IN AUMENTO GLI ITALIANI SCETTICI SULLA SHOAH. DI CHI LA COLPA?

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Domenico del Nero, Maurizio Blondet
Fonte: Minima Cardiniana

IN AUMENTO GLI ITALIANI SCETTICI SULLA SHOAH. DI CHI LA COLPA?
Voglio bene all’amico Maurizio Blondet, gli do spesso ragione, ma sovente le sue posizioni mi lasciano perplesso e su molte cose non sono d’accordo con lui. Mi sembra però che su quest’argomento, molto delicato, abbia le sue ragioni: ironia a parte (o, forse, grazie proprio all’ironia…).

Maurizio Blondet
Il fallimento
Sono letteralmente sdegnato, anzi arrabbiato e disgustato dalla tremenda notizia del giorno: “Negli ultimi 15 anni gli italiani che negano la Shoah sono passati dal 2 al 15%”
Lo ha scoperto un’indagine Eurispes… Avevo appena postato qualche giorno fa, con soddisfazione la notizia che avevo letto su Moked, il portale ufficiale dell’ebraismo, che citando un sondaggio dell’Osservatorio Solomon, titolava “l’1,3% degli italiani non crede alla Shoah”; e il mio cuore si apriva alla gioia: per quanto voi vi lamentiate, o vittime, ciò significa che il 98,7% degli italiani, invece, ci crede.
E adesso arriva questa notizia. Terribile. Di colpo, “gli italiani che negano la Shoah passano da 2 al 15%”. In quando tempo? In 15 anni, dice lo Eurispes; ma l’Osservatorio Solomon invece dice, con precisione, che la rilevazione l’ha fatta nel novembre 2019.
Periodo di rilevazione: 28-30/11/2019
Campione: 1.000 interviste
Quindi, signori, non già “15 anni fa”, ma solo pochi mesi fa noi italiani credevamo all’Olocausto al 98 per cento, e improvvisamente siamo diventati negazionisti, antisemiti e filo-nazisti al 15%.
Tanto che non è mancato chi ha mostrato un maligno negazionismo sulla ricerca Eurispes: “Quindi 15 anni fa hanno rilevato quanti italiani negavano la Shoah? E sono sondaggi quindicinali o annuali? O semestrali? E chi li fa? Dove sono i questionari? Chi ha risposto? Quando esattamente?” (l’identità del criminale mi riservo di rivelarla alla Kommissaria Santerini con apposita delazione, se richiesto).
Ma il problema reale, di cui dovete prendere atto, è che il fallimento è tutto vostro. Come? Vent’anni di Giornate della Memoria internazionali; documentari su Auschwitz e rivisitazione i suoi forni crematori; celebrazione a reti unificate della Rai, La Sette e Sky; ennesime repliche di Schindler ListIl Pianista e La scelta di Sophie dall’alba alla notte; rievocazione di Primo Levi e di Anna Frank; la (di nuovo) commovente testimonianza della senatrice Segre, sopravvissuta; il monito vibrante di Mattarella: “Basta colpi di spugna sul fascismo!”, di El Papa: “Davanti a questa immane e atroce tragedia non è ammissibile l’indifferenza ed è doverosa la memoria”, l’anniversario dell’Olocausto, l’indicibile crudeltà che l’umanità scoprì 75 anni fa, sia un richiamo a fermarci, a stare in silenzio e fare memoria. Ci serve, per non diventare indifferenti”. Gli inviti a denunciare, da parte di David Sassoli, “ogni qualvolta c’è un’azione antisemita e razzista” – aggiungiamoci pure le: gite scolastiche ad Auschwitz, la nomina nuovissima della Commissaria all’Antisemitismo, e i direttori dei principali giornali e tv ebrei, sorveglianti della Memoria e prontissimi a denunciarne ogni affievolirsi nella stanchezza e nella noia – ed è questo il risultato? Invece di credere sempre più alla Shoah, noi italiani ci crediamo sempre di meno? La vostra inefficacia salta all’occhio. Che dico? Il vostro fallimento. Non ho parole abbastanza dure per rimproverarvi. Cambiate linea, perché ancora un paio di Giornate della Memoria e fate rinascere il Nazismo.
(www.maurizioblondet.it, 31 gennaio 2020)

E, a proposito di questo…
A Domenico del Nero potrei dedicare, mutatis mutandis, le stesse parole con le quali ho introdotto l’articolo di Blondet. Ecco qua, allora.

