INTERROGATIVI SUL DESTINO.
L’INCIDENTE FERROVIARIO DI BRANDIZZO
L’incidente ferroviario in Piemonte ci pone degli interrogativi. Non mi riferisco però alla dinamica e alle indagini. Qui sono al lavoro magistrati e investigatori, e c’è da star sicuri che verrà presentata l’esatta ricostruzione dei fatti. È ideale della scienza l’essere capaci di calcolare o predire futuri avvenimenti in base al calcolo, le misure e la conoscenza di eventi passati, tra essi le omissioni, i ritardi di comunicazione, gli errori materiali. L’aspetto esterno delle cose, percettibile ai sensi, lo accompagniamo con il nostro pensare; se seguiamo il corso esterno degli eventi, arriviamo al punto di legarli per mezzo di pensieri. È divenuto familiare accettare la rigida necessità come modello per la nostra percezione esterna del mondo. Per rigida necessità intendo che date le premesse l’incidente mortale ne segue come effetto.
Alla fine delle indagini, dunque, ci viene presentata la ricostruzione dei fatti sul piano materiale. La ricostruzione dei fatti si basa sull’uso di concetti: un pensiero deve seguire un altro: la comprensione dipende dalla nostra abilità di sviluppare un pensiero a partire dal precedente. È nella natura dei concetti che uno debba seguire l’altro. Facciamo del nostro meglio per misurare quali effetti si daranno.
Ma sul piano spirituale? Qui mi rivolgo a quelli che sono aperti nel cuore e nell’anima. Le cose sono andate in modo diverso nel mondo spirituale. È in fondo la povertà della nostra comprensione del mondo, la divaricazione tra il mondo dei fenomeni fisici e il mondo morale, il mondo spirituale. Il giusto pensare, anche se non si commettono errori, non conduce alla realtà ma solo alla ricostruzione dei fatti esterni.
Dobbiamo familiarizzarci con il fatto che ci sono ben altre forze in gioco. Voglio dire che guardando solo esternamente è facile cadere preda di inganni.
Immaginiamo infatti una persona che guida un calesse, quindi vediamo un cavallo attaccato a un calesse e un tizio seduto dietro mantenendo le redini. Noi guardiamo e diremmo naturalmente che il cavallo sta tirando e l’uomo viene tirato. Giusto! Ma sappiamo bene che ciò non è esatto: è la persona seduta che guidando sta conducendo il cavallo e il calesse laddove egli vuole. Sebbene sia il cavallo che stia esercendo la forza per trasportarlo, la persona alle redini conduce il calesse e il cavallo. Se afferriamo l’esempio, comprendiamo che ci troviamo nella stessa situazione, quando nell’incidente del Piemonte osserviamo e giudichiamo puramente dall’esterno, sulla base di eventi sul piano fisico. Stiamo osservando esclusivamente le forze meccaniche e la catena degli eventi così come sono registrati come quando nell’esempio del calesse ci sembra che il cavallo tiri calesse e guidatore e faccia tutto lui. La forza che controlla il tutto è possibile trovarla nella volontà del guidatore, dunque nel mondo spirituale. E di fronte alla sfera dei sensi, la volontà umana resta una parola priva di qualsiasi contenuto.
Se riteniamo di trovare la causa supponendo che essa sia ciò che è accaduto immediatamente prima, ugualmente cadiamo in errore. Pensiamo infatti a due uomini che si incontrano, e seguiamoli in maniera scientifica, magari con video camera,, indagando quello che fecero una ora prima dell’appuntamento, e poi una ora ancora prima, e così via. Potremmo tracciare indietro come una cosa fu condotta ad una altra, e come i due furono portati a incontrarsi.
Poi qualcuno ci dice che i due uomini avevano preso l’appuntamento cinque mesi prima di incontrarsi. Quindi la causa di qualcosa non è necessariamente collegata con l’evento immediatamente precedente. Se interrompiamo di cercare nella catena di cause prima di essere arrivati al collegamento giusto, non lo troveremo, soprattutto se vi sono coinvolte azioni umane. E quindi ci apriamo agli inganni e le fallacie. Voglio ipotizzare, cioè, che nelle azioni umane non si può interrompere la catena delle cause a un certo tempo. Le possono essere state determinate molto tempo addietro, come nell’esempio dei due amici. Sto alludendo alle vite passate. Sto alludendo al destino, questo grande mistero.
Ci sono persone, le quali dicono che il testimonio quotidiano di tante violenze ed eccidi è motivo per non credere nella immortalità e nel aldilà. Come è possibile, dicono, immaginare un mondo superiore che sia immobile e impassibile dietro tali orrori?
Ma allo stesso tempo, ci sono altre persone e io tra loro che davanti agli stessi terribili avvenimenti hanno un atteggiamento spirituale differente: come potremmo spiegare ciò che accade se non ci fosse un mondo superiore al nostro mondo sensibile?
FILOTEO NICOLINI