Imprenditori eroici vs giovani fannulloni: un format disonesto

per Gian Franco Ferraris
Autore originale del testo: Angelo Romano
Fonte: Valigia blu
Url fonte: https://www.valigiablu.it/lavoro-imprenditori-giovani-fannulloni/

di Angelo Romano – 1 maggio 2018

Ancora un annuncio di lavoro mascherato da notizia di cronaca locale secondo il format degli “eroici imprenditori che offrono lavoro e giovani ingrati che non lo accettano” con una piccola variazione sul tema.

L’ultima volta era stata la Antonio Carraro, la ditta di Campodarsego, in provincia di Padova, in Veneto, che realizza trattori per l’agricoltura specializzata dal 1907, a denunciare tramite un’intervista sul Gazzettino di non riuscire ad assumere 70 dipendenti per assenza di candidature. L’intervista fu poi immediatamente rilanciata da altri due giornali dello stesso gruppo editoriale, Il Mattino e Il Messaggero. Questa volta siamo una ventina di chilometri più a est, sempre in Veneto, ancora in provincia di Padova, a Trebasaleghe. Una decina di giorni fa, Fabio Franceschi, il presidente di Grafica Veneta, una storica stamperia, famosa per aver stampato le edizioni italiane di Harry Potter, il Corano, i libri di Stieg Larson e gli allegati di Le Monde, El Pais e New York Times, si è rivolto a Mattino di Padova e Corriere del Veneto per dire che «da 3 mesi cerca 25 operai, ma ne ha trovati solo 4», nonostante non sia alla ricerca di figure specializzate, offra «una buona paga tra i 1300 e i 1500 euro al mese» e «la formazione sia a carico a nostro». Un problema, spiega Franceschi al Mattino di Padova, che rallenterebbe il piano di investimenti dell’azienda tenendo ferma una rotativa da 10 milioni di euro. Nella ricerca di personale le hanno provate tutte, dice il presidente di Grafica Veneta: «Dalle agenzie interinali, agli annunci, dal passaparola fino alle chiamate dirette fatte dal nostro direttore del personale a chi aveva lavorato qui anche solo per poche settimane: nessuno ci ha dato risposta. Molti ci hanno detto che erano già impegnati, altri che non avevano intenzione di lavorare su turni. (…) Mi domando che razza di paese sia quello in cui ci si lamenta della disoccupazione ma si rifiuta il lavoro».

In un’altra intervista, sempre lo stesso giorno, il 17 aprile, al Corriere del Veneto, il presidente di Grafica Veneta è ancora più esplicito. A rifiutare il lavoro sono i giovani, poco intraprendenti e poco inclini al sacrificio: «Tutte le persone che abbiamo valutato per le posizioni aperte avevano già un lavoro tutto sommato decoroso. Siamo un territorio che sinceramente sta bene, anche se ci lamentiamo. Chi cambia lavoro lo fa per migliorare, non per fare turni di notte o cose simili, altrimenti si tiene quello che ha. (…) La situazione è particolarmente critica nella fascia d’età dei ragazzi giovani: qualche ragazzotto che dà la disponibilità c’è ma poco dopo rinunciano per via dei turni. “Troppo pesante con i turni”, dicono. Su cinque assunti uno solo è un ventenne, gli altri sono trenta-quarantenni».

Franceschi, inoltre, non è sconosciuto ai media e al grande pubblico. Nel 2015 Maurizio Costanzo dedicò alla storia della sua famiglia e della sua stamperia la prima puntata del suo nuovo programma “Bella Storia”, che raccontava le vite di imprenditori italiani di successo. Fino allo scorso febbraio il presidente di Grafica Veneta era socio di minoranza del Fatto Quotidiano e si era candidato nelle liste di Forza Italia nel proporzionale nel collegio di Vicenza alle scorse elezioni politiche senza riuscire però a essere eletto. Le due interviste ripropongono la struttura narrativa degli articoli pubblicati ciclicamente dai giornali sugli imprenditori che cercano personale ma nessuno risponde perché i giovani non vogliono lavorare.

