di Alfredo Morganti – 16 aprile 2016
Domani andrò a votare e voterò SI. Ma non è solo questo che voglio dirvi. E nemmeno che il voto è una cosa troppo seria per lasciarlo in mano a degli astensionisti boicottatori. No. Volevo dire che in questa campagna elettorale una cosa mi è apparsa chiarissima. Ed è questa. Una volta, quando c’era il partito, tutti quelli che militavano combattevano battaglie collettive. Se il partito stabiliva una cosa, quella si faceva. Era una forza e una debolezza assieme, diciamo, ma più di tutti una forza. Anche perché il partito non era un uomo solo al comando di un marchio, ma un gruppo dirigente grande e forte con dei valori condivisi e tanti militanti ed elettori con un grandissimo senso dell’impegno comune.
Oggi il partito non c’è più (perché non lo è quel marchio dietro cui circola il nulla). Eppure molti ex comunisti continuano a comportarsi come se ci fosse. È come se scattasse Pavlov. Fanno battaglie astensioniste, ad esempio, solo perché le ordina Renzi e le fa Renzi (che dimentica di essere il Capo del Governo e dunque una figura istituzionale). Tra chi, come me, ha invece elaborato dolorosamente il lutto (anche se prova una profonda nostalgia per quell’altra epoca e continua a pensare che un partito vero ci deve essere, altro che) circola un maggiore senso di libertà. Le scelte possono anche variare (no, si, astensione nell’urna), ma il valore del voto rimane chiaro, condiviso. E soprattutto non si risponde ad alcun comando personale calato dall’alto.
Insomma, siamo oltre la fase in cui il partito (quando c’era) dava la linea e si rispondeva tutti assieme responsabilmente. Oggi il partito non c’è, eppure certi continuano a rispondere come se invece ci fosse. Anzi peggio, perché non c’è più una linea elaborata e condivisa, non c’è un patrimonio culturale comune, non c’è più un intellettuale collettivo. Ma solo una sentimento del potere, forte, diffuso, personale. Nonostante ciò, i piddini (non tutti ovviamente) scattano come molle. Il Capo parla e tutti si mettono agli ordini. È stato così anche per questa sciocca astensione dal voto, per il boicottaggio delle urne e per la inquietante speranza che fallisca il referendum.
Scelta bislacca. Se si è d’accordo che le trivellazioni continuino all’infinito, si vota NO. Se si è dell’avviso contrario, allora si vota SI. Se non si hanno le idee chiare ci si astiene nell’urna. Boicottare il voto, puntare al suo fallimento è da Tafazzi veri. È come darsi bottigliate lì. Sono morte migliaia e migliaia di persone affinché potessero svolgersi libere elezioni, e non perché adesso qualcuno cada dal pero e decida che il voto è diventato inutile. Meritavate i plebisciti, ecco cosa meritavate. Ma non quelli renziani, che sono barzellette. Altri plebisciti, quelli veri. E sono certo che da bravi conformisti quali siete, avreste immediatamente aderito, scattando anche lì come molle. È questione anche psicologica, non solo politica. Comunque noi votiamo e continuiamo a votare anche per voi, tranquilli.