In memoria di Qassem Soleimani
di Livio Ghersi
L’uccisione del generale iraniano Qassem Soleimani induce ad alcune riflessioni.
La prima riguarda i diritti dell’uomo. «Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della sua persona». Così recita l’articolo 3 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
In realtà, il diritto alla vita non esiste. Qualunque persona, in qualsiasi parte del mondo, può essere colpita ed eliminata. Basta un drone, un piccolo oggetto volante, che, per le sue ridotte dimensioni, è difficile da avvistare per tempo e ancora più difficile da neutralizzare. Il piccolo drone, comandato a distanza, porta i suoi strumenti di morte: tre, quattro, missili, dalla enorme capacità distruttiva.
Chi ha il potere di decidere la morte altrui? Il Presidente degli Stati Uniti d’America, ad esempio, ha questo potere. Non ha bisogno della preventiva autorizzazione del Congresso degli Stati Uniti. Decide e basta, dopo aver sentito la versione degli Apparati di sicurezza. Una decisione come quella di uccidere una personalità del regime iraniano avrà sicuramente delle conseguenze, negative per gli Stati Uniti. Eppure il Presidente decide da solo, coinvolgendo il proprio Paese e le proprie Forze armate senza che le Istituzioni democratiche rappresentative possano aprire bocca sull’argomento.
La seconda riflessione riguarda i rapporti internazionali. Tra le diverse potenze c’è qualcosa di più di un Gentlemen’s agreement: i Capi di Stato, i diplomatici, i vertici delle Forze Armate, sono preservati e messi al riparo da ogni possibile attacco. Conviene a tutti rispettare questa regola. Altrimenti, la politica estera si trasformerebbe in una sistematica caccia all’uomo, in cui ogni potenza cercherebbe di sopprimere i rappresentanti delle potenze rivali ritenuti ostili ai propri interessi. Qualcuno ricorda gli anarchici del diciannovesimo secolo? Qualcuno ricorda i regicidi? Ed i tanti sovrani uccisi, come il re d’Italia Umberto I? Sembra che il Presidente degli Stati Uniti semplicemente ignori la Storia e si compiaccia di agire come potrebbe agire un pirata in un mondo senza regole.
Lui stabilisce che l’Iran è uno “Stato canaglia”; che il tale corpo militare iraniano è un’organizzazione terroristica. Fino a ritenersi legittimato a disporre la soppressione fisica del vertice della presunta organizzazione terroristica. Cosa succederebbe se ogni potenza, grande o di medie dimensioni, cominciasse a regolarsi allo stesso modo con i propri avversari?
Terza riflessione. Ci sono in giro tanti sostenitori dei “diritti umani” a senso unico. Quando le truppe siriane di Bashar al-Assad, sostenute dai russi, cercano di riconquistare la provincia siriana di Idlib, nel Nord della Siria, è tutto un fiorire di recriminazioni contro una violenza che procura la morte di tanti bambini innocenti. In Iraq, invece, i sostenitori dei “diritti umani” a senso unico si sono compiaciuti delle dimostrazioni di massa organizzate contro il legittimo governo del Paese. Senza tenere conto che l’Iraq, nella stragrande maggioranza della sua popolazione, è di religione islamica di osservanza Sciita; mentre i bellicosi dimostranti appartengono alla locale minoranza di osservanza Sunnita.
La stessa, per intenderci, che era al potere al tempo di Saddam Hussein. Dopo la fine di Saddam Hussein, sono stati i Sunniti, orfani del potere, a creare lo Stato dell’ISIS ed a concepire la follia del Califfato. Ora che l’ISIS risulta sconfitto, ci riprovano, in altre forme. I sostenitori dei “diritti umani” a senso unico sono troppo filoamericani e troppo filoccidentali per badare a queste sottigliezze. Sono pronti ad accettare tutto: la destabilizzazione dell’Iraq, così come fino a poco tempo fa erano pronti ad accettare la spartizione della Siria. Non si meravigliano neppure che la Turchia mobiliti i “democraticissimi” oppositori siriani di Bashar al-Assad e li trasferisca a combattere in Libia, sempre a servizio degli interessi turchi.
Quarta riflessione. Il nostro dovere è rispettare sempre e comunque i popoli. I governanti passano, i popoli restano. Gli Stati Uniti d’America sono un grande Paese, nonostante Trump, che rappresenta il peggio del peggio. Speriamo in presidenti migliori, in un prossimo futuro. La Turchia è un grande Paese; che al momento ha un presidente, Erdogan, troppo spregiudicato. L’Iran è un grande Paese, di gran lunga migliore della cattiva immagine che osservatori interessati (israeliani e statunitensi) cercano di cucirgli addosso. L’augurio che si può fare agli iraniani è che non si lascino accecare dal sentimento di vendetta e che si rimettano a quella superiore giustizia in cui tutti i credenti sono tenuti a confidare, posto che hanno fede nella Divinità.
Quinta riflessione. Un essere umano è stato assassinato. Si chiamava Qassem Soleimani. C’era una volta la buona creanza di manifestare solidarietà alle vittime, non ai carnefici. Qui la vittima è Soleimani. A lui ed all’intero popolo iraniano un piccolo attestato di solidarietà, simpatia ed amicizia. Piccolo perché proviene da chi conta nulla. Ma nel contempo grande perché denota che la prepotenza continua ad incontrare umanissime resistenze.
Palermo, 4 gennaio 2020
Livio Ghersi