IN CHE EPOCA VIVIAMO

per Filoteo Nicolini
Autore originale del testo: Filoteo Nicolini

La domanda è d’obbligo,  in che epoca ci troviamo? Solo guardando al passato possiamo intravedere qualcosa. E a quale passato riferirci, da che punto partire? Dall’immagine del precedente articolo possiamo prendere le mosse dalla catastrofe di Atlantide, che segna per così dire lo spartiacque tra una civiltà del remoto passato e l’inizio della nuova.  Il nostro periodo è  l’epoca post atlantica. Quando il diluvio pose fine ad Atlantide,  fiorì in primo luogo l’antica civiltà Indiana, ed essa fu seguita dalla antica civiltà Persa.

A questa fece seguito la terza, denominata Assiro Babilonese Egiziana, e poi la quarta Greco-Romana. Noi ci troviamo nella quinta epoca.

E alla nostra seguiranno ancora altre due civiltà, quando ci avvicineremo alla  “guerra di tutti contro tutti” dovuta a devastanti fenomeni sociali. In essa si assisterà  alla distruzione  delle conquiste culturali e il sorgere dei gruppi che avranno accolto i principi spirituali dell’altruismo. In totale sono 7 epoche.

La prima epoca culturale Indiana rappresentò l’alba di quello che oggi contempliamo. Era una stirpe umana che viveva nel ricordo dei tempi antichi e di quanto allora vissuto. Tutto ciò si riflesse nei Vedas e nel Bhagavad Gita. L’essere  umano nella sua maggioranze possedeva una chiaroveggenza che si avvicinava al crepuscolo e viveva tra esseri spirituali. La nota caratteristica di tale civiltà fu la nostalgia di quello che gli antenati atlantici avevano visto prima che la porta dello spirito si cominciasse a chiudere. Aspiravano a guardare all’indietro, a quello che gli antenati avevano vissuto insieme agli Dei, mentre il paesaggio fisico che cominciava ad apparire davanti ai loro occhi sembrava di valore infimo rispetto ai loro ricordi.

Era maya,  la grande illusione  a cui sfuggire.

Ma l’essere umano apprese poco a poco a comprendere la realtà  esterna e a riconoscere che tutto quello che era a lui dato attraverso i sensi non doveva essere considerato  una apparenza bensì un dono, un dono degli Dei. Gli Dei non avevano dato inutilmente i sensi agli esseri umani. Così si sviluppò la seconda civiltà Persa, dove l’ambiente era considerato il campo di lavoro e di sviluppo. Il territorio intorno ancora poteva sembrare strano e ostile, ma ora diveniva il campo di lavoro su cui imprimere il proprio spirito. La Terra era vista dominata dalla forza avversaria di Arimane, ma il buon Dio Ormuzd vegliava sull’Umanita’ ed essa si poneva al suo servizio.  Seguendo la sua volontà si imprimeva lo spirito sulla Terra e questo mondo diveniva terreno da coltivare. Perciò il mondo fisico percettibile dai sensi era un campo di lavoro.

Nella terza epoca, l’essere umano si avvicinò ancora di più alla realtà del mondo esterno. Ora i sacerdoti Caldei osservano gli astri e il percorso delle stelle, e riconoscono in quei transiti celesti la volontà degli Dei. I Cieli sono la scrittura divina che può  essere decifrata e i suoi segreti svelati. E che diviene per gli Egiziani la Terra?  La geometria si afferma come la possibilità di apprendere a dividere la Terra in base a leggi geometriche. Ora vengono ricercate le leggi dello spazio non più considerato maya. Nella civiltà  Persa si era arato e lavorato la terra; ora si suddivideva lo spazio terrestre. Inoltre, riconoscendo che gli Dei manifestavano la loro volontà nella scrittura leggibile nei Cieli, per fare il bene si poteva nella vita pubblica prendere iniziative appropriate al corso degli eventi celesti. Se si trattava di promulgare una legge, si cercava consiglio nei libri sacri affinché tutto fosse specchio di quanto accadeva nei Cieli.

Poi sopravvenne la civiltà Greco-Romana nella quale si crearono ammirevoli opere d’arte e una immagine perfetta dell’essere umano nel mondo materiale. Nel dramma teatrale emergeva il tema del destino umano, mentre nella cultura Egiziana ancora si cercava la volontà degli Dei. Questa conquista della materia, cosi come la vediamo tra i Greci, significa un altro passo  verso l’affezione all’esistenza materiale. Nella Grecia lo spirito era usato per spiritualizzare la materia. E la materia spiritualizzata la vediamo nelle figure di Apollo, di Giove, e degli altri Dei in figura umana.

Fu in questa epoca che entrammo completamente nel piano fisico. Nella Grecia e poi in Roma l’individuo divenne cittadino.

Ora ci troviamo nella quinta epoca, quando siamo scesi ancora più in basso e lo spirito è per così dire schiavo della materia. Moltissimo spirito è stato impiegato per fare del piano fisico esterno il domicilio più comodo e confortevole possibile per noi. Consideriamo la enorme quantità di energia spirituale investita nella nostra civiltà materiale! Ma molto, molto poco degli artefatti è a disposizione della cultura spirituale. Da questo marcato squilibrio si capisce come lo spirito è imprigionato nella materia e quanto siamo caduti nell’ambito materiale. La conquista dell’intelligenza rappresenta paradossalmente l’altro polo. Naturalmente,  in questa discesa sempre sono presenti e attivi gli impulsi spirituali per iniziare la lenta risalita.

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