Articoli che, come scrivevamo in un post del 2017 che smontava questo tipo di format, nella loro costruzione ricorrono sistematicamente a determinati cliché: la magnificazione della fatica come valore in sé, che i giovani, “snob, solitamente laureati” rifiutano preferendo i lavori intellettuali a quelli umili o fisici; la narrazione mitica del datore di lavoro, “colui che chiama l’eroe – il giovane – all’impresa: lavorare. Non solo: di solito gli fornisce anche un buon contratto e/o uno stipendio molto alto – veri e propri artefatti magici, di questi tempi. Ma l’eroe rifiuta l’impresa”; la trasformazione di problemi collettivi (diritto al lavoro) in problemi individuali (immaturità psicologica di chi non lavora stabilmente), per cui questioni complesse come lavoro, disoccupazione e modalità di reclutamento dei dipendenti vengono affrontate su un piano esclusivamente individuale e di approccio alla fatica secondo la narrazione del “lavoro c’è ma sono i giovani che non vogliono lavorare”.

Nel caso dell’articolo sul Mattino di Padova, si dà voce al solo datore di lavoro che diventa fonte indiscussa (senza verificare e approfondire le questioni che solleva) e a fine intervista arriva a chiedersi “che razza di paese sia quello in cui ci si lamenta della disoccupazione e poi si rifiuta il lavoro”. Non vengono ascoltate altre voci (altri dipendenti, le 4 persone che sarebbero state assunte, i sindacati), non vengono visionati i contratti, non vengono contestualizzate le proposte lavorative rispetto al mercato del lavoro e alla particolare tipologia professionale. Le cifre vengono date in termini assoluti senza far capire ai lettori se la paga proposta (tra le 1300 e le 1500 euro) sia lorda o netta, se sia effettivamente “una buona paga”, come sostiene Franceschi, non vengono indicate le ore di lavoro settimanali. Solo la voce del titolare dell’azienda che, come nel caso delle panetterie Pattini dello scorso ottobre, della Antonio Carraro lo scorso dicembre, prima si lamenta sui giornali di non riuscire a trovare dipendenti da assumere e poi, dopo l’annuncio sui quotidiano, si trova sommerso di curriculum provenienti da tutta Italia ed è costretto ad ammettere di aver sbagliato strategia di reclutamento o di non aver visionato i Cv che erano arrivati prima delle denunce sui media.

Così è stato anche in questo caso. Persino Franceschi, nell’intervista al Corriere del Veneto, si era mostrato abile profeta nel prevedere che «ora che i giornali si sono occupati della questione riempiremo le posizioni in una settimana». Questa volta sono bastate poche ore. Il giorno successivo alle due interviste, sono iniziati ad arrivare in azienda centinaia e centinaia di curriculum. Secondo il Giornale di Vicenza 1000 Cv in poche ore. In una nuova intervista al Mattino di Padova, si scopre che i criteri di selezione non erano così ampi come Franceschi aveva fatto intendere solo pochi giorni prima e non era vero che non si era presentato nessuno. Riferendosi ai nuovi curriculum arrivati, dice: «Abbiamo avuto 7-8 buone candidature, metà le scarteremo. Per questo eravamo incazzati neri, in quattro mesi avevamo trovato quattro operai. Ed entro fine anno ci serviranno almeno altre 50 persone». E nel motivare le esclusioni spiega che «qualcuno non è piaciuto all’ufficio del personale, mi hanno detto che erano rompicoglioni. Altri non erano adatti a lavori un po’ pesanti. Ora abbiamo tante candidature, ma cosa me ne faccio di uno di Catanzaro? Qui non ci sono case e stare a Castelfranco vuol dire fare 50 km al giorno, poi uno è in difficoltà». A lui servivano «candidati del nostro territorio, di quelli che li assumi ed è tutto ok».

