzi ha ritenuto di andare avanti, comunque, assumendosene la piena responsabilità politica.
Un precedente analogo risale al 1953 quando Alcide De Gasperi pose la fiducia per approvare la ormai famosa “legge truffa” che, per correggere la legge proporzionale, prevedeva la soglia del 50% più uno dei voti validi per l’attribuzione del 65% dei seggi. Insomma una qualche differenza c’è. Il premio di maggioranza era assegnato a chi aveva già vinto le elezioni, legittimandolo con una vasta rappresentatività popolare.
Era necessaria e urgente questa forzatura? Poteva il Governo lasciare ancora del tempo, consentire altre modifiche e raccogliere così un consenso più ampio? Probabilmente si e, a mio avviso, avrebbe fatto bene a farlo. Troppe energie sono state sprecate per un provvedimento che avrebbe dovuto avere un percorso più condiviso e il coinvolgimento del maggior numero possibile di forze politiche presenti in Parlamento. Tant’è.
Per quanto mi riguarda, nonostante tutto, ritengo la nuova legge migliore del Porcellum. Ha una soglia minima del 40%, a mio avviso piuttosto bassa, per l’attribuzione del premio di maggioranza alla lista vincente (non alla coalizione) che fa scattare 340 seggi della Camera dei Deputati. Altrimenti vanno al ballottaggio i primi due partiti. Ciò dovrebbe spingere verso un bipartitismo che però non è nella tradizione politica del nostro Paese. La soglia minima per accedere al riparto proporzionale è stata fissata al 3% consentendo così una più ampia rappresentanza, anche se c’è il rischio di una notevole parcellizazione partitica. I collegi elettorali sono 100 e le liste verranno composte da 3 a 9 componenti rispettando la parità di genere.
I capilista possono esserlo in non più di 10 collegi. Gli altri candidati potranno essere votati con le preferenze per un massimo di due.La legge vale solo per la Camera ed entrerà in vigore il luglio 2016, quando il Senato, se tutto va bene, non sarà più elettivo.
Le critiche a questo sistema sono pesanti e motivate. Così come le tesi a difesa. Personalmente non ho particolari preoccupazioni sul piano della tenuta democratica e nemmeno di un eventuale deriva autoritaria. Tutto questo, tra l’altro, e per spazzare via molti dubbi e riserve, potrebbe essere superato, finalmente, con una sana regolamentazione, per legge, della vita e dell’organizzazione dei partiti. Quelle organizzazioni previste dall’art. 49 della Costituzione e che, per l’appunto, hanno prodotto questo sistema. Ed anche con qualche aggiustamento alla riforma costituzionale in corso.
Gli ‘atteggiamenti’ ostentati del giovane Presidente del Consiglio, non lo nego, suscitano reazioni contrastanti e anche negative, ma restano, appunto, atteggiamenti che fanno parte del suo carattere e della sua prorompente vitalità. Potrebbe migliorare e qualcuno dovrebbe dirglielo.
Per il resto, vedremo. Le cose da fare sono tante e anche impegnative. E non bastano le forzature e nemmeno le invettive contro i gufi e i rosiconi. Ci vuole, invece, anche un po’ d’umiltà, di condivisone, di sacrificio, di pazienza. Renzi, dopo lo storico #enricostaisereno, ha il dovere di unire, di chiamare attorno a se le intelligenze disponibili, con il loro bagaglio di esperienze, valorizzando tutto quello che c’è da valorizzare. E, magari, ascoltando qualche consiglio in più. Anche così, e più facilmente, si può cambiare l’Italia. In meglio.