Domenico del Nero
Liliana Segre e la prof fiorentina: si torna al reato di opinione?
Una considerazione sicuramente inopportuna rischia di scatenare l’ennesima bagarre politically correct
Le nuove parole dello scandalo: “Liliana Segre non la sopporto. E anche voi, ragazzi, non vi fate fregare da questi personaggi che cercano solo pubblicità”. Parole dure e sicuramente inopportune, specie se pronunciate davanti a dei ragazzini di seconda media. Ma sufficienti a giustificare uno scandalo di dimensioni cittadine e forse non solo, e addirittura la sospensione della docente in questione?
Quanto accaduto a Firenze in questi ultimi giorni rischia di diventare l’ennesimo tormentone politically correct. L’episodio si è verificato alla Scuola Mazzanti di Coverciano proprio lunedì scorso, giorno della Memoria. L’insegnante “incriminata” avrebbe poi aggiunto, secondo le testimonianze dei ragazzi stessi: “Anche mio nonno è stato in un campo di concentramento, ma non è certo andato in giro a dirlo a tutti”. E per finire un discorso che è stato preso come una sorta di intimidazione: “E ora non andate a casa a dire ai vostri genitori che sono nazista e antisemita…”. I ragazzini, comprensibilmente sconcertati, avrebbero invece (e giustamente) riferito tutto a casa e di qui si sarebbe messa in moto una macchina culminata in una lettera firmata da 78 docenti, di dissociazione e anche di richiesta al dirigente scolastico di provvedimenti. E il dirigente, senza por tempo in mezzo, ha chiesto all’insegnante di non presentarsi a scuola attivando al contempo le debite procedure per una inchiesta disciplinare. Il sindaco di Firenze Dario Nardella, da parte sua, non ha tardato a esprimersi: “Mi vergogno del fatto che questa cosa sia successa proprio a Firenze, medaglia d’oro della Resistenza, e città legatissima a Liliana Segre, oltre che città che ha sofferto sulla propria pelle la persecuzione della Shoah”, ha dichiarato il sindaco, annunciando per la prossima settimana una visita alla scuola. “Voglio parlare con insegnanti e bambini. Inviterò poi la scuola in Palazzo Vecchio per il giorno in cui assegneremo la cittadinanza onoraria alla Segre”. L’articolista della Nazione che riporta le dichiarazioni del sindaco si premura inoltre di farci sapere che i messaggi di sdegno solo giunti solo dalle latitudini del centrosinistra, con l’unica eccezione di un consigliere comunale della Lega.
Sicuramente, l’insegnante in questione, di cui viene per ora pietosamente taciuto il nome, poteva scegliere un altro momento e un altro modo per esprimere la sua opinione, tenendo anche conto dell’età del suo pubblico: ragazzini che sicuramente sanno benissimo cosa sia la Shoah e questo è senz’altro positivo, anche se sarebbe bene se conoscessero anche qualche altro orrore del XX secolo, comunisti compresi. Ma questo è un altro discorso; comunque sia, un intervento così “a gamba tesa” con dei ragazzini è del tutto fuori luogo, siamo d’accordo.
Quello su cui francamente sono molto meno d’accordo è sul pubblico processo e relativa gogna mediatica che sta per scattare su una persona rea, a quel che sembra, di aver espresso una opinione pesante e inopportuna quanto si vuole, ma nessun reato. Anche perché, tra l’altro, bisognerebbe considerare una cosa: la signora Segre è figlia di un uomo assassinato ad Aushwitz, lei stessa vittima della deportazione a cui è fortunatamente scampata; ed era all’epoca una ragazzina di 13 anni. Ovvio dunque che per questi fatti sia degna del massimo rispetto e che chiunque si permetta di sminuirli o ironizzarvi sopra sia degno solo del massimo disprezzo, a prescindere da eventuali conseguenze di tipo penale. Ma la domanda è: è possibile ravvisare nelle parole della prof un atteggiamento del genere?
Non sembra proprio: anzi questa ha addirittura riportato il caso del proprio nonno che sarebbe stato anche lui internato in un campo di concentramento aggiungendo quella considerazione “ma non è certo andato a dirlo in giro” che personalmente non condivido affatto, perché chi è passato attraverso un qualsiasi tipo di inferno, sotto qualunque tipo di regime, ha non solo il diritto ma anche il dovere di testimoniarlo, purché ovviamente si senta di farlo.
Ma qui si impone anche un’altra considerazione: la senatrice Segre non è solo la testimone di un episodio storico che non può e non deve essere dimenticato; è anche un personaggio politico, che assume (legittimamente) posizioni tra l’altro nettamente schierate. E se questo non può certo giustificare che la si attacchi sul piano personale o che si strumentalizzi in qualsiasi modo il suo passato, la espone nondimeno a critiche, giustificate o meno che siano, in quanto personaggio pubblico.
Personalmente non condivido quanto detto dall’insegnante: ho il più profondo rispetto della signora Segre sul piano personale e molte riserve sul suo operato politico, ma non certo sul fatto che testimoni il dramma in cui è stata coinvolta insieme con la sua famiglia. Quello che però mi domando è se quanto affermato incautamente e inopportunamente quanto si vuole – meriti una simile bagarre e soprattutto la “lapidazione mediatica” di una persona, senza contare le conseguenze che rischia sul piano professionale.
Se io fossi Liliana Segre intercederei a suo favore: perché chi è stato privato della libertà in modo così atroce non può, a mio parere, tollerare che un’altra persona sia duramente censurata e sottoposta a pubblico ludibrio per avere espresso una opinione quanto si vuole discutibile, ma che non viola nessunissima legge se non forse, quella del buonsenso. Si deve certo rispettare Liliana Segre e il suo passato, come degne di rispetto dovrebbero essere tutte le vittime di qualsiasi regime totalitario, compresi quei paradisi “ex sovietici” a suo tempo esaltati anche da certi ex presidenti della repubblica nostrani. Ma nemmeno la senatrice Segre può essere esente da considerazioni critiche, che si possono certo non condividere o biasimare – se del caso – per la loro rozzezza e inopportunità, ma condannare è altra cosa: degna, al più, di certi regimi da cui si vorrebbe o si dovrebbe prendere le distanze, e dalla cui ideologia certi personaggi “indignati a comando” discendono, anche se fanno finta di scordarselo.
(www.totalita.it, 3 febbraio 2020)

Pubblicato in MC
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