Una storia molto simile ad altre di cui ci siamo occupati in passato, dove puntualmente si scopriva che le cose non erano esattamente come erano state raccontate. Come quelle già citate della Antonio Carraro o di Angelo Pattini, titolare delle omonime panetterie, che “dopo giorni di pubblicità gratuita sui media, ha annunciato di aver ricevuto 1200 CV e sorpresa delle sorprese si scopre che non sono i giovani a non voler lavorare ma è lui che non legge i curriculum”. O i “panettieri di Gramellini” nel 2011, i pizzaioli introvabili nel 2013, i laureati introvabili per Execo nel 2014, i giovani che non volevano lavorare a Expo come era stato denunciato da alcuni media nel 2015.

Come allora, anche questa volta i social si sono rivelati un luogo dove “i giovani fannulloni che rifiutano il lavoro” hanno potuto far sentire la loro voce, ignorata in prima battuta dai giornalisti. Gli articoli del Mattino di Padova e del Corriere del Veneto sono stati molto commentati sui rispettivi siti e su Facebook. I commenti e la viralità degli articoli hanno spinto, così, i due quotidiani ad ascoltare alcune delle persone intervenute sui social network e ad approfondire la vicenda. Pierfrancesco Carcassi sul Corriere del Veneto intervista alcune delle persone intervenute, come Sabrina Zuin, ex tirocinante ora impiegata nell’industria tessile, che a proposito della sua esperienza a Grafica Veneta, racconta: «Facevamo otto ore senza pause e c’era chi ne faceva molte di più. Non avevamo una mensa e se si provava a mangiare qualcosa durante il lavoro si veniva ripresi, per questo ho lasciato». “Un altro ex dipendente, Antonio Zabeo – prosegue Carcassi – lamenta le condizioni di lavoro in rotativa: «La paga è alta ma le rotative non si fermano mai, non c’era un attimo di respiro, a volte si era sotto organico. Ora scarico i camion otto ore al giorno, senza turni, mi trovo bene»”. Il giornalista sente poi anche una sindacalista, Marianna Cestaro, Slc Cgil Padova, e si scopre che probabilmente non si trattava solo di un problema di comunicazione e di scarsa intraprendenza dei giovani. «Grafica Veneta non eccelle nel tenere rapporti corretti con le parti sociali e non applica i contratti collettivi», spiega Cestaro. Anche il Mattino di Padova, di fronte alla “viralità della notizia sul sito” (ndr, attualmente oltre 25mila condivisioni su Facebook), decide di ritornare sulla storia. “I commenti, non solo sull’articolo di cui abbiamo parlato sopra, ma anche sui relativi post su Facebook, ci hanno convinti della necessità di un ulteriore approfondimento sul caso specifico. Un destino comune a molte altre notizie del filone “offro lavoro ma nessuno lo vuole”, che da tempo fa discutere”, spiega il quotidiano. Cristiano Cadoni intervista nuovamente Fabio Franceschi e viene dato spazio a un intervento del segretario generale della Cgil di Padova, Aldo Marturano, che spiega come l’intera vicenda ponga la questione dell’assenza di una “rete collaudata ed efficiente” che consenta il reclutamento di dipendenti nelle aziende del territorio: «Manca la cultura della ricerca, manca una progettazione, una pianificazione. Questa vicenda fa emergere il deficit esistente. E mette in evidenza il silenzio delle istituzioni. Nessuno interviene. Parliamo noi sindacati, i lavoratori protestano e tutto finisce lì. Ma nessuno dice che il sistema non funziona e che la filiera scuola – università – formazione è difettosa», spiega il segretario della Cgil.

Cosa abbiamo imparato ancora una volta da tutta questa storia? Mattino di Padova e Corriere del Veneto hanno deciso di approfondire la vicenda solo dopo la viralità dei primi articoli e i commenti ricevuti sui social network. La notizia, in tutta la sua complessità, è emersa dopo quando sono state ascoltate tutte le voci coinvolte nella vicenda. È singolare dover sottolineare che, come sempre, anche in questi casi, sia necessario per un giornalismo autorevole e credibile approfondire prima di pubblicare la storia dell’imprenditore disperato che non trova dipendenti e farla finita con “gli annunci mascherati da notizia sui giovani fannulloni che rifiutano il lavoro”.

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