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di Luca Billi 18 ottobre 2015
Qualche giorno fa, in un paese vicino a Bologna, si è svolta una partita di calcio del campionato provinciale giovanissimi, che è finita 31 a 0. Anche chi non si intende di sport sa che è un risultato praticamente impossibile, che indica un’incredibile disparità tra le due squadre in campo.
Poco prima della fine dell’incontro l’arbitro, poco più che ventenne, ha consultato gli allenatori e ha deciso, d’accordo con loro, di interrompere la partita, il cui esito era chiaramente segnato. Qualche giorno dopo l’arbitro è stato sospeso perché non ha rispettato il regolamento, che non prevede la fine della partita per manifesta superiorità di una delle due squadre. Qualcuno ha già sottolineato che il vero errore dell’arbitro non sia stato tanto sospendere la partita quanto scrivere questa sua decisione nel referto arbitrale; se non avesse scritto nulla, l’Aia non lo avrebbe mai saputo, perché nessuna delle squadre avrebbe protestato e oggi potrebbe arbitrare ancora, dimostrando quel buon senso che evidentemente non hanno usato i suoi superiori di Bologna. Comunque sia una piccola lezione di vita si evince anche da questo episodio: l’ipocrisia nel calcio – come nella vita – paga sempre più dell’onestà.
Se mio figlio avesse giocato quella partita e avesse segnato il trentunesimo gol – ma anche il ventunesimo o l’undicesimo – lo avrei punito. E lo avrei tolto da quella squadra, perché evidentemente gli allenatori e i dirigenti di quella società non sono stati capaci di svolgere il loro ruolo educativo. Lo sport è uno strumento formativo importante, per alcuni ragazzi più importante anche della scuola, perché trasmette valori e può contribuire alla crescita di una persona. Infierire su un avversario in difficoltà non è un valore, pensare che sia fondamentale vincere, a qualsiasi costo e a qualsiasi prezzo, non è un valore, preferire la propria personale soddisfazione alla giustizia e al rispetto verso gli altri non è un valore. Evidentemente nessuno ha insegnato questi valori a quei ragazzini, che si sono trovati davanti una squadra così platealmente più debole, o, se qualcuno lo ha fatto, non è stato particolarmente efficace. E purtroppo, leggendo un qualsiasi giornale, vedendo quello che succede ogni giorno nel nostro paese, ci accorgiamo che noi stiamo insegnando ai nostri figli proprio questo, a pensare a se stessi prima che agli altri, a essere servili con chi è più forte di loro e arroganti con chi è più debole e spieghiamo loro che vincere è la cosa più importante di tutte, e che quindi si possono anche violare le regole, pur di farlo.
Continuare a fare goal, farne trentuno mentre gli altri ragazzini annaspavano, magari gioire per quelle reti così chiaramente immeritate, è stata una cosa decisamente stupida. Sono stato un ragazzino stupido anch’io e so che a quell’età si fanno cose stupide, ma ricordo anche che ci sono quasi sempre stati degli adulti che mi hanno fermato e mi hanno punito. Mi rendo conto che non è facile giudicare non avendo visto le cose, non avendo partecipato a quei fatti, ma penso che i dirigenti della squadra che ha vinto avrebbero dovuto chiedere loro di fermare la partita, avrebbero dovuto ritirare la squadra, anche se questo avrebbe comportato dare la vittoria a tavolino agli altri, anzi proprio perché questo avrebbe fatto vincere quelli che sul campo non avrebbero mai vinto. E forse, se ben spiegata, quella sconfitta sarebbe stata più utile di quella vittoria che sarà ricordata solo come una storia da bar.